Abitudine

si perché ormai mi ci sono abituata,
in uno spazio piccolino ed essenziale,
dove basta girarsi di quarto in quarto per essere ora in cucina, ora in bagno, ora in camera da letto, ora in soggiorno.

Mi ci sono abituata ai rumori di fuori, nuovi, diversi,
ai rumori vicini, dei vicini… che la tentazione di prestare lo svitol per il cigolio delle porte d’ingresso mi è salito più di una volta.
A chi rimane in casa e a chi non si è mai fermato davvero.

Mi sono abituata a riconoscere da letto se mi aspettava una giornata di sole o di nuvole,
che il riflesso, in un caso, arriva quasi fastidioso sugli occhi, nell’altro lascia la stanza in penombra.

Mi sono ritrovata ad avere momenti di crisi, di pianto, di giornate improduttive, di sguardi vuoti al soffitto, di ore che non passano, di ansia che sale, di essere fuori luogo, di buttare via tempo.
E giorni in cui il risveglio era propositivo e ho trovato lo spazio del workout, della cucina, della coccola, della meditazione, del lavoro, dello yoga e del divertimento nella creazione.

Giornate in cui ho guardato questa casa con gli occhi di un inquilino che ha concluso il contratto, che prende la valigia e chiude la porta alle spalle; giornate in cui invece ho sentito un forte legame affettivo, di libertà e indipendenza.
Giornate in cui sono stata stanca di essere sola, giornate in cui ho desiderato l’amore.

Di certo mi sono abituata a tempi strani o a tempi veri(?!), in cui si mangia quando si ha fame e si dorme quando si ha sonno… e anche qui, a volte riuscendo a concentrarmi su quanto stessi mangiando, altre volte sfruttando la tecnologia come compagnia.

Mi sono abituata, mio malgrado, a sentire il corpo affossarsi inesorabile.

Mi sono abituata anche al silenzio e anche di questo si è fatto un percorso… le prime settimane avevo sempre un sottofondo musicale, nella ricerca di coccolare le giornate, oggi non solo non ascolto musica ma anche raramente accendo la Tv.
Spesso preferisco silenzio e isolamento, ascolto il mio stare e rimango aderente alle emozioni.
Ammetto a me stessa di star male e prendo consapevolezza anche di essere restia a chiedere aiuto o semplicemente un po’ di compagnia… rinchiudersi in casa, la casa nella casa, come fossi una tartaruga.

Mi sono incazzata nel vedermi passiva, sempre troppo passiva.
Mi sono incazzata nel vedermi spenta e senza una prospettiva lanciata oltre quel tetto mezzo rugiada mezzo marrone, che osservo quotidianamente.
Mi fa incazzare non riconoscere un posto, il mio posto.
Mi fa incazzare non trovare la passione della svolta.
Mi urta barcamenarmi ed essere in costante fluttuare.
Mi fa incazzare sentirmi così, perché infondo di salute sto bene e non mi manca nulla di prioritaria importanza.

Sento un tempo sospeso.

Questo tempo nutre il desiderio di volermi portare ancora lontana da “qui”, da tutto.

E’ arrivato anche questo agognato giorno, sono pronta ad uscire? vivo nella paura, l’ultima volta ho sentito l’affanno del vedermi tante persone sconosciute intorno, sempre di più, sempre più vicine, quasi un soffocamento.
No, non sono uscita.

 

Abitudineultima modifica: 2020-05-04T20:08:03+02:00da viaggio_in_passi
  1. Le tue sensazioni sono molto diffuse, ritengo, in questo periodo di ‘transizione’ verso la normalità. Io stessa le provo. Mi sto sganciando non senza disagi dalla reclusione forzata. Mi ci ero adagiata e quasi non mi dispiaceva, per certi aspetti. Come invece so per certo che mi dispiacciono certi altri aspetti di questo ritorno ad una cosiddetta normalità che non mi sono mai appartenuti. Sforzati di uscire, magari in luoghi poco battuti, dove c’è natura e poca o nessuna umanità. La Terra è la nostra casa, dopotutto. Un saluto