Videochiamata

 

Lascio decantare… mi ascolto, nel mentre.

.. il video si illumina, appare il nome…… panico….
“no, si sarà sbagliata”
“adesso? aspetta.. chiuderà”
“oddio, dov’è l’auricolare?!”
“cavolo, (togli il ciappo, muovi i capelli, come sto messa???!, dove sono???), insiste”
“Muovitiiii!!!, che poi riattacca davvero!!!”

….

Rispondo…

Ti tuffi sul letto, abbandonata, ridi, rido, ridi, rido, ridi, rido, ridi, rido, ridi, rido.
Ci rimane il sorriso stampato senza riuscire a dire tanto di più per qualche minuto..

L’elettrocardiogramma, il mio, non sa bene dove andare a disegnare le sue linee,
il cuore fa contatto con lo stomaco, tremo di emozione.

Non mi sembra vero di vederti e sentirti.
Continui a sorridere mentre mi dici che sei “disperata”.
Non ho memoria di videochiamate insieme, certamente nessuna così.

Troviamo qualche argomento, e mi rendo conto di parlare solo con la bocca, forse 🙂

Sorride ogni parte di me e mi accascio lentamente sul tavolo, ti guardo, solamente, ti guardo.

E’ l’ora della cena, la tensione nella gambetta e capisco che sta arrivando il panico.
E’ ora di lasciarsi, un selfie, un saluto…

La voglia di scriverti immediatamente dopo, la trattengo.
Mi ascolto, ancora.
Mi sovviene l’immagine di un’emozione simile,
-vederti apparire dalla porta di casa mia-

l’ “incredulità” è quel fotogramma.

come darsi uno schiaffo perché è vero davvero
con lo strascico di sentire l’emozione perdurare.

e poi, rifulgere.

 

 

 

 

 

 

 

 

Vocali..

In questi giorni di lock down si lavora sempre di più attraverso strumenti informatici,
mi sono ritrovata a dover scambiare informazioni con collaboratori e a inventare sollecitazioni nuove per i ragazzi che non possono attualmente frequentare i laboratori, montando video e inviandoli alle famiglia, che con grande collaborazione sostengono le nostre proposte.

Mi ritrovo così a registrare la voce affiancandola ad un collage di foto/video che possa meglio far comprendere il mandato.

Mi ritrovo anche a scambiare messaggi vocali, “che si fa prima”, con le idee, i dubbi, le possibilità, l’adattabilità ai vari destinatari coinvolti.

E, ogni volta che mando un video e sempre più spesso mi succede coi vocali, mi sento dire che ho una bella voce, “sensuale”, tranquilla, emozionata. Forse potrei pensare a un lavoro alternativo… 🙂

Penso alla potenza di un vocale.
Trafelata, con le parole mangiate, di corsa ma tranquilla, dal tono leggero, forse con un retrogusto di giustificazione, riconoscendo l’intonazione, la cadenza.
Penso alla potenza di un vocale.

Un respiro.

Potrei cominciare a giocare numeri!

.. Che qui i sogni non si fermano..

Stiamo parlando di Topi.
Qualche sera fa per la verità.

Ma lo schifo e la paura e la mancata via di fuga me li ricordo benissimo..

Così seduta in terra con un topo o una nutria sempre vicina, a guardarmi, ed io col pungente tra le mani, con la possibilità di spostarmi solo rimanendo seduta, e l’immagine sempre così vicina, in primo piano, al fianco della mia testa, che mi vedevo solo le gambe e qualche lacerazione sul muso del topo! bleah!

così cerco, non per fissarmi ovviamente, ma curiosare e scoprire dove ci porta l’inconscio, che poi chi li ha decisi i significati delle cose!? mah!

 

“Nei sogni il topo o i topi, sono visti come i roditori delle coscienze umane, così come lo sono i pensieri negativi che ci angosciano e ci tormentano, non trovando né sollievo né pace se questi non vengono espressi e cacciati fuori dalla nostra psiche risolvendoli uno ad uno.

secondo Freud per il significato psicologico di sognare topi, possiamo associare il ratto al “temibile” organo riproduttivo maschile essendo questo simbolo presente frequentemente nei sogni femminili (il topo, non il fallo!). La paura che riscuote la sua vista può essere dovuta al fatto che questo piccolo animale si infila dappertutto anche lì dove non si vorrebbe che arrivasse. Come il rettile sopracitato anche il ratto, dunque, potrebbe esprimere ansie e paure nei confronti della “solita” sessualità.”

“sognare un topo è sinonimo di «roditore della coscienza dell’uomo» che causa sofferenza e/o ansia. Normalmente i pensieri legati a questo animale sono negativi. Tra questi troviamo: gelosia, invidia, inquietudine. Tutte sensazioni, insomma, che col tempo tendono a corrodere l’animo.

Il sognare topi è piuttosto ricorrente e, in generale, rappresenta un’inadeguatezza rispetto alle situazioni che si stanno vivendo. Questa può essere dovuta a una bassa autostima o a qualcuno che rema contro, che cerca di ostacolare in qualsiasi modo le idee o le azioni del viaggiatore onirico

Sognare il muso del topo che continua a muoversi rosicchiando, il  movimento del muso, i baffi che fremono, il rosicchiare continuo sono simbolo di un  rimuginare ininterrotto, di un  “rodere dentro” che va riportato alla realtà del sognatore.
Sognare un topo che rosicchia qualcosa indica di prestare molta attenzione a chi sta intorno. Probabilmente, infatti, si tratta di persone moleste che presto o tardi minacceranno le risorse del sognatore.

A volte si sognano topi grandi e la loro dimensione indica quanto grandi siano le proprie preoccupazioni che si stanno reprimendo. Spesso è un chiaro indicatore di qualcosa che si conosce ma non si vuole ammettere.”

 

Forse i sogni danno davvero voce alle emozioni che nascondiamo.

 

 

 

Ingrediente segreto

 

Così, in questo nuovo lockdown, riprendono le ricette,
e mentre metto il lievito nella torta, mi ritrovo a sorridere.

Forse ero in 3^ o 4^ elementare, non mi ricordo per quale occasione,
ma so che avevo portato a scuola una torta, tutto tronfia e soddisfatta.

I complimenti della maestra avevano naturalmente riempito il mio ego,
e mi ricordo perfettamente di averle spiegato il segreto per poter ottenere un’ottima lievitazione.

Mi ricordo di essermi sentita “saggia” in quel momento, come se davvero quel segreto lo sapessi solo io
e come se quel donarlo fosse un passaggio di sapienza.

mi ricordo la cura e l’attenzione ogni volta che tra le mani avevo un frullatore e una ciotola
e anche oggi, come fosse un’automatismo.

Penso all’ “ingrediente segreto”, penso a come le cose rimangano,
penso alle piccole cose e a come sia importante l’autenticità,
che si porta dentro il calore e la passione,
che rimane, resta, passa attraverso, colma.
Penso all’entusiasmo che si muove nel credere.
Penso a quel pensiero di bellezza che oggi mi ha fatta sorridere

….

… che poi la torta infornata non sia lievitata, questo è un altro discorso! ^___^

Sogni e capelli

Mi torna in mente a distanza di qualche giorno, questo sogno.

Mi aveva lasciata un po’ stranita, non ricordo nient’altro che non la mia immagine,
non so neppure se fossi seduta in casa o dove, i contorni sono sbiaditi ed evidentemente inutili.

Comunque, apparentemente sembravo io.

guardarmi da fuori fa sempre un po’ impressione, guardarmi così forse anche di più.
Non ho chiara l’espressione, ma non mi sembrava attiva.

I capelli…. sciolti, un po’ scompigliati, l’idea di una riga nel mezzo, casuale, gonfi, con una ricrescita di 5/7 centimetri nera, castana, comunque scusa e il restante, lunghi fin sotto le spalle, brizzolati ma molto più bianchi che grigi.

Una stranezza.
Sarà la tinta fatta pochi giorni prima?
Eppure… qualcosa non quadra.

Cerco qualcosa sul web circa i sogni.

Capelli nei sogni sono da collegarsi alla salute fisica e mentale del sognatore
e al suo essere visto e “riconosciuto” in mezzo agli altri.

Il ruolo sociale, la forza, il potere, l’influenza sugli altri
sono tutte qualità espresse dal simbolo dei capelli nei sogni.

Guardandolo a fondo quel sogno apre molti scenari.

Capelli spettinati/arruffati: nella realtà danno un’ impressione di disordine e possono riflettere pensieri egualmente disordinati, idee poco chiare, caos mentale, oppure un senso di insicurezza che il sognatore ha provato in qualche ambito, un momento in cui non si è sentito all’altezza degli altri o della situazione. In alcuni sogni sono legati alla ribellione.

Capelli brizzolati/bianchi: quando il sognatore è giovane, possono connettersi all’archetipo del Senex (è un’energia psichica che dall’inconscio collettivo riflette tutti i valori legati alla maturità, alla saggezza, alla tradizione, al sapere, all’esperienza, ma che porta anche il blocco delle iniziative, la paura delle novità e dei cambiamenti, l’autorità, l’ordine, il potere), indicare bisogno di riflessione, lentezza, introspezione, ritiro. Un simbolo legato alla saggezza, alla centratura al contatto ed alla scoperta di sé.

Capelli castani/neri: si collega a virilità, forza, sensualità. Il colore nero dei capelli nei sogni si associa al rigoglio ed alla forza che ritroviamo nel simbolo di peli e peluria e della barba maschile e, a seconda delle emozioni provate nel sogno, può indicare un’attrazione sessuale o il timore di un’energia prepotente e violenta.

Potrei trarre delle conclusioni, ma se lo faccio io forse sono più inflazionata: tu come lo leggi?

 

Storie di nonni..

Si intrecciano racconti di nonni,

Pare voluto e invece è un casuale incontro d’eventi.

L’ho vista ad agosto l’ultima volta,
e mi aveva un po’ fatto “impressione”, invecchiata, gonfia, un paio d’occhiali da sole alla Mondaini che allargavano il viso, rendendolo grande, pieno, troppo, quasi che scoppiasse da un momento all’altro.

Mi aveva infastidito il trattamento, a incalzarla per farla muovere e farla uscire,
a “ricattarla” perché vedesse un po’ di mare e stesse un po’ fuori.

Richieste per il suo bene, lo avevo compreso, e sono stata in ascolto.
Ha patito un po’ il lockdown, nonostante una casa con cortile e un orticello che ha potuto zappare, seminare e curare.

L’ho vista stanca, provata.
La ricarica parlare di bimbi e di cibo,
l’ho sempre detto: è nata per fare la mamma (nonna, bisnonna, accudente) e la cuoca.
A quel punto si illumina, la voce, gli occhi, i sorrisi ed è un inseguirsi di aneddoti e di ricette… a occhio, un po’ quello, un po’ quell’altro… un po’, quanto basta, quanto basta, ma il sapore dei suoi piatti è sempre irraggiungibile.

Poi c’è la paura del covid, la paura di un figlio che non ci permette di andarla a trovare, per preservarla s’intende.
Ma è giusto nei confronti degli altri figli?
Mia mamma ha preso un treno al volo per sentire l’ultimo respiro di suo padre e ora pare una punizione non poter vedere sua madre.

Lei si racconta al telefono, ore ed ore, che di cose da dire ne ha sempre,
di uno e dell’altro, racconti in dialetto, un dialetto in cui mi perdo, spesso.
Oggi, questa chiusura obbligata le fa ascoltare di più i suoi mali che i suoi amici.

Così, la mamma ieri mi dice, la nonna non sta un granché bene… leggo tra le righe.
Giorni di alti, giorni di bassi,
gli esami del sangue vanno bene,
la PET ci darà risposta a breve.

 

 

Madrina e Padrino

“La donna che tiene a battesimo o a cresima un bambino, assumendosi gli impegni di assistenza, educazione e protezione spirituale nei suoi confronti in caso di morte dei genitori o dell’eventuale abbandono del fanciullo da parte di questi”

Penso raramente a questo ruolo,
e ci penso quando la mia madrina o il mio padrino mi mandano un messaggino o mi fanno una chiamata,
solitamente quando succede qualcosa, quando sono impegnata in esperienze anomale, quando per esempio entro in zona rossa e devono raccomandarmi di “stare attenta”.

Così, questa mattina.

Ogni volta mi viene in mente IL racconto:

E’ successo una sola volta che andassimo al mare in liguria, con le sorelle di mia mamma, tutti insieme.
Non so quanti anni avessi, so che ogni volta mia zia mi dice: non arrivavi neanche al tavolo, spuntavano le tue manine ad aggrapparsi, poi i tuoi boccoloni e in punta di piedi guardandomi mi dicevi “Gia Totta”.

Perché ancora non parlavo bene, ma la torta buona della zia la conoscevo già!

Lei scoppia in una gran risata ogni volta, racconta dei miei cosciotti e delle mie guanciotte paffute, di quanto fossi lunga lunga e stretta stretta quando sono nata e di come poi io sia cambiata in pochi mesi.

La madrina e la figlioccia,
quel rapporto a distanza, da sempre.
Quel seguire da lontano i passi, quei consigli “da grandi” che arrivano, perché non si è mai abbastanza adulti per saper fare da sé.
Quella madrina che ha fatto anche un po’ mamma a mia madre, ultima di 4 fratelli.

Fanno bene, fanno piacere.
E io li sento proprio così, quei messaggini
come impegno e protezione spirituale,
come presenza silenziosa e vera
come balsamo che lenisce..

e i miei abbracci, a loro, sostituiscono quelle parole di gratitudine che non sono in grado di esprimere.

“fastidiose voci umane”

 

.. a volte si,

sono fastidiose, ma di più, taglienti, orticanti.
Quelle voci di approdi mai attraccati, di burrasche mai sciolte, di nodi mai liberati.

Quelle voci di nuovi comandanti occasionali sempre stati mozzi, incapaci e non competenti in luoghi e ruoli diversi.

La forza del potere, la stanchezza della fatica di anni di lavoro.
Sulle navi si sa, viaggi lunghi, spesso lontani da casa,
tra la certezza di una famiglia che aspetta e l’evasione in un tradimento che soddisfa.

Nella voglia di gridar rivalsa e nella continua e costante riproposizione di ferite mai chiuse, mai curate, mai perdonate.
Il desiderio di provare e la certezza di un inganno.

L’incapacità di ripartire, anche nuovi, anche diversi.

Urlare.

Infliggere e infliggersi dolore.

 

Un 15 ottobre

Piove.

Mattinata a casa, lavoro un po’, pranzo.
Decido di uscire.

Metto il kway, tolgo gli occhiali, infilo auricolari e musica, mascherina in tasca, chiavi in mano.

Tempo e orario mi vedono padrona del parco.

Mi incammino, poi corro, poi cammino, poi corro, poi cammino..
Mi cadono gli auricolari,
..Sento il respiro, il cuore, la pancia, le gambe
l’affanno, la forza, il calore, il sudore..
Non li rimetto. Ascolto.
Anche il fruscio, anche il fiume, anche le pozzanghere, anche la ghiaia, tutto fa rumore.

Il cappuccio mi copre la testa, il viso guarda il cielo grigio pallido, niente striature, niente nuvole, niente spiragli, ma piange.

Corro fino al limite e poi riassetto il respiro camminando.
Mi affascina il manto rosso-giallastro sotto ai faggi, hanno la chioma multicolore, e trionfano per l’ampiezza, la potenza, l’immensità. Immagino uno scricchiolio sotto i piedi a calpestare le foglie cadute e invece no, il terreno bagnato su cui si posano accompagna il passo, ammorbidendo l’orma.

Un ultimo giro e mi fermo,
salgo la montagnola, mi avvicino al tronco di quel faggio.
E’ liscio e completamente bagnato, appoggio la mano, è freddo, profuma d’autunno.
Poso la nuca, guardo verso quell’intreccio di rami, cade una goccia d’acqua e mi riga il viso.

Sto, respiro, saluto e scendo.

Torno sui miei passi.