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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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Storia. Anni 1895-1896. Parte Seconda.

Post n°59 pubblicato il 18 Agosto 2008 da wrnzla

Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.it

Storia. Anni 1895-1896. Parte Seconda.

L'ORDINE DI OPERAZIONE DEL 29 FEBBRAIO
LA MARCIA DI AVVICINAMENTO LA BATTAGTIA DI ADUA.
COMBATTIMENTI DI ENDA CHIDANE MERET, DI MONTE' RAIOREBBI ARIENNI, E DI MARIAU SCIAVITÙ

La decisione, presa nella notte tra il 28 e il 29 febbraio 1896, fu quella di avanzare, non per attaccare in campo aperto il nemico, il che, data l'enorme superiorità numerica dell'esercito etiopico, avrebbe portato gli Italiani ad un sicuro insuccesso, ma per occupare una forte posizione a contatto con il nemico, costituita dai monti Semaiata-Raiò-Esciasciò.
BARATIERI prevedeva tre casi in conseguenza di questo balzo in avanti, com'egli stesso scrisse nelle sue "Memorie d'Africa":

"O il nemico attaccava; ed io credevo di avere tutte le probabilità di respingerlo con i fianchi appoggiati, con una triplice via di ritirata, con l'azione abbastanza libera sul davanti; o il nemico non attaccava; ed io - senza avere perso del tempo - nella notte successiva avrei ripiegato alle alture di Sauria con il vantaggio di avere osato un'altra volta una manovra offensiva e di avere sfidato l'imponente numero degli Scioani; o il nemico porgeva il destro di attaccare il campo nella conca di Mariam Sciavitù (15.000 uomini); e quel successo parziale ci avrebbe giovato non poco perché era nella coscienza mia e di tutti che un successo parziale avrebbe probabilmente determinato il disgregamento delle forze nemiche".

Nel pomeriggio del 29 febbraio il generale BARATIERI chiamò a rapporto i comandanti di brigata ed emanò il seguente ordine del giorno:

"Stasera il corpo d'operazione muove dalla posizione di Sauria in direzione di Adua formato nelle colonne sotto indicate:
* Colonna di destra (generale Dabormida): 2a brigata fanteria - battaglione di Milizia Mobile - comando 2a brigata di batteria con le batterie 5a, 6a e 7a.
* Colonna del centro (generale Arimondi): 1a brigata fanteria - 1a compagnia del 5° battaglione indigeni - batterie 8a e 11a.
* Colonna di sinistra (generale Albertone): quattro battaglioni indigeni - comando della 1a brigata di batteria e batterie 1a 2a, 3a e 4a.
* Riserva (generale Ellena): 3a brigata fanteria - 3° battaglione indigeni 2 batterie a tiro rapido e compagnia genio.
* Le colonne Dabormida, Arimondi ed Albertone alle ore 21 muoveranno dai rispettivi accampamenti; la riserva muoverà un'ora dopo la coda della colonna centrale.
* La colonna di destra segue la strada: colle Zalà, colle Guldam, colle Rebbi Arienni; la colonna centrale e la riserva la strada Addi Dicchi, Gandaptà, colle Rebbi Arienni; la colonna di sinistra la strada Saurià, Addi Cheràs, colle Chidanè Meret; il quartier generale marcia in testa alla riserva.

* Primo obiettivo: la posizione formata dai colli Mai Meret e Rebbi Ariennii, tra monte Semaiatà e monte Esciasció, la cui occupazione sarà fatta dalla colonna Albertone a sinistra, dalla colonna Arimondi al centro e dalla colonna Dabormida a destra. La colonna Arimondi però, ove siano sufficienti le colonne Albertone e Dabormida, prenderà posizione di attesa dietro le due brigate predette.
* Avvertenza: Ogni militare di truppa italiana porterà seco la propria dotazione di cartucce (112), due giornate viveri di riserva, la mantellina, borraccia e tascapane. Per ogni battaglione italiano marceranno al seguito delle truppe, riunite in coda alle singole colonne, due quadrupedi da soma con materiali sanitari e otto con le munizioni di riserva. Tutti i rimanenti quadrupedi da salmerie, con un soldato ogni cinque quadrupedi oltre ai conducenti, in quadrato per battaglione e batteria, un ufficiale subalterno per reggimento fanteria, un capitano per tutte le salmerie (fornito dalla 2a brigata di fanteria) si raccoglieranno, uno ad Entisciò con la razione viveri prelevata oggi per domani, le trenta cartucce per ogni soldato prelevate oggi dal parco, le tende, le coperte e gli altri materiali non trasportati dai corpi. Tanto le suddette salmerie quanto le sezioni sussistenze, i vari servizi di tappa e il parco di artiglieria resteranno fermi ad Entisciò pronti a muovere quando riceveranno l'ordine da questo comando, sotto la protezione di un. presidio del 7° reggimento fanteria che giungerà stasera da Mai Gabetà. Le brigate di artiglieria e i battaglioni indigeni si regoleranno per le loro salmerie in modo analogo a quanto è detto per i battaglioni italiani. Nessuno altrepassi le punte ed i fiancheggiatori delle colonne. Tutte le persone fermate dai drappelli di sicurezza siano inviate al più presto al comando. Il Direttore dei servizi del Genio provvederà a stendere la linea telegrafica al seguito del Quartiere generale e appena possibile, questo sia pure messo in comunicazione colle colonne laterali ed antistanti mediante telegrafia ottica. I comandanti delle varie colonne mandino frequenti avvisi al Quartiere generale ed alle colonne vicine".(Baratieri, ib.)

A quest'ordine del giorno fu unito uno schizzo delle località da occupare.

Tra le ore 21 e 21 e mezza del 29 febbraio le brigate Dabormida, Arimondi
Albertone partirono dal campo di Sauria; la brigata Ellena si mosse alle ore 23. La brigata Albertone, forte di 4067 uomini e 14 pezzi; essendo composta di soldati indigeni, marciò più rapidamente delle altre e alle ore 3.30 giunse tra il Raiò e il Semaiata, su un colle che lo schizzo del comando indicava col nome di Chidane Meret. Qui si fermò per circa un'ora; poi, avendo il generale Albertone, appreso dalle guide che il vero colle di Chidane Meret non era quello su cui si trovava, ma sorgeva sei o sette chilometri più avanti, verso Abba Garima, riprese la marcia e verso le ore 5.30 giunse al colle di Enda Chidane Meret, che invece non era quello indicato dall'ordine d'operazione.
All'avanguardia della colonna Albertone era il 1° battaglione Turitto, il quale, avvistati gli avamposti abissini, li assalì con imprudente temerarietà, provocando una terribile reazione nemica. Allora il generale Albertone, poiché mancava il collegamento con le altre brigate e le forze etiopiche erano enormemente superiori di numero, schierò le sue truppe sui contrafforti occidentali del Monte Semaiata col VI battaglione a destra, il VII e le bande Sapelli a sinistra e l'VIII al centro, e cercò di disimpegnare il 1° battaglione, come risulta da un suo biglietto a Baratieri, scritto alle ore 8.15.(Baratieri, ib.)

Poco dopo però il Turitto, sopraffatto dagli Abissini, che numerosi provenivano da Abba Garima, da monte Gesosso e dalla sella di Enda Chidane Meret, volse in ritirata. Allora - è raccontato nella Relazione ufficiale;

"…tutti i quattordici pezzi di artiglieria aprirono il fuoco con un tiro molto efficace, cui in breve si aggiunse quello dei battaglioni più vicini al nemico: per quattro volte tentò di scendere per l'insellatura di Enda Chidane Meret ed altrettante volte fu costretta ritirarsi".

"Sì continuò a combattere con accanimento per circa due ore; ma non poteva la brigata Indigeni tener testa per altro tempo ancora al numero dei nemici, i quali, con una colonna scesa per le pendici meridionali dell'Abba Garima, riuscirono ad aggirarli. Verso le ore undici le sorti della battaglia erano decise: preso prigioniero il generale Albertone, morti o feriti o caduti in mano del nemico la maggior parte degli ufficiali italiani, rimasta senza munizione l'artiglieria, i resti della brigata si ritirarono senza ordine e per vie diverse in direzione di Sauria. (R.Uff)

"La brigata Dabormida, forte di 3800 soldati e 18 pezzi, giunse alle ore 5.15 sul colle di Rebbi Arienni e si fermò. Tre quarti d'ora dopo, in una zona a un chilometro e mezzo circa, giunse la brigata Arimondi, che contava 2493 fucili e 12 cannoni, e verso le ore 7 a due chilometri dietro, si fermò la brigata Ellena, forte di 4150 soldati e 12 pezzi.

"Il generale Baratieri, giunto alle 6.30 sul colle di Rebbi Arienni, si accorse, dal vivo fuoco di fucileria, che la brigata Indigeni era impegnata ed ordinò alla brigata Dabormida di spostarsi verso quella parte e di sostenere la brigata Albertone. Al generale Arimondi ordinò di avanzare al posto della brigata Dabormida mentre al generale Ellena ordinò di serrare con la riserva sotto Rebbi Arienni.
La brigata Dabormida finì di sgombrare il colle di Rebbi Arienni poco dopo le ore otto, alla quale ora la brigata Arimondi, ammassata al colle suddetto, ebbe ordine di occupare monte Belah. In quell'ora medesima BARATIERI ordinò alla brigata Ellena di avanzare sul colle di Rebbi Arienni; alle ore 9 si trasferì con il Quartiere generale da Esciasciò sul monte Raiò; alle ore 9.30 inviò ordine al generale Albertone di ritirarsi sotto la posizione della brigata Arimondi.

"L'artiglieria di questa brigata ben presto aprì il fuoco contro orde nemiche che, aggirata la sinistra dell'Albertone, scendevano dalle pendici del Semaiatà incalzando gli ascari italiani che si ritiravano. Verso le ore 11, le due colonne etiopiche, che avevano disfatto la brigata Albertone, si lanciarono contro la brigata Arimondi: quella di sinistra contro il monte Belah, quella di destra dal Semaiatà contro la fronte Raiò-Chidane Meret e verso la conca di Gandaptá, alle spalle dell'Italiani.
Mentre la brigata Arimondi teneva testa al nemico, un'altra colonna abissina, incuneatasi tra l'Arimondi e la Dabormida, giungeva allo sperone nord-ovest di monte Belah che "fu occupato per sorpresa degli Abissini, - narra il Baratieri - e così repentinamente che neppure i reparti inviati dalla brigata di Riserva riuscirono a giungere a tempo - e neppure me ne fu dato avviso - come non mi fu mandato avviso che una parte della Riserva era successivamente impegnata dal doppio avvolgimento scioano. Invano il colonnello Stevani da monte Belah inviò allo sperone Belah due compagnie di bersaglieri. Vi poterono giungere soltanto una quarantina dei più svelti e audaci, i quali vi lasciarono in gran parte la vita con il tenente-colonnello COMPIANÒ e il capitano FABBRONI".

"Proprio allora il 3° battaglione Indigeni, schierato sull'estrema sinistra della posizione di monte Raiò, preso da inesplicabile panico, rompeva gli ordini e si disperdeva verso Rebbi Arienni; ma l'eroico ten. colonnello GALLIANO, che lo comandava, rimaneva con un manipolo di prodi a fronteggiare le orde nemiche e spariva dopo poco nel turbine della lotta.

"Rimasto scoperto il fianco sinistro dello schieramento italiano di monte Raiò, gli Abissini riuscirono facilmente ad aggirare da quel lato la posizione e riuscirono a tagliare la via di ritirata sopra Sauria alle brigate Arimondi ed Ellena. Queste inoltre furono separate dalla colonna scioana che, occupato lo sperone di Belah, aveva continuato ad avanzare parte verso il colle di Rebbi Arienni e parte verso i monti Belah e Raiò. Divise, circondate da ogni parte, scompigliate dai reparti che si ritiravano, nell'impossibilità di organizzare qualsiasi difesa, nonostante la valorosa resistenza di pochi manipoli, morto il generale Arimondi e cadute in potere del nemico le artiglierie, queste due brigate verso le 12.30 erano nel completo sfacelo e si ritiravano in disordine verso Adigrat, Adi Ugrì ed Adi Caiè" (R.Uff)

Ma un nucleo di prodi, raccoltosi sulla vetta del monte Raiò, resisteva tutta la notte del 2 marzo alle orde scioane. Queste soltanto il mattino del 3 riuscirono a raggiungere la cima, ma non vi trovarono un anima viva, soltanto un mucchio di cadaveri, erano morti tutti.

La brigata Dabormida, appena ricevette l'ordine di appoggiare la brigata Alberatone, anziché seguire il battaglione indigeno di Milizia mobile, comandato dal maggiore DE VITO, che faceva da avanguardia, e puntava sul monte Derer trascurando il collegamento lasciandosi ingannare dal terreno s'incanalò nel vallone di Mariam Sciavitù e così, allontanatisi dalla brigata Indigeni, andò a cozzare contro il campo di ras Makonnen, mentre il battaglione della Milizia mobile, rimasto isolato, "veniva furiosamente ed a brevissima distanza, attaccato all'improvviso di fronte e sul fianco destro da numerosi nemici" e, dopo mezz'ora di fuoco, fu sopraffatto.

"La brigata Dabormida - narra il Baratieri - combattendo sul davanti, era avanzata fino allo sbocco della conca di Mariam Sciavitù. Qui per ben sei volte i battaglioni furono condotti all'assalto dal colonnello Airaghi, presente il generale Dabormida, con slancio e vigore tali che il nemico fece sosta; ma poi ebbe i rinforzi, onde dopo un settimo assalto i nostri dovettero iniziare la ritirata, la quale si svolse sotto la protezione delle tre batterie".

La Relazione ufficiale sulla battaglia di Adua così narra la ritirata dei resti della brigata Dabormida:

"Fino al cadere della notte la ritirata proseguì attraverso i monti Esciasciò con sufficiente ordine, nonostante il tempestare di numerose turbe di nemici. Fatto buio, in mezzo a quel terreno quanto mai difficile, le minacce della cavalleria inseguente fecero sì che gli ordini si ruppero quasi totalmente né fu più possibile riannodarli. I superstiti, guidati dal colonnello RAGNI (essendo caduti valorosamente nelle prime ore della ritirata il generale Dabormida e il colonnello Airaghi) per i monti Esciasciò proseguirono verso il colle di Zalà, dove durante la notte incontratisi con una banda di etiopi, si divisero in due colonne, delle quali una con il colonnello Ragni proseguì per Entisciò verso Mai Maret ed Adi Caiè, l'altra con il capitano PAVESI della 1a Compagnia Indigeni, per Belesa, si diresse verso Adi Ugri".

"Poco dopo il mezzogiorno, vedendo ormai persa la battaglia, dal monte Raiò BARATIERI decise di recarsi a Rebbi Arienni per organizzarvi la ritirata sopra Gundapta e Sauria; ma subito si accorse che non c'era più nulla da fare contro il nemico che premeva da tutte le parti l'orda disordinata dei vinti che si allontanava dal campo della lotta, che era stato testimonio di sfortunati eroismi. Tentò, tra le ore 14 e le 15, sopra un'altura tra Jeha e Kokma, insieme con i colonnelli BRUSATI e STEVANI, col ten. Colonnello MENINI, pochi altri ufficiali e un gruppo di alpini, bersaglieri e fanti, di fare resistenza, roteando la sciabola e gridando "Viva l'Italia", poi continuò a ritirarsi verso Adi Caiè, dove giunse il 3 mattina.

"Il nemico inseguì per pochi chilometri e soltanto fra il 3 e il 4 ras Mangascià avanzò fino a Sauria e il degiacc Area fino al Mareb; ma i fuggiaschi furono molestati dalle popolazioni insorte e dalle bande dei ribelli. Ordinatamente invece il maggiore Ameglio con il suo battaglione e con le bande del Seraè marciò da Sauria verso Adi Ugri raccogliendo al suo passaggio i superstiti di Adua.
Il colonnello DI BOCCARD, che si trovava a Mai Maret con un reggimento di Fanteria, i rimase fino alle 12 del giorno 2, poi si ritirò su Adi Caiè, dopo avere ordinato al maggiore PRESTINARI che con il suo battaglione cacciatori presidiava il forte di Adigrat di sgombrare e ripiegare. Ma il Prestinari, non volendo abbandonare i numerosi feriti ricoverati nel forte, si rifiutò di lasciarlo e si preparò a resistere al nemico.

"La battaglia, che va sotto il nome di Adua ma che fu l'insieme di tre combattimenti indipendenti l'uno dall'altro, costò dolorose perdite all'esercito italiano. Dei 10.400 Italiani che presero parte alla tre battaglie, 3100 restarono morti sul campo, 3700 scamparono, dei quali 450 feriti. Gli ufficiali caduti furono 254 oltre i generali Arimondi e Dabormida.
"Gli ascari ebbero un migliaio di uomini fuori combattimento. I prigionieri, bianchi e indigeni furono 1700.
"Ma di gran lunga più gravi furono le perdite degli Abissini che ebbero circa 7000 morti e 10.000 feriti.(R.Uff)

 
 
 
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- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
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- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.

 

 

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Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

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A DETTA DEGLI ASCARI....

...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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