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Gli ASCARI.


Gli ASCARI.Gli ascari eritrei al serviziodell’Italia nascono nel 1888 ad opera del generale Antonio Baldissera,poi soprannominato dagli ascari ambesà (in lingua amarica leone; - illeone è forse l’elemento più frequente nell’iconografia dei repartidell’A.O.I., rappresentato su cartoline e medaglie). Inizialmentevengono arruolati soltanto 4 battaglioni, con forza media di circa 800uomini, di cui 15 ufficiali italiani e 40 graduati indigeni. Ilbattaglione è su quattro compagnie e la compagnia su 2 mezze compagniedi 4 buluc ciascuna. Il buluc è un “plotone” di circa 25 uomini, unitàtattica minima. Sin dall’inizio si tende a conservare la terminologiamilitare turca, retaggio del governo egiziano. I battaglioni sono perbreve periodo riuniti in reggimento; l’ordinamento reggimentale mal siconfà tuttavia alle truppe coloniali e si torna al battaglione comemassima unità base. Successivamente vengono arruolati altri quattrobattaglioni.Gli ascari sono impegnati da subito nella difesa (e nel tempostesso nell’espansione) della colonia, in una serie di operazioni dipolizia e combattimenti di più vasta scala (campagne contro i Derviscinel 1890-1896, conquista del Tigrai, 1894-1896). Nei combattimenti gliascari, talora appoggiati dalle altre unità coloniali o da bandeirregolari, hanno quasi sempre ragione di avversari numericamente assaisuperiori grazie alla disciplina, all’addestramento ed all’armamento.Gli eventi precipitano nel 1894: l’attrito con gli Abissini peril Tigrai porta il Negus Menelik, il cui potere era ormai consolidatoin tutta l'Etiopia, ad intraprendere un’offensiva generale contro lacolonia italiana, della quale vuole bloccare l’espansione. La campagnaculmina nei disastri dell’Amba Alagi e di Adua.All’Amba Alagi, nel dicembre 1895, il maggiore Toselli dispone,tra regolari (tra cui il IV battaglione al completo) e bande, di circa1.800 uomini con 4 piccoli cannoni. Le sue forze sono decisamenteinferiori all’armata di ras Makonnen, ma gli sono stati annunciatirinforzi: Il comando dispone successivamente il ripiegamento di Tosellie lo spostamento dei rinforzi: inspiegabilmente, la modifica degliordini non gli giunge e Toselli si attesta a difesa. Attaccata all’albadel 7 dicembre, la linea italiana cede verso il mezzogiorno; si tentadi resistere con una retroguardia per permettere il deflusso deiferiti, ma anche la retroguardia è travolta ed il maggiore è ucciso.1.500 dei suoi uomini sono caduti, gli altri sono quasi tutti feriti mariescono ad arrivare al forte Macallé. Le perdite abissine sono stimateintorno a 3000 uomini.Ad Adua, il 1° marzo 1896, l’avanzata italiana, ordinata dalgoverno per ragioni politiche di prestigio ed eseguita controvoglia dalgenerale Baratieri che ha inizialmente optato per una strategiadifensiva di fronte a forze alquanto superiori, termina in un disastrodi proporzioni ancora maggiori. Manovrando in modo scoordinato a causadella scarsa conoscenza del terreno, di false informazioni sul nemico edi carte topografiche completamente errate, le brigate italiane sonoattaccate una dopo l’altra senza potersi vicendevolmente appoggiare evengono letteralmente sommerse dal numero dei nemici, una metà deiquali si stima armata di fucili a retrocarica.Le perdite sono di circa 6.300 caduti, circa 500 feriti e circa1.900 prigionieri su una forza complessiva del corpo d’operazioni di14.500 uomini, a fronte delle perdite abissine di circa 10.000 morti e7.000 feriti su una forza complessiva effettivamente impiegata di circa110.000 uomini (la forza totale a disposizione del Negus in seguitoalla chiamata alle armi è superiore). Gli ascari danno un pesantetributo di sangue: circa 2.000 cadono sul campo; a circa 800 fattiprigionieri il Negus vengono mozzate la mano destra ed il piedesinistro, la punizione dei traditori. L’etnia dominante abissinainfatti considera l’Eritrea ed i suoi abitanti un proprio naturaledominio: ancora un secolo dopo Adua gli Eritrei hanno dovuto combattereuna guerra sanguinosa per vedere riconosciuta dall’Etiopial’indipendenza del proprio paese.Dopo la battaglia di Adua il generale Baldissera viene nuovamenteinviato in colonia per riorganizzare la difesa. Egli avanza con ireparti a disposizione in attesa di rinforzi a ristabilire la frontieraper intimidire il Negus e guadagnare tempo. Il Negus è tuttaviapreoccupato dal movimento italiano in quanto le scorte di viveri eranogià prossime all’esaurimento alla vigilia di Adua (ciò che gli Italianiallora ignoravano) e le risorse delle terre occupate dal numerosoesercito erano pure consumate. Come conseguenza vi furono morti percarestia ed epidemie (problema frequente in guerra, ma non sempreevidenziato nei testi storici; esempio ne sono diverse campagnenapoleoniche in Europa). I prigionieri italiani furono tuttavia semprenutriti in quanto possibile moneta di scambio. Con l’esercito ancoranumeroso (l’inviato italiano nel campo maggiore Salza stimava in baseal numero di tende la presenza di 70.000 guerrieri) ma affamato edebilitato Menelik ed i ras non ritennero di poter fare fronte alletruppe di Baldissera, che rinforzate, riequipaggiate, vettovagliate edansiose di prendersi la rivincita avanzavano su Adigrat: gli Abissini,che sull’onda dell’entusiasmo avevano intimato la resa ai presidiitaliani, si sottrassero dunque allo scontro. Infatti nella coloniaeritrea al 6 marzo l’esercito è forte di circa 26.000 uomini; al 4maggio il totale è salito a 43.000 uomini, dei quali 4.900 ascari e1200 armati delle bande.Il disastro di Adua aveva provocato tuttavia la caduta delgoverno Crispi: il nuovo governo Di Rudinì non volle correre rischi epertanto non approfittò della situazione favorevole per riprendere ilterreno perduto ed aprì trattative con il Negus, impedendo ulteriorimovimenti offensivi; Baldissera riferisce a Roma sulle trattative,comportanti per un esito favorevole l’arretramento del confine dellacolonia, ed evidenzia per contro la situazione favorevole alle armiitaliane. In un telegramma del 13 febbraio riporta che “vedesi viveridentro tende (del campo abissino) ma non abbondanti”; due settimanedopo il Negus deve far eseguire le razzie sempre più lontano perapprovvigionarsi e deve promettere agli armati di spostare il campo inun paese più ricco. Il governo firmò infine un trattato con Menelikriconoscendo la piena indipendenza dell’Etiopia ed il vecchio confinesulla linea Marem-Belesa. Il Negus rinunciava ad attaccare nuovamentela Colonia, cosa che nel breve termine non gli era comunque possibile,e di fatto aveva nella colonia una zona cuscinetto di fronte aeventuali mire espansionistiche inglesi o francesi. Il generaleBaldissera, disilluso, lascerà per sempre l’Eritrea e con lui diversidegli ufficiali che avevano contribuito alla creazione dei reparticoloniali.La campagna di Adua è un caso emblematico della controproducenteinfluenza politica sulla condotta di operazioni militari, una voltainiziate le ostilità.Il numero dei battaglioni eritrei aumentò negli anni successivi.Nel 1910 in seguito a lotte intestine per il controllo dell’imperoetiopico 35.000 guerrieri abissini di ras Uoldeghirghis si avvicinaronoal confine. Fu ordinata la mobilitazione ma la colonia non fueffettivamente minacciata.Gli ascari furono impiegati in Africa settentrionale sino allafine degli anni ‘20 (sino ad 8 battaglioni contemporaneamente) nellungo periodo di conquista della Libia, che non potè dirsi completasino al 1931. La “ribellione” in Cirenaica fu in realtà l’ultimoperiodo di una continua resistenza delle tribù; dirà infatti un caposenussita venuto a sottomettersi: “Non dire però che io ero ribelleperché mai prima di oggi mi ero sottomesso al governo ed anzi l’hosempre combattuto”. I battaglioni eritrei ebbero tuttavia spesso unaparte non di primo piano in quanto il tipo di guerriglia presupponeval’impiego di reparti molto mobili.I battaglioni eritrei presero parte all’invasione dell’Abissiniaper un totale di battaglioni inquadrati in due divisioni eritree.La prima divisione eritrea si distinse nella battaglia dell’Ascianghi.In seguito alla conquista dell’Etiopia furono arruolati altribattaglioni, non solo tra gli eritrei ma anche tra le popolazioni delleterre conquistate. Il problema principale nell’organizzazione dei nuovireparti fu l’ignoranza da parte di molti ufficiali italiani di linguaed usi degli uomini che venivano a comandare, e di quadri affidabili.Pertanto come graduati (ed in minor misura come uomini di truppa)furono spesso utilizzati in battaglioni galla e di altre etnie veteranidei battaglioni eritrei.La gerarchia dei battaglioni nella versione definitivacomprendeva il uachil (appuntato), il muntaz (caporale), il buluc-bascied il buluc-basci capo (sergenti), lo scium-basci e lo scium-basci capo(marescialli).L’organizzazione definitiva dei battaglioni coloniali comprendeva:- 1 compagnia comando, su un plotone comando, un plotone servizi ed un plotone salmerie- 3 compagnie fucilieri, ciascuna su 2 mezze compagnie di 3 buluc- 1 compagnia mitraglieri, su tre plotoni di tre squadre (9 mitragliatrici)La forza complessiva teorica era di poco superiore ai 1000 uomini:ma i battaglioni nella maggior parte dei casi non raggiungevano taleforza.Nel secondo conflitto mondiale gli ascari eritrei dettero provadi grande abnegazione e resistenza. Abituati a combattere avversariche, come loro, erano prevalentemente appiedati ed armati di fucili emitragliatrici, si trovarono in difficoltà di fronte a mezzi corazzatie reparti meccanizzati, bombardamenti di artiglieria prolungati edattacchi aerei.Di fronte al fuoco di armi leggere non esitavano ad avanzare alloscoperto ed avvicinarsi per lo scontro all’arma bianca. Scrisse un altoufficiale in un rapporto dopo la conquista della Somalia britannica:“Le forti perdite sono da attribuirsi alla deficienza di condotta.(...) Quando si tratta di rischiare la pelle sono ammirevoli. Ma quandosi tratta di ragionare, sfruttare il terrenoLe diserzioni tuttavia furono complessivamente poche e siverificarono alla fine della campagna, quando il crollo dell’Impero eraevidente e gli ascari si preoccupavano di raggiungere i propri villaggiper difendere le famiglie dalle rappresaglie degli abissini. Dove gliascari potevano giovarsi del terreno ed affrontare gli inglesi fanteriacontro fanteria, come nella difesa di Cheren, contennero a lungo ilnemico eseguendo a fianco di granatieri, bersaglieri ed alpini numerosicontrattacchi alla baionetta.A titolo di esempio del comportamento degli ascari eritrei sicita uno dei più vecchi battaglioni, il IV° “Toselli”, ricostituitodopo il disastro dell’Amba Alagi.Inquadrato nella prima divisione eritrea durante la battaglia dell’AscianghiIl battaglione nel 1940 faceva parte della brigata Lorenzini.Durante la Battaglia di Agordat (), in assenza degli ufficialiitaliani, i sottufficiali eritrei organizzano un contrattacco, coronatoda successo, contro la per liberare una banda irregolare che, isolata,stava per essere travolta. Il battaglione ripiegò su Cheren dovecostituì la riserva. La notte tra il la fanteria indiana riuscì asbucare nella piana di Cheren. Gli ascari del IV°, con la cavalleriaeritrea ed altri reparti, furono destinati al contrattacco. Secondo unatestimonianza gli ascari svolsero la fascia distintiva nera e laavvolsero intorno ai fucili “per bagnarla del sangue dei nemici”. Ilcontrattacco alla baionetta, coordinato con gli altri reparti, ebbepieno successo e prolungò la resistenza di Cheren.