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Storia. Anni 1889-1895. Parte Terza.


Fonte Testi: Cronologia.Leonardo.itStoria. Anni 1889-1895. Parte Terza.DOPO L'AMBA ALAGI, LE DISCUSSIONI PARLAMENTARI.La Camera italiana ebbe notizia della battaglia dell'Amba Alagi il 9 dicembre dal ministro della Guerra, che dichiarò avere il Governo riconfermata la sua completa fiducia al generale BARATIERI e alle sue valorose truppe e assicurò che "…il fatto non è grave perché nessuna parte del territorio da noi occupato era stata perduta e perché Makallé, Adigrat e Adua sono fortemente murati e difese".L'on. TORRACA sostenne che l'espressione del rammarico per le non liete notizie doveva essere severa e virile. Nessuna recriminazione o discussione doveva in quel momento doveva essere fatta. "Mandiamo una parola di caldo rimpianto ai caduti e di fiducia e di augurio ai prodi che in Africa vinceranno e sapranno vendicare i caduti. Si richieda al Governo che l'opera sua sia pari alle sue gravi responsabilità, pari alle legittime ansietà del paese".L'on. RUBINO esortò il Governo "a provvedere con misura, fermezza e virilità"; il ministro MOCENNI assicurò che sarebbero stati presi "i provvedimenti necessari per la tutela della dignità e del prestigio delle armi e del nome italiano"; il ministro BLANC dichiarò che il fatto "non aveva nessuna importanza politica per l'avvenire della Colonia". Voci dure furono quelle dell'on. BRANCA che non poteva ammettere che "si persistesse in una politica inopportuna" e dell'on. IMBRIANI che accusò il Governo di "…arbitri che compromettevano gl'interessi della nazione".Il 15 dicembre incominciò alla Camera lo svolgimento d'interrogazioni ed interpellanze relative all'Africa. L'on. IMBRIANI ricordò che "la responsabilità di quanto avveniva in Africa era del presidente del Consiglio, il quale aveva violato lo Statuto e le promesse fatte in Parlamento; qualificò empia la guerra che si combatteva in Africa; lamentò che si fosse ingannato e si continuasse ad ingannare il paese, esortò a ritornare dall'Africa, non trattandosi d'impresa che giovasse all'Italia e dichiarò che non avrebbe concesso credito né soldati ad un Governo inetto e colpevole".CAVALLOTTI disse: " Oh ! Lo so che è bello bagnare del proprio sangue i campi materni della patria, sulle vie sacre del suo destino, nei giorni dei fervidi, deliranti entusiasmi, quando tutto l'anima della patria, tutta la poesia dei suoi sogni, delle sue aspirazioni, accompagna, segue, circonda affettuosa le bandiere nazionali combattenti per il diritto, per il suolo per i patri focolari. Ma in un'impresa che la Nazione non chiede e non volle, su cui i suoi cuori sono più che discordi, su cui le menti sono più che divise, si è trascinata da dieci anni senza essere riuscita mai a destare intorno a sé una sola scintilla di popolarità, una sola vampata di entusiasmi compensatori, senza aver dato mai un solo frutto che alla Nazione compensi i sacrifici, che l'abbia convinta della bontà della causa; in un'impresa come questa, quanto è più solitario e arido di compensi morali, il culto della bandiera esige tanto di più dal cuore del soldato; e cadere per l'onore militare soltanto, per il solo scopo di conservare alto alla patria il buon nome di madre di eroi, per questo solo scopo solitario il sacrificio diventa maggiore".Dopo di aver ricordate le ultime fasi della politica africana, CAVALLOTTI aggiunse che "il Ministero non poteva rappresentare e non rappresentava che un pericolo di nuovi disastri. L'Italia poteva chiedere ed ottenere dal Parlamento nuovi sacrifici, ma dal Governo nulla attendeva e nulla sperava; dal Governo, che, nemmeno nell'ora presente, aveva mostrato di essere all'altezza del suo compito. Perciò, pronto a consentire i sacrifici necessari per il prestigio delle armi italiane, non poteva egli acconsentire che continuasse l'attuale Gabinetto a dirigere la politica d'Italia".Parlarono poi gli onorevoli BONISI, DE MARTINO e SANGUINETTI, che censurarono la politica di conquiste e di espansione dell'on. CRISPI, e il BOVIO, il quale disse, che, "essendo terminato il periodo del dilettantismo africano, il Governo doveva o abbandonare l'Africa o seguire una propria e grande politica coloniale. Ma la forza d'Italia non era forza di estensione, sebbene d'intensità. L'espansione dell'Eritrea sarebbe stata poca cosa; l'espansione doveva essere nel mondo come nuovo pensiero, nuova civiltà e nuova missione".Nella seduta del 15 dicembre svolsero interpellanze gli onorevoli A. LUZZATTI, DE GAOTANI, SAN GIULIANO e infine ANDREA COSTA, che, interprete delle grida dei contadini e degli operai, protestava contro una politica nefasta e criminosa e dichiarava che, da parte sua e dei suoi amici, non si sarebbe concesso "né un uomo né un soldo".L'on. CRISPI ricordò che la Camera aveva per ben due volte approvato la politica del Governo, disse che "…il fatto dell'Amba Alagi è uno degli episodi inevitabili in tutte le guerre coloniali…. Il Governo non può essere accusato d'imprevidenza perché ha dato più di quanto il Baratieri ha chiesto…. Io mi prostro, e tutti ci prostriamo dinanzi ai caduti dell'Amba Alagi…. Tutti ammiriamo il valore italiano e la splendida figura di quel Toselli che, disperando di poter vincere, volle morire... Non c' è nessuno né a Destra né a Sinistra, che non abbia questo sentimento: ed avendolo, è per vendicare i morti, e ristabilire quel prestigio, che l'Italia deve sempre tenere alto, che noi prenderemo quei provvedimenti che crediamo necessari allo scopo; e la Camera farà giustizia".Il 17 dicembre, il ministro del Tesoro, di concerto con i ministri della Guerra e della Marina, presentò alla Camera un disegno di legge con la quale si assegnavano 20 milioni per le spese d'Africa.In seguito alla relazione della Giunta generale del bilancio a firma dell'on. GRANDI, nella seconda seduta del 18 dicembre, iniziò la discussione, alla quale parteciparono IMBRIANI, DI RUDINI, CAVALLOTTI, BOVIO, MARTINI, BUTTINI, e quasi tutti contrari a Crispi che si difese energicamente dagli attacchi.Ordini del giorno, quasi tutti favorevoli alla concessione dei 20 milioni, svolsero gli onorevoli TORRIGIANI, DI NICOLÒ, AFAN DE RIVERA, RUBINI, CANZI, PRINETTI, BERLO, BARZILAI, FRANCHETTI, F. SPIRITO, PERONI, VENDEMMI, FORTIS, VALLE e CHIMIRRI.CRISPI dichiarò di accettare l'ordine del giorno TORRIGIANI, che fu messo ai voti per appello nominale. La prima parte era: "La Camera, confidando che il Governo saprà tenere alto il prestigio delle nostre armi, ristabilire la pace nei possedimenti africani e provvedere alla sicurezza per l'avvenire .... " fu approvata con 255 voti contro 148; la seconda parte "…riaffermandosi contraria ad una politica di espansione, prende atto delle dichiarazioni del Governo e passa alla discussione dell'articolo della legge" fu approvata con 301 voti contro 36 e 3 astenuti.Aperta la discussione sull'articolo, dopo una dichiarazione di IMBRIANI, si passò alla votazione per scrutinio segreto del disegno di legge che fu approvato con 237 voti contro 36.Il 20 dicembre il disegno fu approvato dal Senato con 87 voti favorevoli 5 contrari.Quindi nonostante l'opposizione, la Camera riconferma pienamente la fiducia al Governo sulla politica coloniale e stanzia nuovi fondi per l' "Avventura".Purtroppo non si aveva davanti la vera situazione che si era venuta a creare in Africa, una situazione che era diventata piuttosto critica, subito dopo l'Amba Alagi, a dicembre, e sarà ancora di più critica nei primi giorni di gennaio.Questo sconsiderato grande appoggio al governo, stimola Crispi su una via molto pericolosa: quella della tattica non più difensiva, ma offensiva. Che l'Italia nelle condizioni in cui era, non era in grado né di preparare, né di sostenere economicamente.Inoltre non c'era un "piano di guerra" prestabilito (necessario se si voleva fare una guerra d'offensiva), e nemmeno un minimo "piano logistico".Eppure, si inviarono grandi contingenti di truppe; ma oltre che inutili, era ormai troppo tardi!!Le conseguenze le leggeremo nel prossimo capitolo....... il periodo dall' anno 1895 al 1896 > > >