Seconda Guerra Mondiale. Guerra in Africa Orientale. Parte Quarta.Le perdite aumentavano in maniera impressionante e non era possibile continuare a mantenere una pressione del genere; inoltre gli inglesi avevano bisogno di una tregua per procurarsi rifornimenti e rinforzi. Per distrarre l'attenzione e forse anche una parte delle truppe dell'avversario il 7° raggruppamento di brigate della fanteria indiana attestato a Karora vicino all'estremità settentrionale dell'Eritrea ricevette l'ordine di dirigersi a sud. Comprendeva un battaglione inglese uno indiano e una brigata della Francia Libera.La calma durò fino alla metà di marzo quando sia la 4ª sia la 5ª divisione indiana furono pronte. La 4ª doveva attaccare sulla sinistra mentre la 5ª doveva occupare Dologorodoc sulla destra per avanzare quindi verso Falestoh e Zeban. Intanto il 7° raggruppamento di brigata di fanteria indiana, che si trovava già a soli 12 km da Cheren, doveva attirare l'attenzione degli italiani su quel settore.Preceduta da un violento bombardamento aereo e dal tiro d'interdizione di entrambe le divisioni l'11ª brigata di fanteria della 4ª divisione indiana rinforzata da due battaglioni il mattino del 15 marzo diede l'assalto a Sanchill, Brigs Peak, Hog's Back e Flat Top mentre la 5ª brigata di fanteria indiana attaccava Samanna. Tutti gli obiettivi furono raggiunti ma ancora una volta gli italiani ripresero Sanchill Brigs Peak e Samanna.Sulla destra la 9ª brigata di fanteria della 5ª divisione indiana approfittando del momento in cui gli italiani erano preoccupati per l'esito dei combattimenti in atto sulla sinistra cominciò ad avanzare verso Dologorodoc ma si trovò quasi subito sotto il micidiale tiro incrociato dei difensori, fino a quando riuscì ad avanzare furtivamente nell'oscurità e ad assicurarsi un punto d'appoggio a Dologorodoc. Alle prime luci dell'alba il forte fu preso d'assalto conquistato e tenuto nonostante i ripetuti contrattacchi. La battaglia continuò a infuriare tutto il giorno del 16 marzo senza che le truppe britanniche riuscissero ad avanzare ma non perdettero terreno.Durante la notte le ultime truppe indiane non ancora impiegate furono gettate in un ennesimo assalto al picco di Sanchill e a Brigs Peak ma gli italiani respinsero l'attacco. Simultaneamente a destra della gola la 29ª brigata di fanteria che era stata portata a Dologorodoc, fu mandata avanti verso Falestoh e Zeban con l'unico risultato di farsi inchiodare allo scoperto dall'intenso fuoco dell'artiglieria italiana per tutto il giorno successivo. Riuscirono a liberarsi soltanto dopo che fu calata l'oscurità. Tuttavia durante i combattimenti del 17 marzo i genieri si erano potuti spingere avanti strisciando fino al punto in cui la strada era ostruita e riferirono che se fossero stati sufficientemente coperti l'avrebbero potuta sbloccare in ventiquattr'ore. Il compito di coprirli impadronendosi delle posizioni difensive sovrastanti fu affidato alla 5ª divisione indiana.Però prima di poter dare inizio all'operazione dovettero combattere cinque giorni per respingere i tenaci contrattacchi degli italiani. Furono cinque giorni di forti perdite dall'una e dall'altra il 20 marzo gli italiani erano ridotti a un terzo dei loro e effettivi.Il 25 marzo la 5ª divisione indiana avanzò con la 9ª brigata a sinistra della gola e la 10ª a destra. Entrambe furono prese d'infilata da un intenso tiro d'interdizione dei cannoni dei mortai e delle mitragliatrici degli italiani che ormai incominciavano a vacillare e le due brigate poterono occupare alcune precarie posizioni da cui era possibile difendere la strada nel punto interrotto. I genieri sebbene esposti al tiro violento dell'artiglieria italiana la sera del giorno successivo avevano aperto una breccia nello sbarramento stradale e la mattina del 27 marzo una squadra di carri armati da fanteria del 40 Royal Tank Regiment e 50 veicoli cingolati Brencarrier mossero verso Cheren sfondando in tal modo tutto il fronte italiano. Il generale Frusci comprese di essere arrivato alla fase critica oltre la quale non poteva più resistere e ordinò l'immediato ripiegamento che fu eseguito con manovra quasi perfetta, Cheren fu evacuata immediatamente e i carri armati britannici vi entrarono la mattina stessa. La battaglia di Cheren era durata otto settimane i reparti britannici avevano avuto 536 morti e 3.299 feriti. I caduti italiani erano più di tremila.Il generale Frusci si ritirò a sud verso l'Etiopia e il l° aprile cinque giorni prima della caduta di Addis Abeba gli inglesi occuparono l'Asmara, il loro prossimo obiettivo era Massaua la base navale 90 km a nord est della capitale dell'Eritrea affidata al comando dell'ammiraglio Bonetti il quale a un'intimazione di resa fattagli pervenire dal generale inglese che gli chiedeva di consegnarsi insieme con i cinque cacciatorpediniere presenti in porto rispose che Massaua sarebbe stata difesa. Ciononostante i cacciatorpediniere si affrettarono a uscire dalla base il 2 aprile dirigendo verso Port Sudan. Ma la ricognizione aerea li avvistò. Quattro furono colati a picco da una squadriglia di aerosiluranti il quinto fu affondato dall'equipaggio.Nel frattempo due brigate indiane di fanteria la 7ª e la 10ª e la brigata della Francia Libera che adesso operava come reparto autonomo scendevano rapidamente la strada Asmara Massaua, l'ammiraglio Bonetti respinse anche una seconda intimazione di resa; l'8 aprile le tre brigate lanciarono un assalto simultaneo contro il perimetro della città con un forte appoggio aereo e riuscirono a sfondare le difese in parecchi punti. Sul tardo pomeriggio l'ammiraglio Bonetti capitolò con 9.600 uomini e 127 cannoni.La caduta di Massaua suggellò la conclusione della campagna eritrea. La minaccia contro i territori africani orientali della Gran Bretagna e contro il Mar Rosso era stata eliminata e in teoria a questo punto sarebbe stato possibile procedere a un rapido trasferimento delle truppe in Egitto. Ma i mezzi di trasporto marittimi erano paurosamente scarsi e non rimaneva altro che compiere l'operazione via terra. Le truppe italiane impedivano però ancora i movimenti a tutte le truppe britanniche in Etiopia. Perciò era indispensabile liberare per prima cosa la strada che da Addis Abeba porta all'Asmara. Dopo il trasferimento in Egitto dei reparti la cui presenza non era giudicata indispensabile in Eritrea (compresa la 4ª divisione indiana) il resto, composto in massima parte dalla 5ª divisione indiana fu inviato a questo scopo in Etiopia.Le truppe italiane che ancora resistevano erano state suddivise in due gruppi. A nord ovest si trovava quello del generale Nasi con base a Gondar; a sud e a sud ovest quello del generale Gazzera. Entrambi avevano avuto l'ordine di opporre l'estrema resistenza indipendentemente l'uno dall'altro. Il duca d'Aosta raccolse le truppe che lo seguivano nella ritirata da Addis Abeba verso nord e quelle che avevano lasciato l'Eritrea e stavano scendendo a sud, il cui comando fu affidato al generale Frusci. Gli ordini impartiti dal generale Wavell era lo sgombero della strada lungo la quale si sarebbe ritirato il duca d'Aosta e l'impresa era stata affidata al generale Platt il quale aveva a propria disposizione la 5ª divisione indiana proveniente dall'Eritrea (comandata dal maggior generale Mayne in sostituzione del generale Heath che era stato assegnato al comando di un corpo d'armata in Malesia) il l° raggruppamento di brigate sudafricane e reparti indigeni della disciolta Gideon Force al comando di ufficiali inglesi.I sudafricani uscirono da Addis Abeba il 13 aprile, avanzando senza essere molestati sulla direttrice nord attraverso il passo Mussolini alto 3.300 m, a 192 km dalla capitale l'unica difficoltà che rallentò la marcia furono i numerosi tratti di strada distrutti e di qui proseguirono lungo la ripida discesa della grande valle incassata. Incontrarono la prima resistenza quando risalirono i pendii scoscesi puntando su Dessiè, situata 400 km a nord di Addis Abeba.A Combolcià, una località fra le montagne a cavallo dell'unica strada che passava pochi chilometri a sud di Dessiè, gli italiani avevano stabilito solide posizioni difensive. Il generale Dan Pienaar, comandante del raggruppamento di brigata sudafricana, giudicò che un attacco frontale, sarebbe costato perdite troppo forti. Per cui impegnò l'artiglieria italiana con i suoi cannoni di medio calibro e da campagna e sotto questa copertura dispose la fanteria sopra la serie di alture sui 1.800 m che si allungavano in fila alla sua sinistra. Gli italiani tentarono immediatamente di prevenire la manovra con un attacco circoscritto ma i sudafricani, riuscirono a respingere l'avversario infliggendogli gravi perdite.Impiegarono tre giorni per raggiungere gli obiettivi dai quali il 22 aprile dopo che si era unito a loro un gruppo di guerriglieri etiopici presero d'assalto le posizioni nemiche in due punti. Intanto il tiro dell'artiglieria sudafricana era diventato precisissimo e grazie al suo prezioso appoggio l'attacco ebbe un effetto cosi demoralizzante sugli italiani da indurre molti di loro ad arrendersi senza combattere. Le difese si sgretolarono quasi immediatamente. I sudafricani, che perdettero soltanto 9 dei loro uomini mentre altri 30 rimasero feriti, fecero 8.000 prigionieri e catturarono armi, mezzi di trasporto e altro materiale in grande quantità. Il resto degli italiani si ritirò. Gli inglesi arrivarono a Dessiè quando la città era già stata evacuata, ma la loro marcia fu nuovamente rallentata dalle estese distruzioni e dalle ostruzioni stradaliLa strada che parte da Dessiè verso nord ridiscende nella grande valle incassata e l'attraversa per 192 km prima di risalire ripidissima con una serie di salite a forte pendenza, tagliando una catena di montagne profonda 80 km. A metà percorso si snoda serpeggiando attraverso un passo, l'Alagi, alto 3000 m. Il passo è dominato da nove ripide cime che toccano i 3.600 m e che costituivano una poderosa ridotta naturale munita di rifugi in caverna, con una superficie di oltre 31 km. I picchi a ovest del passo erano Pyramid (3.240 m), Whaleback (3.270 m), Middle Hill (3.450 m), Elephant (3.360 m) e l'Amba Alagi (3.360 m) in posizione elevata e immediatamente vicino al passo sorgeva il forte Toselli.
Seconda Guerra Mondiale. Guerra in Africa Orientale. Parte Quarta.
Seconda Guerra Mondiale. Guerra in Africa Orientale. Parte Quarta.Le perdite aumentavano in maniera impressionante e non era possibile continuare a mantenere una pressione del genere; inoltre gli inglesi avevano bisogno di una tregua per procurarsi rifornimenti e rinforzi. Per distrarre l'attenzione e forse anche una parte delle truppe dell'avversario il 7° raggruppamento di brigate della fanteria indiana attestato a Karora vicino all'estremità settentrionale dell'Eritrea ricevette l'ordine di dirigersi a sud. Comprendeva un battaglione inglese uno indiano e una brigata della Francia Libera.La calma durò fino alla metà di marzo quando sia la 4ª sia la 5ª divisione indiana furono pronte. La 4ª doveva attaccare sulla sinistra mentre la 5ª doveva occupare Dologorodoc sulla destra per avanzare quindi verso Falestoh e Zeban. Intanto il 7° raggruppamento di brigata di fanteria indiana, che si trovava già a soli 12 km da Cheren, doveva attirare l'attenzione degli italiani su quel settore.Preceduta da un violento bombardamento aereo e dal tiro d'interdizione di entrambe le divisioni l'11ª brigata di fanteria della 4ª divisione indiana rinforzata da due battaglioni il mattino del 15 marzo diede l'assalto a Sanchill, Brigs Peak, Hog's Back e Flat Top mentre la 5ª brigata di fanteria indiana attaccava Samanna. Tutti gli obiettivi furono raggiunti ma ancora una volta gli italiani ripresero Sanchill Brigs Peak e Samanna.Sulla destra la 9ª brigata di fanteria della 5ª divisione indiana approfittando del momento in cui gli italiani erano preoccupati per l'esito dei combattimenti in atto sulla sinistra cominciò ad avanzare verso Dologorodoc ma si trovò quasi subito sotto il micidiale tiro incrociato dei difensori, fino a quando riuscì ad avanzare furtivamente nell'oscurità e ad assicurarsi un punto d'appoggio a Dologorodoc. Alle prime luci dell'alba il forte fu preso d'assalto conquistato e tenuto nonostante i ripetuti contrattacchi. La battaglia continuò a infuriare tutto il giorno del 16 marzo senza che le truppe britanniche riuscissero ad avanzare ma non perdettero terreno.Durante la notte le ultime truppe indiane non ancora impiegate furono gettate in un ennesimo assalto al picco di Sanchill e a Brigs Peak ma gli italiani respinsero l'attacco. Simultaneamente a destra della gola la 29ª brigata di fanteria che era stata portata a Dologorodoc, fu mandata avanti verso Falestoh e Zeban con l'unico risultato di farsi inchiodare allo scoperto dall'intenso fuoco dell'artiglieria italiana per tutto il giorno successivo. Riuscirono a liberarsi soltanto dopo che fu calata l'oscurità. Tuttavia durante i combattimenti del 17 marzo i genieri si erano potuti spingere avanti strisciando fino al punto in cui la strada era ostruita e riferirono che se fossero stati sufficientemente coperti l'avrebbero potuta sbloccare in ventiquattr'ore. Il compito di coprirli impadronendosi delle posizioni difensive sovrastanti fu affidato alla 5ª divisione indiana.Però prima di poter dare inizio all'operazione dovettero combattere cinque giorni per respingere i tenaci contrattacchi degli italiani. Furono cinque giorni di forti perdite dall'una e dall'altra il 20 marzo gli italiani erano ridotti a un terzo dei loro e effettivi.Il 25 marzo la 5ª divisione indiana avanzò con la 9ª brigata a sinistra della gola e la 10ª a destra. Entrambe furono prese d'infilata da un intenso tiro d'interdizione dei cannoni dei mortai e delle mitragliatrici degli italiani che ormai incominciavano a vacillare e le due brigate poterono occupare alcune precarie posizioni da cui era possibile difendere la strada nel punto interrotto. I genieri sebbene esposti al tiro violento dell'artiglieria italiana la sera del giorno successivo avevano aperto una breccia nello sbarramento stradale e la mattina del 27 marzo una squadra di carri armati da fanteria del 40 Royal Tank Regiment e 50 veicoli cingolati Brencarrier mossero verso Cheren sfondando in tal modo tutto il fronte italiano. Il generale Frusci comprese di essere arrivato alla fase critica oltre la quale non poteva più resistere e ordinò l'immediato ripiegamento che fu eseguito con manovra quasi perfetta, Cheren fu evacuata immediatamente e i carri armati britannici vi entrarono la mattina stessa. La battaglia di Cheren era durata otto settimane i reparti britannici avevano avuto 536 morti e 3.299 feriti. I caduti italiani erano più di tremila.Il generale Frusci si ritirò a sud verso l'Etiopia e il l° aprile cinque giorni prima della caduta di Addis Abeba gli inglesi occuparono l'Asmara, il loro prossimo obiettivo era Massaua la base navale 90 km a nord est della capitale dell'Eritrea affidata al comando dell'ammiraglio Bonetti il quale a un'intimazione di resa fattagli pervenire dal generale inglese che gli chiedeva di consegnarsi insieme con i cinque cacciatorpediniere presenti in porto rispose che Massaua sarebbe stata difesa. Ciononostante i cacciatorpediniere si affrettarono a uscire dalla base il 2 aprile dirigendo verso Port Sudan. Ma la ricognizione aerea li avvistò. Quattro furono colati a picco da una squadriglia di aerosiluranti il quinto fu affondato dall'equipaggio.Nel frattempo due brigate indiane di fanteria la 7ª e la 10ª e la brigata della Francia Libera che adesso operava come reparto autonomo scendevano rapidamente la strada Asmara Massaua, l'ammiraglio Bonetti respinse anche una seconda intimazione di resa; l'8 aprile le tre brigate lanciarono un assalto simultaneo contro il perimetro della città con un forte appoggio aereo e riuscirono a sfondare le difese in parecchi punti. Sul tardo pomeriggio l'ammiraglio Bonetti capitolò con 9.600 uomini e 127 cannoni.La caduta di Massaua suggellò la conclusione della campagna eritrea. La minaccia contro i territori africani orientali della Gran Bretagna e contro il Mar Rosso era stata eliminata e in teoria a questo punto sarebbe stato possibile procedere a un rapido trasferimento delle truppe in Egitto. Ma i mezzi di trasporto marittimi erano paurosamente scarsi e non rimaneva altro che compiere l'operazione via terra. Le truppe italiane impedivano però ancora i movimenti a tutte le truppe britanniche in Etiopia. Perciò era indispensabile liberare per prima cosa la strada che da Addis Abeba porta all'Asmara. Dopo il trasferimento in Egitto dei reparti la cui presenza non era giudicata indispensabile in Eritrea (compresa la 4ª divisione indiana) il resto, composto in massima parte dalla 5ª divisione indiana fu inviato a questo scopo in Etiopia.Le truppe italiane che ancora resistevano erano state suddivise in due gruppi. A nord ovest si trovava quello del generale Nasi con base a Gondar; a sud e a sud ovest quello del generale Gazzera. Entrambi avevano avuto l'ordine di opporre l'estrema resistenza indipendentemente l'uno dall'altro. Il duca d'Aosta raccolse le truppe che lo seguivano nella ritirata da Addis Abeba verso nord e quelle che avevano lasciato l'Eritrea e stavano scendendo a sud, il cui comando fu affidato al generale Frusci. Gli ordini impartiti dal generale Wavell era lo sgombero della strada lungo la quale si sarebbe ritirato il duca d'Aosta e l'impresa era stata affidata al generale Platt il quale aveva a propria disposizione la 5ª divisione indiana proveniente dall'Eritrea (comandata dal maggior generale Mayne in sostituzione del generale Heath che era stato assegnato al comando di un corpo d'armata in Malesia) il l° raggruppamento di brigate sudafricane e reparti indigeni della disciolta Gideon Force al comando di ufficiali inglesi.I sudafricani uscirono da Addis Abeba il 13 aprile, avanzando senza essere molestati sulla direttrice nord attraverso il passo Mussolini alto 3.300 m, a 192 km dalla capitale l'unica difficoltà che rallentò la marcia furono i numerosi tratti di strada distrutti e di qui proseguirono lungo la ripida discesa della grande valle incassata. Incontrarono la prima resistenza quando risalirono i pendii scoscesi puntando su Dessiè, situata 400 km a nord di Addis Abeba.A Combolcià, una località fra le montagne a cavallo dell'unica strada che passava pochi chilometri a sud di Dessiè, gli italiani avevano stabilito solide posizioni difensive. Il generale Dan Pienaar, comandante del raggruppamento di brigata sudafricana, giudicò che un attacco frontale, sarebbe costato perdite troppo forti. Per cui impegnò l'artiglieria italiana con i suoi cannoni di medio calibro e da campagna e sotto questa copertura dispose la fanteria sopra la serie di alture sui 1.800 m che si allungavano in fila alla sua sinistra. Gli italiani tentarono immediatamente di prevenire la manovra con un attacco circoscritto ma i sudafricani, riuscirono a respingere l'avversario infliggendogli gravi perdite.Impiegarono tre giorni per raggiungere gli obiettivi dai quali il 22 aprile dopo che si era unito a loro un gruppo di guerriglieri etiopici presero d'assalto le posizioni nemiche in due punti. Intanto il tiro dell'artiglieria sudafricana era diventato precisissimo e grazie al suo prezioso appoggio l'attacco ebbe un effetto cosi demoralizzante sugli italiani da indurre molti di loro ad arrendersi senza combattere. Le difese si sgretolarono quasi immediatamente. I sudafricani, che perdettero soltanto 9 dei loro uomini mentre altri 30 rimasero feriti, fecero 8.000 prigionieri e catturarono armi, mezzi di trasporto e altro materiale in grande quantità. Il resto degli italiani si ritirò. Gli inglesi arrivarono a Dessiè quando la città era già stata evacuata, ma la loro marcia fu nuovamente rallentata dalle estese distruzioni e dalle ostruzioni stradaliLa strada che parte da Dessiè verso nord ridiscende nella grande valle incassata e l'attraversa per 192 km prima di risalire ripidissima con una serie di salite a forte pendenza, tagliando una catena di montagne profonda 80 km. A metà percorso si snoda serpeggiando attraverso un passo, l'Alagi, alto 3000 m. Il passo è dominato da nove ripide cime che toccano i 3.600 m e che costituivano una poderosa ridotta naturale munita di rifugi in caverna, con una superficie di oltre 31 km. I picchi a ovest del passo erano Pyramid (3.240 m), Whaleback (3.270 m), Middle Hill (3.450 m), Elephant (3.360 m) e l'Amba Alagi (3.360 m) in posizione elevata e immediatamente vicino al passo sorgeva il forte Toselli.