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Ascari: I Leoni d' Eritrea. Coraggio, Fedeltà, Onore. Tributo al Valore degli Ascari Eritrei.

 

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L'Ascaro del cimitero d'Asmara.

Sessant’anni fa gli avevano dato una divisa kaki, il moschetto ‘91, un tarbush rosso fiammante calcato in testa, tanto poco marziale da sembrare uscito dal magazzino di un trovarobe.
Ha giurato in nome di un’Italia che non esiste più, per un re che è ormai da un pezzo sui libri di storia. Ma non importa: perché la fedeltà è un nodo strano, contorto, indecifrabile. Adesso il vecchio Ghelssechidam è curvato dalla mano del tempo......

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1941 - La battaglia di Cheren. (Keren)

Post n°24 pubblicato il 01 Agosto 2008 da wrnzla
 

1941 - La battaglia di Cheren. (Keren)

...Wavell ordinò al generale Platt di spingersi verso Cheren e l'Asmara perché improvvisamente si era reso conto non senza sorpresa che sarebbe stato possibile conquistare tutta questa regione eliminando cosi anche il pericolo costituito dalla base navale di Massaua. Ma l'Asmara era lontana più di 170 km a est e Cheren che si trovava circa a metà strada era una delle posizioni difensive naturali più fortemente presidiate ed era l'unica via d'accesso al capoluogo dell'Eritrea e a Massaua. Gli ultimi 4 km della strada che porta a Cheren corrono in una gola angusta e incassata e costituiscono l'unico passaggio attraverso quella che praticamente è una parete rocciosa sovrastata da undici cime alte 600 metri e più sopra il livello della strada ciascuna delle quali era stata trasformata in una posizione difensiva dominante l'imbocco della gola. La strada che l'attraversa era stata distrutta o ostruita.
Sette di queste cime che coprono complessivamente una superficie di circa 13 km2 denominate Cameron Ridge, Sanchill, Brigs Peak, Hog's Back, Saddle, Flat Top e Samanna sorgevano sulla sinistra della gola e della strada. Le quattro rimanenti sulla destra erano: Dologorodoc (con un fortino), Falestoh, Zeban e Zalale. Un pendio tra la cima Falestoh e la Zalale che saliva verso un basso crinale formava un valico: Aqua Col.
Una divisione italiana rinforzata da tre battaglioni dell'11° reggimento granatieri di Savoia presidiava le difese mentre due brigate avanzavano a marce forzate per unirsi a quella e altre quattro rimanevano di riserva. I primi tentativi inglesi di aprirsi un passaggio furono compiuti dalla 4ª, divisione indiana. Il 3 febbraio all'alba l'11ª brigata di fanteria attaccò Sanchill, Brigs Peak e Cameron Ridge le tre cime sulla sinistra più vicine all'accesso alla gola. La battaglia con l'appoggio di un nutrito fuoco d'artiglieria da entrambe le parti infuriò quattro giorni. Gli indiani raggiunsero la sommità delle tre cime ma furono ricacciati sia da Sanchill sia da Brigs Peak dai risoluti contrattacchi degli italiani che combattevano con una tenacia raramente riscontrata loro comandante era il generale Carnimeo alle dipendenze del generale Frusci.
Il 7 febbraio la 5ª brigata di fanteria indiana sferrò un attacco notturno in direzione di Aqua Col sulla destra. L'azione di avvicinamento si compiva su un terreno molto accidentato e malgrado tutte le difficoltà e il tiro micidiale degli italiani la sommità del passo fu raggiunta ma non fu possibile tenerla per effetto dei ben diretti contrattacchi delle truppe italiane.
Il 10 febbraio Beresford Peirse sferrò un nuovo attacco sulla sinistra e sulla destra: gli obiettivi erano gli stessi degli attacchi precedenti. L'11ª brigata di fanteria indiana s'impossessò un'altra volta di Brigs Peak e ne fu ricacciata di nuovo. Un secondo attacco ebbe lo stesso esito di quello precedente. Altrettanto avveniva nella lotta per il possesso dell'Aqua Col dove buona parte della sella cadde nelle mani della 5ª brigata di fanteria indiana che in tale azione si meritò la Victoria Cross, ma fu ripresa dagli italiani nei contrattacchi.
Le perdite aumentavano in maniera impressionante e non era possibile continuare a mantenere una pressione del genere; inoltre gli inglesi avevano bisogno di una tregua per procurarsi rifornimenti e rinforzi. Per distrarre l'attenzione e forse anche una parte delle truppe dell'avversario il 7° raggruppamento di brigate della fanteria indiana attestato a Karora vicino all'estremità settentrionale dell'Eritrea ricevette l'ordine di dirigersi a sud. Comprendeva un battaglione inglese uno indiano e una brigata della Francia Libera.
La calma durò fino alla metà di marzo quando sia la 4ª sia la 5ª divisione indiana furono pronte. La 4ª doveva attaccare sulla sinistra mentre la 5ª doveva occupare Dologorodoc sulla destra per avanzare quindi verso Falestoh e Zeban. Intanto il 7° raggruppamento di brigata di fanteria indiana, che si trovava già a soli 12 km da Cheren, doveva attirare l'attenzione degli italiani su quel settore.
Preceduta da un violento bombardamento aereo e dal tiro d'interdizione di entrambe le divisioni l'11ª brigata di fanteria della 4ª divisione indiana rinforzata da due battaglioni il mattino del 15 marzo diede l'assalto a Sanchill, Brigs Peak, Hog's Back e Flat Top mentre la 5ª brigata di fanteria indiana attaccava Samanna. Tutti gli obiettivi furono raggiunti ma ancora una volta gli italiani ripresero Sanchill Brigs Peak e Samanna.
Sulla destra la 9ª brigata di fanteria della 5ª divisione indiana approfittando del momento in cui gli italiani erano preoccupati per l'esito dei combattimenti in atto sulla sinistra cominciò ad avanzare verso Dologorodoc ma si trovò quasi subito sotto il micidiale tiro incrociato dei difensori, fino a quando riuscì ad avanzare furtivamente nell'oscurità e ad assicurarsi un punto d'appoggio a Dologorodoc. Alle prime luci dell'alba il forte fu preso d'assalto conquistato e tenuto nonostante i ripetuti contrattacchi. La battaglia continuò a infuriare tutto il giorno del 16 marzo senza che le truppe britanniche riuscissero ad avanzare ma non perdettero terreno.
Durante la notte le ultime truppe indiane non ancora impiegate furono gettate in un ennesimo assalto al picco di Sanchill e a Brigs Peak ma gli italiani respinsero l'attacco. Simultaneamente a destra della gola la 29ª brigata di fanteria che era stata portata a Dologorodoc, fu mandata avanti verso Falestoh e Zeban con l'unico risultato di farsi inchiodare allo scoperto dall'intenso fuoco dell'artiglieria italiana per tutto il giorno successivo. Riuscirono a liberarsi soltanto dopo che fu calata l'oscurità. Tuttavia durante i combattimenti del 17 marzo i genieri si erano potuti spingere avanti strisciando fino al punto in cui la strada era ostruita e riferirono che se fossero stati sufficientemente coperti l'avrebbero potuta sbloccare in ventiquattr'ore. Il compito di coprirli impadronendosi delle posizioni difensive sovrastanti fu affidato alla 5ª divisione indiana.
Però prima di poter dare inizio all'operazione dovettero combattere cinque giorni per respingere i tenaci contrattacchi degli italiani. Furono cinque giorni di forti perdite dall'una e dall'altra il 20 marzo gli italiani erano ridotti a un terzo dei loro e effettivi.
Il 25 marzo la 5ª divisione indiana avanzò con la 9ª brigata a sinistra della gola e la 10ª a destra. Entrambe furono prese d'infilata da un intenso tiro d'interdizione dei cannoni dei mortai e delle mitragliatrici degli italiani che ormai incominciavano a vacillare e le due brigate poterono occupare alcune precarie posizioni da cui era possibile difendere la strada nel punto interrotto. I genieri sebbene esposti al tiro violento dell'artiglieria italiana la sera del giorno successivo avevano aperto una breccia nello sbarramento stradale e la mattina del 27 marzo una squadra di carri armati da fanteria del 40 Royal Tank Regiment e 50 veicoli cingolati Brencarrier mossero verso Cheren sfondando in tal modo tutto il fronte italiano.  Il generale Frusci comprese di essere arrivato alla fase critica oltre la quale non poteva più resistere e ordinò l'immediato ripiegamento che fu eseguito con manovra quasi perfetta, Cheren fu evacuata immediatamente e i carri armati britannici vi entrarono la mattina stessa. La battaglia di Cheren era durata otto settimane i reparti britannici avevano avuto 536 morti e 3.299 feriti. I caduti italiani erano più di tremila...
Tratto da: www.lasecondaguerramondiale.it

Testimonianze.

In the account of the battle written in Eastern Epic, Compton Mackenzie wrote:
...Keren was as hard a soldiers' battle as was ever fought, and let it be said that nowhere in the war did the Germans fight more stubbornly than those [Italian] Savoia battalions, Alpini, Bersaglieri and Grenadiers. In the [first] five days' fight the Italians suffered nearly 5,000 casualties - 1,135 of them killed. Lorenzini, the gallant young Italian general, had his head blown off by one of the British guns. He had been a great leader of Eritrean troops...

...The unfortunate licence of wartime propaganda allowed the British Press to represent the Italians almost as comic warriors; but except for the German parachute division in Italy and the Japanese in Burma no enemy with whom the British and Indian troops were matched put up a finer fight than those Savoia battalions at Keren. Moreover, the Colonial troops, until they cracked at the very end, fought with valour and resolution, and their staunchness was a testimony to the excellence of the Italian administration and military training in Eritrea...

Testimonianze.

Un esempio meraviglioso fu Cheren, così descritto dal maggiore inglese P. Searight: "In confronto alle battaglie della Seconda guerra mondiale, quella di Cheren, dal punto di vista fisico, fu un vero inferno. Nei nove mesi trascorsi in Europa occidentale, quale Comandante di Compagnia, posso assicurare di non aver mai trascorso giorni più duri di quelli di Cheren". Aggiunge il maggiore Trimmer: "Fu una battaglia aspra (durerà 56 giorni, nda) e talvolta ci si domanda come siano riusciti a vincerla". Scriverà il generale Archibal Wavell a Churchill: "Cheren si sta dimostrando una noce dura da schiacciare..."; e Churchill ai Comuni: "Cheren resiste ostinatamente". E scriverà nella sua opera: "La battaglia si rivelò durissima e ci costò tremila uomini.

Vedi anche: http://en.wikipedia.org/wiki/Battle_of_Keren

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Data di creazione: 27/05/2005
 

 
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- Perchè viva il ricordo degli Ascari d'Eritrea caduti per l'Italia in terra d'Africa.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare alla bandiera al corpo Truppe Indigene d'Eritrea.
- Due Medaglie d'Oro al Valor Militare al gagliardetto dei IV Battaglione Eritreo Toselli.

 

 

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Unatù Endisciau 

Medaglia d'oro al Valor Militare alla Memoria.

 

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...Dunque tu vuoi essere ascari, o figlio, ed io ti dico che tutto, per l'ascari, è lo Zabet, l'ufficiale.
Lo zabet inglese sa il coraggio e la giustizia, non disturba le donne e ti tratta come un cavallo.
Lo zabet turco sa il coraggio, non sa la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un somaro.
Lo zabet egiziano non sa il coraggio e neppure la giustizia, disturba le donne e ti tratta come un capretto da macello.
Lo zabet italiano sa il coraggio e la giustizia, qualche volta disturba le donne e ti tratta come un uomo...."

(da Ascari K7 - Paolo Caccia Dominioni)

 
 
 
 

 
 
 
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