8 marzo

La violazione degli obblighi di assistenza familiare


In questi ultimi anni, sempre più spesso l’uomo dimentica quali sono i suoi doveri nei confronti della moglie o ex moglie e dei figli minori, omettendo di contribuire al loro mantenimento e di prestare i mezzi di sussistenza. Costoro commettono la violazione degli obblighi di assistenza familiare. Detta violazione può essere commessa sia all’interno di un nucleo familiare ancora unito, che nell’ambito di un regime di separazione; sia da parte di un coniuge nei confronti dell’altro, che da parte del genitore nei confronti della prole. Sono da considerarsi “mezzi di sussistenza” tutto ciò che è strettamente indispensabile per vivere: vitto, alloggio, canoni per le utenze, spese per l’istruzione, vestiario, medicinali… La mancata fornitura dei mezzi di sussistenza può trovare una causa di giustificazione solo in situazioni di oggettiva impossibilità di adempiere (caso fortuito, forza maggiore). La suddetta impossibilità deve essere specificatamente provata e, per poter avere valore scriminante, deve riguardare tutto il periodo di tempo nel quale si sono reiterate le inadempienze. Deve trattarsi di una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti sufficienti a soddisfare le esigenze minime di vita degli aventi diritto. Non sono quindi considerate cause di giustificazione lo stato soggettivo di disoccupato, (poiché tale stato potrebbe essere dipeso da un comportamento negligente del soggetto obbligato) o lo stato di fallito (poiché in questo caso il fallito – in base alla legge fallimentare- deve disporre di quanto necessario per il proprio mantenimento e per quello della famiglia). Il dovere di somministrare i mezzi di sussistenza, cioè di provvedere ai bisogni minimi dell’avente diritto, prescinde dalla decisione del giudice civile circa la misura dell’assegno di mantenimento posto a carico dell’obbligato. Il 1° comma dell’art. 570 c.p. mira a colpire il genitore o il coniuge che si sottraggono ai doveri di assistenza mediante l’allontanamento fisico dal domicilio coniugale o comunque che mettono in atto condotte contrarie all’ordine o alla morale della famiglia. Il 2° comma sanziona invece tutti i comportamenti e le omissioni che rilevano sul piano economico, ossia la malversazione o la dilapidazione dei beni del figlio minore o del coniuge e l’omessa prestazione dei mezzi di sussistenza. Si consideri in proposito che tali ipotesi di reato possono essere commesse oltre che da un coniuge a danno dell’altro, anche dagli ascendenti nei confronti dei discendenti minori di età o inabili al lavoro, o dei discendenti a danno degli ascendenti (genitore-figlio, nonno-nipote). Perché questo post? Perché tante donne ed  in particolare separate, devono quotidianamente combattere contro l’imbecillità e la crudeltà dei mariti, i quali per rancore nei suoi confronti, pur facendo vita agiata, macchinoni, donne e champagne, non versano quanto dovuto, dimenticando che “i propri figli” stanno soffrendo per causa loro. Cosa possiamo consigliare a queste donne? Nulla proprio nulla, sappiano però che possono far valere le proprie ragioni e quelle dei loro figli.