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Dopo un sonno durato qualche giorno o forse solo un istante mi sono finalmente svegliato dal mio sonno profondo. Ieri notte aprii gli occhi ed ero in luogo strano. Un vasto parco da qualche parte a nord di Milano. La luna rischiarava erba ed alberi donando al paesaggio delle sfumature più da crepuscolo che da notte fonda. La luce di alcune candele invece rischiarava un foglio su cui erano disegnati due ideogrammi di un qualche alfabeto asiatico di cui ignoravo il significato. Tutto intorno a quel piccolo altarino c’era gente, ma non troppa direi. E fra tutta quella gente c’era lei, Claire che danzava trasportata dal ritmo dei djambe e dalle note sublimi di un sax accompagnato da un paio di chitarre. I suoi movimenti erano ipnotici, vestiva con una abbigliamento ”etnico” con una gonna lunga e una specie di canotta, entrambi molto colorati, ma la cosa che rendeva il tutto così perfettamente trascinante erano dei braccialetti, che portava a polsi e caviglie, con dei piccoli sonagli che ad ogni suo movimento emettevano un sublime suono che sembrava un tutt’uno con la musica, le piante, la luna, il creato…
Io ero lì estasiato da quella visione, non riuscivo a distogliere il mio sguardo, ero come in preda ad un illusionista che cercava di ipnotizzarmi con ottimi risultati. Tutto quello che riuscii a fare era imbracciare una delle chitarre, orfana del suo musicante, e lasciar andare le mani, le dita, le corde a quella strana e quasi psichedelica melodia.
Non so esattamente quanto andò avanti questo spettacolino, ma ad un certo punto fui bruscamente riportato alla realtà da un mio amico che mi chiedeva se volessi fare un sorso di birra… Comunque di lì a poco ci fu una pausa nella musica e anche Claire smise di danzare venendosi a sedere vicino a me. Cominciò a spiegarmi che quello a cui stavamo partecipando era un “rainbow”, ovvero una specie di festa in simbiosi con la natura in cui ognuno decide di donare ai partecipanti ed alla natura stessa qualcosa facente parte della sua essenza, qualcosa che non necessariamente è un oggetto o del cibo, ma anche musica, danza, poesia… questo genere di incontri trovava le sue radici negli anni sessanta in qualche comunità hippy dalle larghe vedute.
Mentre mi parlava, rischiarata magistralmente dal mix cromatico creato dalla luce della luna e quella delle candele, capii perché ero andato lì; ero lì per quello sguardo, tutto il tempo e lo spazio degli ultimi giorni erano serviti per condurre me ed il mondo a quel momento…
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