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Alpha & Omega... La fine...Parte 2 ( Épilogue )

Post n°100 pubblicato il 06 Maggio 2014 da alphabethaa

La morte non è un mistero nè un miracolo. È la certa e comune conclusione della vita terrena, l'epilogo di un viaggio meraviglioso che si stringe nell'ultimo e dolce abbraccio. E poi... il nulla.

La morte tuttavia rimane per tutti un dramma sempre incombente e sconvolgente, e un mistero impenetrabile. Dramma e mistero che segna il punto culminante dell’esistenza, dove tutto s’innalza, come in un’onda che sale repentina e poi d’improvviso precipita in abissi senza dimensioni assolutamente inaccessibili allo sguardo umano.

La morte fa parte della vita, nel senso che ne è un aspetto fondamentale, imprescindibile. Essa dà addirittura significato alla vita, poiché una vita senza morte non sarebbe umana o terrestre, non apparterrebbe neppure all'universo. La vita e la morte sono aspetti naturali che andrebbero vissuti in maniera naturale, secondo le leggi della natura.

A tutto c'è un inizio e una fine. La vita è il tramite per arrivare da un punto all'altro... Quando dal nulla passiamo alla vita, nella morte dalla vita passiamo al nulla... ovvero la medesima dimensione nella quale non eravamo prima di nascere e torneremo a non essere dopo la morte. L’organismo umano è materia e come tale è soggetto alla lenta usura del tempo. Tutto in lui decade lentamente, invecchia, si prosciuga, si ferma, muore.

Il solo difetto della morte è che essa ci pone in condizione da non poter apprezzare il suo beneficio. Della morte i viventi niente sanno e niente possono sapere. Neppure possono trarre notizia dalla morte degli altri. Il morire è esperienza totalmente propria di chi muore, e non può mai essere, in alcun modo, esperienza del vivente. È un nostro annientamento, annulamento. È un nostro diventare niente. Sarà di noi dopo la nostra morte lo stesso che è già stato prima della nostra nascita.

Penso al giorno che tutto di me sarà scomparso. Senza rimpianti mi allontanerò in silenzio. Leggera...

 
Rispondi al commento:
zag.reus
zag.reus il 03/06/14 alle 20:21 via WEB
Per “visione” intendo non qualcosa di celestiale, ma un modo di vedere, di pensare l’esistenza. Per la nostra civiltà la morte e il nulla sono l’evidenza suprema, come anche tu dimostri nella tua risposta, ma in realtà sono solo una fede, un mero credo. È ingenuo pensare che esista una vedere oggettivo, una visione puramente retinica. La vista è sempre orientata da una teoria e non a caso nel greco antico theorein significa sia guardare, osservare, assistere a qualcosa che meditare, teorizzare. Già a quei tempi, però, ci fu chi mise radicalmente in discussione questa visione dei “mortali dalla doppia testa”, come chiama gli uomini il primo gigante della filosofia, Parmenide da Elea, mostrando le basi drasticamente irrazionali di tale pensiero-visione. In epoca moderna un altro grande pensatore ancora vivente, Emanuele Severino, ha ripreso e rimesso quella fondamentale lezione su basi ancora più solide e profonde. Anche il celebre epistemologo Karl Popper chiamava scherzosamente Einstein con il nome di Parmenide, perché diceva che la sua teoria fisica corrispondeva perfettamente con quella filosofica dell’antico pensatore. Einstein non si è mai ribellato al nomignolo affibbiatogli, anzi…
 
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