Zagara&Pepe

Robe d'acqua ed altri liquidi


Siam fatti d'acqua per il settanta percento, almeno così si dice, ed è forse per questo che io con l'acqua c'ho un rapporto speciale, da quando son nato, perché son d'acqua le storie di lago che ho raccontato, e poi d'acqua eran le rogge padovane ed infine d'acqua è il mare tutt'attorno a quest'Isola che mi contiene.
E lo so bene che la differenza fra un fiume e un lago e un mare non sta tanto nel "quant'acqua raccoglie", anche se, a pensarci bene, quando ti metti al fiume, o al lago, quell'altra sponda, l'universo parallelo eppure irraggiungibile, ti par più vicino; lì, appunto, sull'altra sponda che ad allungar la mano ti sembra di poterla toccare.Ed invece nel mare c'hai un bel aguzzare d'occhi. Quella linea che ti appare è sempre più simile ad un-limite-uguale-infinito, che si tinge d'azzurro, o verde, o rosso, o viola, a seconda dell'ora che ti ha chiamato a guardarla, con gli occhi persi ed i pensieri che vanno e vengono come le onde sulla risacca, a volte leggeri altre gonfi di tempesta.Ecco cos'è che confonde: il mare, col suo limte-uguale-infinito non risponde. Tu ci parli, ci fai domande e quelle partono per un limite, appunto, o, a volte, per la tangente, chè tanto un punto sei ed un punto rimani.Sul lago o sul fiume se alzi la mano par che dall'altra parte ci sia qualcuno che vedendoti, possa rispondere al tuo gesto, al tuo saluto:-"Ooooè!!"- come quando lo facevi dalla riva alla barca di tuo zio, ch'era fuori a pescare, sul lago appunto, e lui, a quel gesto ed a quel grido rispondeva allo stesso modo. Ed erano poche solide bracciate, colpi di remo, che te lo riportavano accanto, ed allora salivi, su quella barca che subito ripartiva per un poco più in là dalla riva.Erano belle mattine quelle, o più spesso, tramonti, passati così, con la canna in mano e lo zio che ci attaccava i vermi all'amo che a te facevano schifo. Ma ti piaceva passare quel tempo con lui che a volte ti parlava delle barche e navi che costruiva e dei posti e dei mari che poi solcavano e tu, su quella piccola barchetta, sognavi posti e crociere che non avresti fatto ne allora ne mai. E posti che non avresti visto, ma come un Salgari in miniatura, fantasticavi e raccontavi agli amici, poi, quelle stesse storie con tutti i particolari e le invenzioni che la tua fantasia ti avrebbe regalato.Me lo ricordo bene quel mio zio che mi portava a pescare e lui che pescava davvero, come quel famoso luccio che ne mangiammo per una settimana, tutti assieme.Perché lui che le barche le costruiva di cose d'acqua ne sapeva. Mica storie camuffate come quelle che si leggono oggi sui giornali. Storie semplici però vive, e vere, o almeno con quel tanto di verità dentro da farle diventar verosimili, ai miei ricordi ed alla mia infanzia.Ora si dirà che d'acqua ne è pieno il corpo, per il settantapercento almeno, o il mondo, che, perlopiù ne è ricoperto.Erano dunque cose liquide che ci tenevano uniti, come quel rito, iniziato più tardi, anzi, in più tarda età, che compivamo ad ogni riunione, invero sempre più rada vista la mia distanza, lasciata quella Città. Ci trovavamo e dopo un lungo abbraccio scendeva in quella sua cantina a prendere una bottiglia di quel Riesling bianco, frizzante e fresco, che apriva solo in mia presenza e che comprava solo per noi, ed allora ci sedevamo a raccontarci un poco, con due bicchieri davanti, ed era solo alla fine della bottiglia, che finivano i nostri racconti.Vorrei che capitasse a voi d'avere un parente o un amico che v'apra una di quelle bottiglie, solo per voi, e per raccontarsi e farvi raccontare, seduti al fresco di una pianta, perché anche se oggi lui rema in laghi troppo distanti da poterlo vedere, io so d'aver pescato con lui e poi bevuto, e raccontato e fattomi raccontare.E' così che noi passiamo per queste strade, e credo che non ci sia ricordo più bello da lasciare della voglia d'alzar al cielo un bicchiere colmo e fresco, con gli occhi un po' velati di malinconia, ed una voce un po' incrinata che dica, fra un sospiro ed un mezzo sorriso:-"alla salute. Zio"-