Zagara&Pepe

Un Lavoro d'Autunno (Capitolo VI)


L'amore nasce dunque dal pensare all'altro come se fosse quello che si vorrebbe. Gioacchino in quel momento pensava, ormai senza alcun freno della ragione. Fantasticava, con la mente volava, era alla gelateria, guardava Elena, anzi le parlava. Lei gli sorrideva e lo ascoltava, con quella sua aria allegra, con quegli occhi limpidi. Lui le sfiorava la mano e lei non la ritraeva. Dio come impazziva il suo cuore! Erano anni che non pensava così ad una donna. Dai primissimi anni delle superiori, quando s'era innamorato di una compagna, Margherita. Era quella che tutti avrebbero detto -" la più brutta"-
o, per essere gentili -"...la meno carina" Le sopracciglia folte che si univano quasi sulla fronte, il labbro inferiore sporgente un poco leporino, il naso schiacciato e gli occhiali spessi. Era la più brava di tutte però in classe. Per schernirla, di nascosto, la chiamavano "secchiona" ch'era un modo in più per emarginarla. Ma poi tutti la cercavano quand'era il momento di copiare. Gioacchino la guardò per giorni e giorni, seduta al suo banco. Nell'intervallo sedeva con le due amiche del cuore, che per quello strano gioco delle complicità femminili, erano anche le più belle di tutta la scuola e di questa amicizia lei traeva i vantaggi del sentirsi attorniata dai cento ragazzi che la volevano conoscere per arrivare alle altre due. Lei ancora che non aveva scoperto il fine di quel gioco, si sentiva particolarmente attraente e, per questo, un po' spocchiosa. Una mattina Gioacchino si sedette accanto a lei ed iniziò a parlare. Non era molto bravo a conversare. Lui che non aveva amici neppure fra i compagni. Lo chiamavano "Gufo" o anche "Civettone" per via di quegli occhi grandi e di quel naso aquilino, per via, forse di quegli occhiali spessi, come i suoi, come quelli di lei. -"pensi che ti sia anda
to bene il compito di latino?"- lui le chiese dopo aver atteso un bell'attimo in silenzio. Lei lo guardò come sorpresa che le avesse rivolto la parola:-"si, penso di si, sicuramente"- rispose lei con tono un po' altezzoso. -"A me piace la matematica....- s'interruppe, le frasi uscivano a fatica dalla bocca di Gioacchino, arrossì d'un tratto e poi disse di filato -"...studieresti con me qualche pomeriggio?"- lei si voltò, lo guardò con l'aria più stupita del mondo. Smise persino di masticare, poi rispose gelida -"ma ti sei visto bene? Neanche se fossi l'ultimo essere vivente di questa terra!"- si alzò e corse a confabulare con le amiche. Di tanto intanto tutt'e tre lo guardavano e ridevano. Rosso in viso con le tempie che gli scoppiavano, scappò in bagno. Si presentò in classe che l'intervallo era già finito da un pezzo. Il professore lo rimproverò, stupito, ché da lui non se lo sarebbe mai aspettato.
Gioacchino aveva il capo abbassato ed approfittò di quella posizione per arrivare al suo posto senza guardare in faccia nessuno, principalmente lei. Fu quella l'unica volta che Gioacchino, prima d'allora, aveva ascoltato il suo cuore. Poi per vent'anni, l'aveva nascosto dentro ad una gabbia, matematicamente chiusa.(CONTINUA...........)