Zagara&Pepe

Incontri


S’era fatto tardi e lo sapevo, però sapevo anche di doverci passare, le dovevo portare quelle cose, le avevo acquistate appositamente per lei.Le servivano ed io lo sapevo.Ci pensavo mentre nel traffico  cercavo una via più rapida, che tagliasse gli ingorghi di quel fine pomeriggio mescolato ormai alla prima serata.Aprii il finestrino sentendomi subito avvolto da una ventata di zagara. Ti colpisce la zagara con il suo intenso profumo.  Sboccia con l’inizio di primavera e tu sentendola lo sai che la stagione è cambiata, che l’inverno fattosi vecchio ha lasciato posto scalzato dall’incedere del tempo che si rinnova.Ti sorprende la zagara perché anche se l‘hai sentita soltanto dodici mesi prima non è mai come quella di prima, o forse sono solo le tue sensazioni che si son fatte diverse. Più vecchie d’un anno. E ti commuovi un poco con una lacrima che sa di vecchio.Ma tutto questo non può accadere in questa sera, no perché questa sera lei mi sta aspettando. Ci conosciamo da poco, ore più che giorni, eppure, in quelle sfumature di tempo  rubate in poco tempo sento che già qualcosa di lei mi ha pervaso dentro.Non m’era parsa così la prima volta che l’avevo incontrata, una fra le tante. Così m’era sembrata eppure in un non so che di quel tempo, sempre quello, avevo deciso ch’era tempo di darle una seconda opportunitàLa rividi pochi giorni dopo e qualcosa mi convinse a fermarla.Stanchezza, pensai. La mia.L’avevo pensata nelle ore seguenti. Avevo cercato una ragione fra mille per poterla rivedere. Un motivo che me la facesse preferireNo, non che cercassi di farmela piacere per forza, sia chiaro, cercavo di capire il motivo, il perché del mio pensiero che le si rivolgeva.Avevo iniziato a prendermi cura di lei a farle regali. Piccole sorprese perlopiù, però mi piaceva quel suo modo di accoglierli, illuminandosi fino agli angoli più nascosti. Era iniziata così la nostra intimità. Fra un profumo di zagara ed un filo di luce.Con quei toni di bianco che le stavano addosso d’incanto e le vampe di rosso che le disegnavo a tratti nella mia immaginazione. Rosso a sprazzi, s’intende, nulla d’invadente. Niente di definitivo.Amavo quel bianco che si macchiava di tratti di porpora. Amavo quel suo ammantarsi di vermiglio che ne mascherava l’espressione.Amavo quell’amore che si paventava  in piccoli gesti, in sorsi di attenzioni.Mi sorpresi a carezzarne i profili con le dita, un giorno, e poi ancora il giorno dopo e ancora quello appresso.Mi sorpresi anche della mia stessa sorpresa, che non ci sono parole a volte troppo profonde o troppo leggere. Si conosce con le dita, con l’olfatto, coi sensi lasciati liberi di confondersi.Venivano con la zagara i miei pensieri e s’affollavano con i profumi mentre accostato al marciapiede scendevo dalla mia auto. E sentivo l’abbraccio della zagara e quell’abbraccio sembrava anticipare soltanto di poco il suo. Il tuo.Morbido, caldo, dolce. Il profumo di zagara sa d’amore, ti prende alla testa, ti invade, ti pervade annullando ogni altro profumo attorno. Sovrasta, ordina, comanda, la zagara. Come l’amore.Misi la chiave nella toppa. Mi faceva uno strano effetto avere quelle chiavi. Le sue. Percorsi il lungo corridoio fino all’ascensore. Schiacciai il tasto per la sua chiamata. Lessi i piani mentre la cabina scendeva, come facessi il conto alla rovescia. Come se quello non fosse soltanto un ascensore ma la mia navicella, come se il tragitto non fosse una breve salita ma il lancio verso un altro mondo. Lontano. Il più lontano possibile. Da tutto.Salii col fiato quasi trattenuto.Sapevo che m’aspettavi. Avevo preso per te quello che il cuore mi aveva detto che desideravi.Giunto sulla soglia trovai ad aspettarmi il “nostro” zerbino. Due orsetti abbracciati.Lo scatto della porta e poi subito dentro. Oltre la soglia. Assieme a te. Dentro di te.In un silenzio che mi sembrò d’infinito, girai le stanze, una ad una. Eri tu. Ero io. Davvero assieme. In quelle stanze appena dipinte dove soltanto noi avremmo scritto una nuova storia. La nostra.Ero solo io, con te. Ed eri soltanto tu. Per me.  Piccola, nuova, casa. Mia