Zagara&Pepe

TUTTE LE STORIE DEL MONDO - cap II


Ero seduto da qualche minuto sul bordo della fontana, la ragazza bionda con i bellissimi occhi azzurri aveva ripreso il suo strumento ed aveva ricominciato a cantare. Non era però una canzone ma, per meglio dire, un suono in cui le note e la voce si mescolavano, si fondevano in un'armonia che non avevo mai sentito. Era suono puro, era come se tutti i suoni che avevo sentito sino a poco prima non avessero che una parte di quello che stavo udendo. Come se fosse la somma di tutti i suoni e di tutte le armonie del mondo. Ogni tanto mi guardava con il suo sguardo dolce e sorridente ed io mi sentivo rapito da quegli occhi chiari eppure capaci di un'intensità ed una forza mai provati. Era come se quello sguardo fosse in grado di leggermi dentro, di trapassare ogni mio pensiero, di darmi calma, fiducia. Senza che io me ne potessi accorgere nel giardino lì intorno accadevano mutamenti meravigliosi. Sbocciavano fiori, gli alberi muovevano rami e foglie come ad accompagnare quel canto. Io però questo non lo vedevo, rapito da quel suono e da quello sguardo. Guardai lo strumento, con il quale la ragazza suonava, non ne avevo mai visto uno simile.. Sembrava una chitarra, nel senso che come una chitarra aveva una cassa armonica e le corde che però erano otto dorate e scintillanti, il manico era stretto e lungo, più lungo di almeno una buona metà rispetto al normale. Quello che mi meravigliò maggiormente fu il decoro della sua cassa. Tutto il fondo dello strumento era finemente inciso di figure, di uomini, donne, di paesaggi. Come nei disegni che avevo visto lungo il corridoio che m'aveva portato in quel giardino. -"Che strano strumento- dissi ad un certo punto - e che strane corde dorate..."- -"Sono d'oro"- rispose la ragazza con naturalezza poichè, pur continuando a suonare, aveva smesso di cantare. Mi porse lo strumento e disse: -"sono le sette fasi dell'uomo - ed indicandole le nominò - la nascita, l'infanzia, la fanciullezza, l'adolescenza, la maturità, la vecchiaia, la morte"- -"ma le corde sono otto!- esclamai -"questa è la corda del destino, che suona con tutte le altre, sempre, in ogni stagione. E' la corda di ciò che accade, di ciò che muta ogni piano, ogni progetto, la corda del fato"- -"e come si chiama questo strumento? Non ne ho mai visto uno uguale in vita mia?"- la ragazza mi guardò con un sorriso che s'era mutato in leggera ironia -"pensi davvero che tutto ciò che esiste debba per forza avere un nome, o solo un nome? Non credi che possa bastare, a volte, sapere prima a cosa serve? I nomi, a volte, sono dentro le cose e cambiano a seconda delle situazioni o delle stagioni- si alzò facendomi cenno di seguirla. Si avvicinò ad un fiore, uno splendido tulipano. -"vedi questo fiore? Noi oggi lo chiamiamo tulipano, eppure, prima d'essere fiore è stato seme, bulbo, germoglio. Credi che in ogni fase sia sempre stato qualcosa di diverso, perché diverso era il suo nome o che pure ci sia sempre stato un tulipano dentro di sé"- La guardavo affascinato, rapito da quello strano discorso. Ripresi lo strumento e passai un dito sulle miniature ed i bassorilievi della cassa -"sono bellissimi...chi li ha fatti?"- domandai -"La pazienza ed il tempo degli uomini"- mi rispose. -"Per fare questo strumento ci sono voluti molti e molti mesi, e prima che il lavoro iniziasse ci sono voluti anni per far crescere l'albero che ha donato il suo legno per farsi lavorare, e prima ancora molti e molti anni di più per formare i minerali che, forgiati, hanno permesso di creare gli utensili per tagliare, incidere e lavorare. Questo lavoro è fatto dal tempo e dalla passione degli uomini"- I miei occhi non riuscivano a staccarsi da quelle miniature. Mentre la ragazza parlava sentivo scorrere dentro di me come un flusso incontenibile, il passare delle ere geologiche, quelle che avevano formato i metalli, la scoperta del fuoco e della lavorazione degli utensili, il crescere degli alberi ed il mutare delle stagioni, e sentivo migliaia e migliaia di battiti, un martellio incessante che mescolava gli attrezzi dei cesellatori ai loro cuori, che univa il lavoro delle loro mani a quello della passione per il loro lavoro, per un risultato che doveva sembrare mirabile anzitutto ai loro occhi, ed emozionare i loro cuori. La ragazza riprese a parlarmi -"Oggi non c'è più tempo per le cose, ogni istante viene bruciato dal successivo in un ritmo incalzante che non permette tregua. Si vorrebbe sempre più tempo e sempre ci si lamenta di non averne abbastanza, ma anche se ci fosse più tempo, questo servirebbe per fare altre cose ancora, non per fare meglio quello che si sta facendo"- -"Oggi non c'è più rispetto per il tempo- continuò la ragazza -una volta, quando il tempo passava, portava agli uomini la saggezza, oggi porta solo la solitudine. Da quanto non ascolti raccontare un anziano? - mi chiese - o non fai a lui qualche domanda sulle cose che ha visto, magari in tempi lontani? Come fai a conoscere il mondo di oggi se non sai cosa è successo ieri?- riprese lo strumento e, guardandolo, mi disse -"questo strumento ti è piaciuto, ma non sarebbe esistito se prima di lui qualcuno non avesse imparato a forgiare il metallo, a costruire gli utensili, a lavorare il legno, se non avesse provato, magari per anni, passando per chissà quanti insuccessi, a piegare la fibra del legno, a provare a dargli una forma che sapesse suonare. Oggi tu sei convinto che ogni cosa esista in sé e così perdi il vero valore di quella cosa che è la storia della sua origine, lo studio, il lavoro impiegato per portarla a compimento, per farne l'esemplare primo. L'idea originaria, il sogno, sono valori che svaniscono quando compri un oggetto che scopri replicato in migliaia di pezzi, tutti uguali, ed allora pensi che siano le macchine a produrre le cose, mentre dietro ad ogni macchina, dietro ad ogni cosa, c'è l'idea, il sogno di un uomo."- Riprese lo strumento e pizzicò assieme la prima e l'ottava corda, la nascita ed il fato. Aprì la bocca ed emise un suono dolce e soave. Riapparve allora il bambino che mi aveva aperto il portone, in un angolo di prato iniziò a danzare. Quella musica sublime si spandeva nell'aria e riempiva di magia ogni parte del giardino. I fiori si cullavano a quelle note e gli alberi rispondevano a quel canto con sommessi rumori di foglie. Senza smettere di cantare la ragazza mi guardò fissa negli occhi ed incrociando il suo sguardo sentii la sua voce nascermi dentro. -"Il tempo.....- mi diceva quella voce -......tutto nasce dal tempo. Le piante nascono da un seme e il seme è già pianta prima che sbocci il germoglio. Anche l'uomo nasce dal seme, e tu, figlio di uomo, generato dal seme sei dunque una specie non troppo dissimile da una pianta"- Sentii la musica crescere tutt'attorno, eppure era sempre e solo il solito strumento a suonare e solo la sua voce che cantava. D'improvviso mi parve invece che tutto il giardino cantasse con lei che ogni pianta ed ogni fiore intonasse quella melodia -""l tempo matura la pianta e fa del seme un bimbo e poi un fanciullo, quindi un ragazzo e poi un uomo"- la musica s'era fatta assordante, il bambino danzando roteava ormai vorticosamente -"ecco che tutto s'appresta, il tempo sta per essere fermato"- continuò sinuosa la sua voce a parlarmi dentro, poi con tono appena più concitato -"il momento è arrivato! Sei pronto per la prima storia!"- In un istante tutto lì attorno tacque. Mi ritrovai in uno spazio indefinito, attorno a me non c'era più il giardino solo un palmo di terra, o poco più, coperto appena di neve. -"Incredibile!- dissi -la neve in questa stagione!"- guardai la ragazza, era in piedi accanto a me, mi prese per mano e mi condusse vicino a quella terra, la guardò sorridente e d'incanto si videro sbocciare fra le macchie bianche di neve, dei teneri bucaneve e delle primule gialle. Guardai la ragazza con gli occhi sgranati, lei mi sorrise ed indicò un punto non troppo lontano dove stava comparendo una strana scena.