Repetita iuvant (o juvant? continuo ad avere più dimestichezza col russo che col latino...)E' una fortuna avere chi ti dice cosa pensare, la mattina. Almeno uno non deve prendersi tutta intera la responsabilità delle cazzate che pensa.Continuo a notare che viene rivendicata come una nota di merito l'autoproduzione (e dunque la presunta "originalità": che salto logico ardito, però....) del pensiero. Più o meno come il vino del contadino, che è genuino anche quando è imbevibile. Ma ritengo utile ripetere (tanto, qui, di gente che ripete i concetti all'infinito è pieno....) che il fatto che quello che uno esterna sia il prodotto esclusivo della sua testolina non è necessariamente una nota di merito. Se quello che pensi, lo ripeto, è una banalità sconfortante, o una minchiata solenne, il fatto che l'hai prodotta tu non depone a tuo favore.Nel medesimo post in cui esprimevo questi concetti, esprimevo contestualmente incondizionata ammirazione per quelle figure, incontrate nella breve ma intensa stagione della mia militanza politica, che alle riunioni tacevano, tacevano, tacevano. E ascoltavano. E poi erano i più attivi. E se erano in dissenso dalla linea del partito lo dicevano sommessamente, a margine, quasi vergognandosi. Mi è stato detto che così facevano per timore che il loro dissenso venisse perseguito. Ahimé. i tempi della mia militanza non erano quei tempi gloriosi, sono tempi più recenti, in cui regna il relativismo, in cui il dissenso è (udite udite) perfino tollerato. Ho sentito gente, alle riunioni di partito, dire cose che forse sarebbero suonate di destra in una sezione di AN, e non sono state cosparse di pece. Ho sentito, e ciò suona ancora più incredibile, dire cose di sinistra, e ugualmente non sono scattate punizioni fisiche o morali. No, non tacevano per paura. Tacevano perché, a differenza di tanti, eran convinti di non avere nulla di particolarmente interessante da dire. Tacevano perché erano (veri) saggi.
Post N° 7
Repetita iuvant (o juvant? continuo ad avere più dimestichezza col russo che col latino...)E' una fortuna avere chi ti dice cosa pensare, la mattina. Almeno uno non deve prendersi tutta intera la responsabilità delle cazzate che pensa.Continuo a notare che viene rivendicata come una nota di merito l'autoproduzione (e dunque la presunta "originalità": che salto logico ardito, però....) del pensiero. Più o meno come il vino del contadino, che è genuino anche quando è imbevibile. Ma ritengo utile ripetere (tanto, qui, di gente che ripete i concetti all'infinito è pieno....) che il fatto che quello che uno esterna sia il prodotto esclusivo della sua testolina non è necessariamente una nota di merito. Se quello che pensi, lo ripeto, è una banalità sconfortante, o una minchiata solenne, il fatto che l'hai prodotta tu non depone a tuo favore.Nel medesimo post in cui esprimevo questi concetti, esprimevo contestualmente incondizionata ammirazione per quelle figure, incontrate nella breve ma intensa stagione della mia militanza politica, che alle riunioni tacevano, tacevano, tacevano. E ascoltavano. E poi erano i più attivi. E se erano in dissenso dalla linea del partito lo dicevano sommessamente, a margine, quasi vergognandosi. Mi è stato detto che così facevano per timore che il loro dissenso venisse perseguito. Ahimé. i tempi della mia militanza non erano quei tempi gloriosi, sono tempi più recenti, in cui regna il relativismo, in cui il dissenso è (udite udite) perfino tollerato. Ho sentito gente, alle riunioni di partito, dire cose che forse sarebbero suonate di destra in una sezione di AN, e non sono state cosparse di pece. Ho sentito, e ciò suona ancora più incredibile, dire cose di sinistra, e ugualmente non sono scattate punizioni fisiche o morali. No, non tacevano per paura. Tacevano perché, a differenza di tanti, eran convinti di non avere nulla di particolarmente interessante da dire. Tacevano perché erano (veri) saggi.