Zimo & il Fantabosco

Post N° 196


Oggi ho lasciato la mia casa.Sono andata quando le coinquiline non c'erano, ho raccolto le mie cose, ho riempito lentamente gli scatoloni, mi sono guardata in giro per vedere se c'era ancora qualcosa di mio e poi ho caricato tutto in macchina.In silenzio, senza dire nulla e senza pensare a nulla.Sola e silenziosa, come sono arrivata, me ne sono andata. Senza disturbare nessuno e senza chiedere aiuto. Mi sono fatta i miei buoni quindici viaggi di roba fino alla macchina, ho messo in ordine la casa e sono andata via. Quando ho spento la luce e tirato la porta, lasciando le chiavi dentro, ho sentito un odore di rabbia e tristezza provenire da chissà dove intorno a me (forse anche perchè, dopo tutti quei pesi su e giù per la scale, puzzavo come uno scaricatore di porto moldavo).Ma la verità è che dopo tre anni quel posto mi mancherà come l'aria. Si, accidenti, è solo una casa, non ci si può affezionare ad un oggetto. Ma sai, caro Fantabosco, lì ci ho passato momenti bellissimi della mia vita. Ho riso, scherzato, litigato, creato... ricordo ancora la prima volta che abbiamo studiato insieme io, Elisa, Anna, Riccardo, Giorgio e Luca. Che risate! Esame di Fisica Medica. Gennaio 2002. Io prendevo per il culo Riccardo per la sua tossetta nervosa e tutti ridevano, ci trovammo simpatici e da lì nacque una grande amicizia. Che ha tutti i presupposti per non finire più. Il giorno in cui invitai Ambra a pranzo e le cucinai le scaloppine al vino bianco e lei andò in giro per tutta l'università a dire che sono una maga ai fornelli. Il giorno che è venuta Barbarina a vedere la casa con suo padre; mentre parlavo con lui di bollette e contratti, lei guardava le foto appese al muro e, notandone una in cui fumavo una ciusba, mi sorrise ed io le feci l'occhiolino; inutile dire che in quel momento preciso aveva già vinto il totocoinquiline e che non facemmo più vedere la stanza a nessun altro. Le feste. Tutte, ma specialmente quella anni 70, o quella indiani e cow boy. Le cene con Michele, Sandro e Alessio. I pranzi con tutti gli amici, 30 persone che cercavano di accaparrarsi una sedia e mangiavano insieme la pasta preparata da me. Andrea che mi veniva a citofonare la mattina alle 7 (due ore prima di lezione) con la scusa di dormicchiare un pò sul divano e poi invece parlavamo sempre per ore. Riccardo che veniva a cena, si ubriacava e non riusciva più a fare i 300m per tornare a casa sua. Le serate tra coinquiline a ridere come matte fino alle 2 e il giorno dopo c'era lezione. I disegni sui muri...Mille altre cose potrei raccontare. Ma mi fa male adesso. Adesso non riesco a ricordare.Ho chiuso quella porta e me ne sono andata. Ho imboccato la superstrada, ho spento la musica ed ho pianto in silenzio, ascoltando le mie lacrime. Ho pianto prima compostamente, poi con disperazione profonda, poi ho mandato un messaggio a Barbara. Lei mi capisce, lei sa. Le ho detto solo "mi mancherai troppo" e lei "non farmi piangere". Ho fatto tutta la pontina fino a Latina così, a pezzi, forse non ancora rendendomi conto di cosa voglia dire non avere più casa e non dormire più nella stanza con Barbarina.Un ciclo della vita si chiude. Un ciclo lungo e bellissimo. Un'era oserei dire. Tutto finisce e ad ogni fine segue un inizio. Ad ogni inizio deve per forza coincidere una fine. Io ho ricominciato daccapo milioni di volte. Sono un pò stanca, ma in fondo apprezzo la forza di chi sa risalire. Ed io sono sempre rimasta a galla (da buona stronza...).Stasera non mi ubriacherò, non fumerò, non prenderò calmanti e nemmeno una camomilla. Soffrirò tutto il mio dolore e la mia sindrome da abbandono, darò sfogo a tutta la mia bipolarità e continuerò ad essere come mi sento. Non mi voglio stordire per nessun motivo. Voglio essere lucida. Abbandonarmi ad ogni emozione bella o brutta che sia per poi sentire che tutto questo è vita. E continuare ad andare avanti.Un giorno dopo l'altro.