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Io sono leggenda


Io sono leggenda Con I Am Legend Will Smith si conferma l'attore più prolifico al botteghino, facendo
segnare oltre settantasei milioni di dollari di incasso nel primo week-end di programmazione negli Stati Uniti. La pellicola di Francis Lawrence (già autore di Constantine e di decine di videclip per popstar come Jennifer Lopez e Britney Spears) è l'ennesimo adattamento del romanzo di Richard Matheson dopo L'ultimo uomo della Terra di Ubaldo Ragona del 1964, 1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra di Boris Sagal del 1971 e 28 giorni dopo di Danny Boyle del 2002. Il soggetto è di certo intrigante così come la prospettiva di ammirare una New York abbandonata, attraversata da animali della savana durante il giorno e da sanguinari predatori delle tenebre di notte. La narrazione però non riesce ad essere incisiva e il ritmo della pellicola e tutto nei pochi ma spettacolari scontri tra Smith e i "vampirizzati". Francis Lawrence però non si accontenta dell'aspetto visivo ed è deciso a toccare con forza le corde del sentimentalismo: il solitario virologo dell'esercito Robert Neville dovrà infatti dire addio alla sua famiglia, fallire un numero infinito di volte la formula per il siero, uccidere di proprio pugno l'amato pastore tedesco e tentare un inutile suicidio contro un'orda di vampiri affamati. Will Smith risponde bene con un'interpretazione convincente ma è Lawrence che rovina il suo lavoro esagerando con la melassa (scomodando con facile retorica anche l'indimenticabile Bob Marley) e la tensione emotiva non richiesta rischia di trascendere in un dramma stucchevole. Il confronto con il precedente film di Danny Boyle del 2002 è d'obbligo. L'abilità tecnica dell'autore inglese è di certo superiore rispetto a quella del collega nato a Vienna ma è l'intera ideazione di I Am Legend che è troppo pretenziosa: i toni epici e l'esibito tema della solitudine non colmano una storia che troppe volte tenta di andare oltre se stessa senza riuscirvi. Se ci si fosse accontentati di non puntare sulle doti drammatiche di uno Smith in stile La ricerca della felicità e di farne un action-horror come Blade II forse i risultati sarebbero stati più esaltanti.