zona a rischio

Anna Karenina


Anna Karenina
In uno spettacolo ideato e realizzato in Italia, interpretato da una compagnia italiana e prodotto a Modena dall'ERT, il sempre vivacissimo organismo pubblico regionale emiliano-romagnolo, Eimuntas Nekrosius ha affrontato la densa vicenda di Anna Karenina: in che modo il regista lituano, che è uno dei talenti più fibrillanti e visionari del teatro odierno, ha potuto accostarsi alla ramificata architettura realistica delle pagine di Tolstoj? Lo ha fatto, ovviamente, alla sua maniera, dilatando, contraendo, ingrandendo a dismisura certi dettagli insignificanti e ponendo in secondo piano delle componenti all'apparenza fondamentali.Come sempre, Nekrosius segue scrupolosamente l'andamento del racconto, e al tempo stesso se ne discosta per osservarlo come da lontano. Ne mantiene l'ossatura narrativa, ma la precipita in un clima onirico, febbrile, dove tutti i personaggi hanno qualcosa di dolente e di sinistro, dove ogni gesto assume un che di ripetitivo, di allucinato. Alle figure tratteggiate dall'autore egli aggiunge una presenza indicata come Destino, ricalcata sul minaccioso ometto che appare in sogno sia ad Anna che al suo amante Vronskij, terrorizzando entrambi come un fosco presagio: un individuo un po' buffo e un po' diabolico, che tesse attorno a loro oscure trame.Al solito, il regista prosciuga il contesto ambientale, una sorta di arena, e punta sulle immagini metaforiche, sugli oggetti, sulla materia: spiccano i cinque tamburi che si trasformano, all'inizio, nelle ruote di un invisibile treno, e svelano sull'altro lato i quadranti di enormi orologi, emblema di una macabra lotta contro il tempo, e poi i pattini affilati ossessivamente, o la lavagnetta la cui polvere di gesso solleva una minuscola tormenta di neve. Il suicidio finale è folgorante: un uomo dall'ampio cappotto lo apre mostrando i fari accesi di una locomotiva. Anna gli si fa incontro, lui l'avvolge nel cappotto stringendola in un mortale abbraccio.Trasformati in grotteschi fantocci viventi, marionette tragicamente caricaturali, gli attori sono tutti imprigionati nelle movenze esagitate di chi cerca invano di sottrarsi al controllo di un fato ineluttabile. È l'aspetto più delicato del lavoro di Nekrosius: ai suoi discepoli lituani riesce infatti naturale, quelli italiani faticano a trovare la misura. Salvo un paio, Paolo Musio, Paolo Pierobon, il silenzioso Alfonso Postiglione, gli altri tendono a esagerare in smorfie, falsetti, strabuzzamenti d'occhi. La stessa Mascia Musy, che pure è una brava attrice, sembra ostentare qualche eccesso di zelo nell'adattare la sua Karenina alle richieste del regista.Lo spettacolo in tournée di renato palazzi