zonedombra

MAMMA...


Da piccola adoravo mia madre, la sua forza, la sua creatività, l'amore per la vita che sapeva trasmettermi. Nonostante fosse molto impegnata a livello lavorativo, non mancava mai una carezza, un abbraccio rassicurante. Tutte le sere leggeva una favola e mi proiettava in mondi fantastici. Le sue parole erano piene di speranza, quando mi confrontavo con lei potevo fidarmi e riusciva sempre a risollevarmi dandomi la certezza che, in ogni caso, avrei superato tutto egregiamente. Era, ai miei occhi, la mamma perfetta e pensavo che nulla l'avrebbe mai messa in ginocchio. Era, ai miei occhi, un punto saldo, un punto di riferimento. Poi, crescendo, ho imparato a conoscere anche la donna...non solo la mamma. Sono affiorate le sue debolezze, le sue paure, le sue parti ambigue, le lacune. Con la mia crescita personale e con il lavoro che faccio, ho iniziato a vedere i suoi meccanismi, le strategie relazionali funzionali o meno con cui ha legato la nostra famiglia. Ciò che mi ferisce maggiormente è che lei conosce una sola parte di me, la parte dicibile, quella brava e responsabile...o almeno che tenta di esserlo. E quello che conosce di me, a parole le piace ma a pelle...sento che non è così. Ci sono delle note stonate nel nostro rapporto di madre e figlia. Tenta giustamente di mantenere il suo ruolo di mamma non coinvolgendomi nelle decisioni, nel suo modo di gestire la famiglia...però quando incappa in problemi grossi, quando è troppo stanca, quando ha preso una decisione sbagliata...chiama me (e se non lo fa lei ci pensa mio padre). Allora mi trovo a dover risolvere problemi che, a mio modo di vedere, sarebbero stati evitabili. Allora devo giocare con estrema cautela le mie carte per essere d'aiuto ma senza prevalicare sul suo ruolo, senza farla sentire inutile o inadatta al compito. Ma tutto ciò è superabile...la mia difficoltà maggiore sta nell'affrontarla e sostenerla quando si trova nei drammatici momenti di crisi esistenziale: quando è stanca, quando si sente sola con tutte le responsabilità e decisioni da prendere, quando non riesce a trovare un dialogo costruttivo con mio padre, quando si sente abbandonata da noi figlie, quando si lamenta di come sta andando la sua vita e urla e piange e poi si scusa. Se mi capitasse di avere una cliente così, che venisse a chiedermi una seduta di Counselling, non avrei problemi nel darle un aiuto. Il problema qui è che sono coinvolta anch'io...e si sa, nessun terapeuta/psicologo/counsellor o altro può e dovrebbe lavorare su casi personali nei quali è emotivamente coinvolto. Con mia madre devo fare la figlia. Ma fare la figlia è molto più difficile che fare la terapeuta. Non si analizza la situazione da fuori, qui ci si è dentro, si è confrontati con le emozioni, con i propri vissuti, i pregiudizi e chiaramente anche con le proprie opinioni. Mia madre non è pazza...è semplicemente sovraccarica di lavoro. Basterebbe che ne fosse consapevole e che iniziasse a darsi dei limiti, magari delegando, magari non continuando a prendere sulle sue spalle tutto come se fosse indispensabile. Lavora come capo reparto in un settore di Management in una fabbrica farmaceutica non al 100% ma al 150%. Ha una casa grande da tener pulita, lava e stira per 4 persone, si occupa di mia sorella che ha la sindrome di Down e amministra l'azienda in proprio di mio padre. Poi si occupa di mia nonna, alcune ore a settimana insegna religione protestante in una scuola elementare, fa dei corsi di aggiornamento per la sua professione. Insomma...non dedica un minuto a sè stessa. E poi arriva all'esaurimento, comprensibile. La soluzione è lì, chiara come l'acqua: delegare (una donna delle pulizie e che stiri, andare via dal lavoro ad un orario decente e non stare fino alle 19.30, prendere una segretaria per mio padre, chiedere aiuto ai suoi 5 fratelli/sorelle per le questioni legate alla nonna, parlare con noi...coinvolgerci e non tenerci fuori fino a quando scoppia,...). Ho tentato più volte di darle questi imput, ma li ha presi sempre male, come se il messaggio fosse "non ce la fai, sei debole..." quando invece il messaggio era "facciamo insieme, aiutiamoci...". Così continuo ad assistere al suo malessere, alla sua salute sempre più delicata, ai suoi atteggiamenti aggressivi, ai suoi pianti. E mi ritaglio dei giorni liberi per andare a casa dei miei e stirarle un po' di roba, fare un po' di pulizia, preparare la cena e abbracciarla quando rientra dal lavoro. Non risolverà la situazione, quella può risolverla solo lei...quando sarà pronta...o quando avrà veramente toccato il fondo. Io, come figlia, non posso che continuare ad amarla nel bene e nel male, e starle vicino in questo mai facile percorso che è la vita.