zut alors!

Post N° 218


Ripensavo al mio Erasmus, poco fa, e mi sono sorpresa a guardare a certe persone con irritazione. Persone che, tutto sommato, fintanto che ero a Lisbona consideravo amici totalissimi, ora mi fanno solo saltare i nervi. Persone che fino a poco fa consideravo importanti. Significative, per lo meno.L’Erasmus porta con sé il difetto di farti ritrovare sola in un posto nuovo e sconosciuto, di farti crescere dentro la fretta, l’ansia, la bramosia di trovare amici-persone-legami-contatti. Relazioni superficiali se viste col senno di poi, che però, mentre stai vivendo la magia del tutto, sembrano imprescindibili. E sembrano solidissime, indistruttibili. In realtà, forse, sono solo disperati tentativi di combattere insieme questo ritrovarsi soli in un posto nuovo e sconosciuto. Gente con cui mai, a casa, avrei legato, ha finito per assumere l’importanza di un faro nella notte. A casa, probabilmente, vi avrei a malapena intrattenuto rapporti di cordiale convivenza, quattro chiacchiere se fosse capitato. Ma non a livello di sentirle amiche. Invece, in Erasmus, è tutto diverso. I canoni (personalissimi, diversi per ognuno) di relazione con le persone saltano. Due settimane sembrano due mesi, è tutto spasmodicamente intensissimo, quasi a livelli parossistici. Darsi tre baci ogni volta che ci si incontra mi sembrava una figata. "Ah, ma che bello questo posto in cui la gente non ha paura di toccarsi". "Ah, ma che aperta questa gente che si ricorda che nella vita è bello abbracciarsi, che esiste una dimensione di fisicità, di corporeità". Tutte cazzate. I tre bacini sono una formalità come lo sono ovunque, non hanno la minima importanza. Però in Erasmus è bello convincersi che il mondo sia un luogo fantastico in cui regnano baci abbracci e sorrisi. Vita intensa bevute sbronze siamo gggiovani. Siamo raminghi randagi liberi. In Erasmus tutto è diverso. Tutto disperatamente intenso. Anche le relazioni interpersonali. Anche la nascita di certe amicizie. È un tutto e subito, un carnevale di centinaia di facce che conosci solo di vista, un’orgia di eventi che presto si esauriscono stancamente su se stessi, perdendo presto il senso nel loro stesso ripetersi frenetico. Chi si ferma è perduto. Forse, diciamo, ho fatto lo sbaglio di essermi accontentata troppo presto. E di non aver cercato altro, in seguito. Mi costa fatica ammetterlo, ma mi sembra quasi di essermi fatta andare bene certa gente che non avrei altrimenti cagato di striscio. No, non tutti. Salvo una manciata di rapporti bellissimi. Una manciata, però.Certo, del senno di poi son piene le fosse. Avere agito così non è una colpa, è stato frutto di una situazione contingente in cui sono venuta a trovarmi. Una delle mille possibili reazioni che avrei potuto avere, considerate le mille varianti in gioco. Col senno di poi mi ripeto tutto questo e mi accorgo, tutto sommato, di avere già fatto ingresso in una fase ulteriore.Avrei avuto tutto il tempo per esplorare situazioni e contesti nuovi, ma per la mia stramaledetta ansia mi sono accomodata, adagiata. L’ansia di sentirmi, o non sentirmi, sola. La paura di non piacere alla gente. Conoscere le persone è faticoso, terribilmente. Diventare amico di qualcuno, poi, al momento mi sembra uno sforzo titanico, un’impresa a cui non sono più avvezza da tempo, a cui non sono moralmente più predisposta da un bel po’.Forse, il segreto, per me, è muoversi con lentezza. Conoscere i propri limiti è il primo passo. Il secondo, grosso, è accettarli. Oppure cercare di mitigarli. Cambiare se stessi non so se sia possibile. Non sarò mai in grado di costruire un rapporto in due settimane. Ho bisogno di tanto, tanto tempo. Rosi, tu che dici?