zut alors!

Post N° 231


Scendo dal treno, cammino tra i pendolari di un venerdì di metà luglio. Non è una vera folla: mancano gli universitari, i fuori sede, gli studenti che vanno a lezione. Eppure mi sento un pezzo di folla. Non ho pensieri, non mi fisso su niente. Scendo dal treno con A ja ljublju CCCP nelle orecchie, e la nenia ripetitiva del testo, il mantra alienante e convincente di quel io-amo-CCCP rafforza la mia identità/non identità di pezzo anonimo di folla che da un punto A si sposta, privo di pensieri, verso un punto B, ripercorrendo i passi di un percorso che va tracciandosi da sole sei settimane, ma che è già noto, terribilmente. Ma va bene così. Non desiderare nulla per essere sempre soddisfatti. Mi sembra un buon piano. Soprattutto di venerdì, quando le coordinate si sfilacciano e le “mete eterne” si perdono (e cito da una canzone degli Eva Nella Neve). Non resta che essere un puntino tra la folla, guidato dalla monosensazione data dall’ascolto di un mantra. Diverso o uguale ogni giorno, che importanza ha?