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22 ottobre 1630 UNA TRAGICA VERITA' capitolo 14

Post n°299 pubblicato il 21 Aprile 2024 da paolaassisi

Scrosci di pioggia turbavano la notte e urla di vento penetravano nella casa di donna Rachele ed erano pianti, urla stridenti facevano vibrare i vetri e luce di di fugaci candele tremolavano. Nella casa la serva di Donna Rachele celava le grida tamponando gli occhi ed il volto con la veste. Donna Rachele cercava comprendere fra pianti e grida disperate. La bimba è fuggita! E’ fuggita donna Rachele! Ed infine fra grida nell’infuriare del temporale, nel tuonare del temporale infine la serva spiegò.

Dianzi la bimba tenuta per mano serena in Via San Romano emise un urlo, nella gonna della serva si celò e poi piangendo fuggì mentre un chierico o frate o non so usciva improvviso da un androne. Invano la serva disse averla rincorsa, la bimba urtando i passanti fece cadere altra bimba che portava seco un cesto di pani. I pani rotolarono nella via e un mulo spaventato si scosse e la vista della bimba celò. La bimba era scomparsa, nel ghetto. La serva invano cercò penetrarvi ma l’ora era tarda e prima di potervi entrare e cercare ove fosse la bimba, furono chiusi i cancelli del ghetto e la serva null’altro potè che aggrapparsi al cancello e raccontare il successo. 

Donne ebree si guardavano l’un l’altra e alcuni giovani si dispersero nelle strade del ghetto cercando la bimba. Era scomparsa.

Nella dimora cadde il silenzio ma presto seguirono ordini concitati. L’intera servitù fu chiamata e munita di torce costretta, attraverso il passaggio che univa il palazzo al ghetto, uomini donne e fanciulli  slanciarono bussando alle porte, in ogni dove cercando. Donna Rachele, i capelli scarmigliati e piedi nudi, anch’essa corse nel ghetto bussando alla porta dove ancora si piangeva il padre della bimba, il rabbino ucciso. Ma la casa era deserta. Le imposte chiuse, dal camino neppure un filo di fumo usciva. Era silenzio di vuoto.

Che fare? Ormai l’intero ghetto si era mosso. La bimba scomparsa. E infine nel ghetto cessò il suono dei passi, la notte calò silenziosa sul ghetto. Ultime gocce di pioggia cadevano sui tetti e le strade e fu silenzio in attesa del giorno. 

Donna Rachele fu accompagnata alla sua casa da donne premurose che sicure le dissero…. Riposa. Al sorgere del sole la bimba sarà ritrovata ed ella accettò sedersi in cucina, in ginocchio silenziosamente pregando.

Ma non fu alba. Fu prima dell’alba. Un bussare violento alla porta scosse donna Rachele dalla preghiera! Ma lume non v’era. L’ultima candela era spenta ormai e solo fiochi braci baluginavano ancora nel camino, tremando. Ma ella al buio si scosse. Corse, corse dalla ripida scala  null’altro anelando che giungere alla porta! 

Chi è chi è strillando senza risposta cercando nel buio il trave che chiudeva la porta ed infine lo trovò, lo scosse, lo tolse e la porta dischiuse! Un volto! La veste grondante di pioggia, i bianchi capelli avvolti nel saio, l’involto che teneva abbracciando nel volto distrutto dalla corsa, gli occhi luminosi ridenti mostrando, guardando, Padre Francesco sulla soglia s’accostò e l’involto come grande fagotto nelle braccia di donna Rachele posò. La bimba tremante abbracciò.

Non voglio dire quali attimi seguirono, l’emozione mia fu tanta che ricordo non ho. 

Ma ricordo le luci. La serva alimentava nel camino una fiamma rigogliosa, la bimba stringeva fra le mani una tazza calda di latte e come smarrita riguardava quel luogo, caldo, sicuro. Donna Rachele, le lacrime ancora cadenti, sedeva vicino a Padre Francesco, ascoltando rapita, riconoscente. Padre Francesco non tutto sapeva eppure aveva trovato nascosta sotto l’altare di Santa Chiara la bimba tremante. Alla vista del saio la bimba si scosse e piangendo era fuggita. Ma Padre Francesco svelto l’aveva ripresa e vedendo il terrore il volto aveva scoperto dal cappuccio del saio e la bimba riconoscendolo l’aveva abbracciato e più l’aveva lasciato. Per quale motivo la bimba avesse provato terrore vedendo il saio, non sapeva ma certo la vista di un saio l’aveva indotta alla fuga…. E nella cucina cadde il silenzio….

 
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21 OTTOBRE 1630 UNA TRAGICA VERITA' Capitolo nr13

Post n°298 pubblicato il 07 Aprile 2024 da la.luna.piena1

Il povero Frà Anselmo non sapeva più che cosa pensare. Si rendeva conto che più il tempo passava e più era facile che l'assassino la facesse franca cristiano o ebreo che fosse. Non voleva lasciare impuniti questi 2 omicidi, anche se le vittime erano ebrei, perchè solamente il buon Dio poteva togliere ciò che nella sua bontà aveva donato: la vita. Tutto questo pensò mentre si era ritirato nei suoi alloggi e  seduto ad un tavolaccio, cercava di stilare alcune righe per farle poi mandare, tramite un messaggero, a Roma. Non sapendo che cosa scrivere per spiegare la situazione e per evitare, soprattutto, le sfuriate a Roma decise di coricarsi, di aspettare l'alba e sperare nel buon Dio che lo aiutasse , dopotutto non si diceva che la notte porta consiglio? Le prime luci dell'alba videro Frà Anselmo già in piedi e senza nessuna idea in testa. La notte non portò consiglio, ma una inattesa sorpresa, questo si. Infatti c'era un piccolo servitore della vedova Rachele in attesa e lo doveva accompagnare a casa di costei per alcune cose che voleva dire e si raccomandava di non dire a nessuno dove era diretto se gli premeva la sua e la vita della vedova. Si stupì di tutta questa segretezza, ma non gli costava nulla a seguirla anche perchè in questo modo si era risparmiato di minacciarla di farla interrogare sotto tortura. Il piccolo "ambasciatore" gli disse di non camminare troppo svelto per  non far notare la premura di arrivare e di seguirlo in assoluto silenzio. Non si diressero verso la casa situata ai confini del ghetto con la città cristiana, ma si inoltrarono in alcune vie sempre più inserite del ghetto stesso. Arrivarono davanti ad un portone e dopo una serie di bussare, come se fosse un segnale pre stabilito, entrarono in un corridoio mal illuminato. La vedova Rachele li stava aspettando seduta su una panchina pieni di cuscini damascati, piluccando dell'uva posata su un vassoio vicino a lei e con enorme sorpresa, Frà Anselmo vide che vi era una bambina di 7-8 anni. Gli adulti si salutarono cordialmente e prima che il frate potesse pronunciare una parola fu zittito con una mano e la vedova iniziò una specie di monologo. < Prima che ci sia una terza vittima, perchè ci sarebbe stata e volendo avere la coscienza pulita la prego di ascoltarmi e senza farmi troppe domande. Come sa benissimo prima mio marito e adesso io imprestiamo scudi alle famiglie che ne hanno bisogno, ma non li diamo così facilmente come potrebbe sembrare. Chiediamo un qualcosa come un pegno che rimane di mia proprietà fino a quando la somma intera non viene restituita. Meno di un mese fa è venuto un servitore a chiedere soldi in prestito e come pegno mi offriva alcuni manoscritti scritti nella notte dei tempi. Ovviamente nessun servitore può avere dei manoscritti importanti e di valore e incuriosita gli chiesi di farmi vedere alcune pergamene per sapere se mentiva o meno. In quel momento che stavo trattando l'affare con costui, entrò una mia domestica e vedendola impallidire capii che lei lo conosceva. Il servitore disse che sarebbe ritornato al tramonto con il materiale chiesto e si congedò. Appena rimasi da sola chiamai la domestica e con mio enorme stupore mi disse che quel servitore era al servizio dell'Inquisitore di Ferrara e di stare ben attenta perchè non era escluso una trappola per essere arrestata come proprietaria di libri eretici. Ero molto incerta se trattare ancora questo affare o con una scusa rifiutare il tutto, ma la curiosità era tanta che decisi di rischiare. Al tramonto il servitore ritornò e mi fece vedere alcune pergamene. Mi feci il segno della croce perchè quelle pergamene non erano altro che il Deuteronomio. Le parole che ogni ebreo deve sapere fin dalla giovane età.

Questo fece cadere le mie ultime perplessità e gli dissi che si poteva fare benissimo l'affare. Quando rimasi sola feci chiamare il  rabbino ucciso e le feci vedere a lui per capire se effettivamente erano vere o copiate. Il rabbino disse che erano autentiche e che bisognava  assolutamente avere le altre pergamene. Gli dissi che alla fine non potevano rimanere nel ghetto per sempre perchè appena venivo rimborsata le dovevo restituire come nei patti. Il rabbino disse che vi erano due possibilità: la prima era quella di farle ricopiare e dare indietro quelle false, oppure essere rimborsata dalle famiglie del ghetto e far si che rimanessero nelle mie mani. Che cosa fare? Decisi di lasciare fare al rabbino perchè non volevo che si sapessero certe cose per non rovinare la mia nomea e quindi trovarmi a non fare più affari come stavo facendo. Ammetto che mi sono comportata molto male, forse pure in modo egoistico, ma non mi potevo immaginare che quelle pergamene non erano importanti per i miei fratelli ebrei, ma anche per un "gentile" in particolare. Talmente importanti che pur  di ottenere certi importanti affari  non si era tirato indietro ad uccidere il rabbino prima e poi un povero frate che forse era ignaro di tutto. Frà Anselmo disse che il suo ragionamento era molto chiaro, ma quella bambina che  si era seduta vicina a lei chi era? Rachele, guardò prima il frate e poi la bambina facendole un dolce sorriso. Si voltò di nuovo e gli disse che quella bambina era la figlia del primo rabbino ucciso e per un piccolo caso non era stata uccisa anche lei, ma lei era l'unica che aveva visto tutto. Lo fermò immediatamente aggiungendo che per il forte trauma da quella notte non aveva proferito più una  parola.
 
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