Creato da: anpi_cadore il 14/08/2008
ASSOCIAZIONE NAZIONALE PARTIGIANI D'ITALIA sezione "Cadore - Giovanna Zangrandi"

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SAPPADA 19 OTTOBRE 2008, IL RICORDO

Post n°27 pubblicato il 16 Ottobre 2008 da anpi_cadore
 

 

I drammatici avvenimenti del 27 e 28 luglio 1944, tra attacchi partigiani e ritorsioni naziste

 

60 ANNI FA GLI ECCIDI DI SAPPADA

 

La delicata posizione del paese cadorino sotto l’influenza della resistenza carnica

 

All’alba del 26 luglio, dopo cruenti scontri nella valle del But ed il drammatico eccidio di 15 valligiani a “Malga Pramosio”, i partigiani carnici decisero di assalire il presidio della Feldgendarmerie a Sappada, fuori dalla Zona Libera, ma ritenuto assai pericoloso per essa.

Incaricato dell’azione fu il Battaglione Garibaldi “Carnico”, comandato da Italo Cristofoli “Aso”, che partì da Ovaro con un camion su cui c’erano circa 30 partigiani, tra cui il commissario Augusto Nassivera (“Nembo”) e il vice commissario Giancarlo Franceschinis (“Checo”).

Il gruppo da Forni Avoltri, proseguì a piedi nel fitto del bosco verso Cima Sappada e verso le ore 16 guadò il Piave, raggiungendo l’obiettivo intorno alle 17, l’ora prevista per la cena. Il piano prevedeva di strisciare ventre a terra fino al terrapieno che circondava la casermetta, che si trovava sull’ultima curva della statale prima del rettilineo in discesa che porta al centro, per poi irrompere di corsa attraverso il giardino fino alla porta d’ingresso e alle finestre. Non si tenne conto però del fatto che un alto reticolato circondava la costruzione e che le finestre erano quasi tutte murate. Pur davanti all’imprevisto e nonostante il fuoco subito aperto su di loro dai tedeschi, alcuni partigiani riuscirono a raggiungere la porta, ma proprio qui “Aso” restò colpito a morte. Il Fraceschinis, anche se convinto di essere caduto in una trappola, decise di continuare l’attacco, riuscendo dopo due ore di fuoco ad indurre alla resa il presidio, che, perduto il maresciallo comandante, era di 19 uomini, un sergente prussiano e 18 altoatesini. I partigiani entrarono subito nella villa e scovarono in cucina una donna, ritenuta una delatrice, e pure un soldato tedesco morto. Se il sergente tedesco e la presunta donna spia vennero giustiziati dal reparto garibaldino al rientro nella Zona Libera, gli altri invece furono liberati.

Fin qui la versione “partigiana” dei fatti, con la quale contrastano altri racconti locali. Uno di questi vuole che durante la marcia d’avvicinamento alla caserma il gruppo si sia imbattuto nel pittore Pio Solero e nella di lui moglie Maria Treichl: il primo riuscì a fuggire, mentre la seconda venne subito arrestata. Durante l’attacco il “Meister”, il Comandante del reparto, uscì di corsa e, pur colpito subito, cercò scampo in una casa vicina: trasportato dapprima nella casa del dr. Carfagnini per essere curato, venne infine riportato sulla strada e seduta stante giustiziato.

Nel frattempo continuava l’assalto alla Gendarmeria e ad un certo punto il Comandante “Aso”  restò fulminato, proprio sulla porta, per un colpo forse sparatogli alle spalle, vale a dire da uno dei suoi uomini. Finalmente il presidio, dopo una lunga sparatoria, si arrese ed i superstiti furono incolonnati ed avviati verso Cima Sappada, mentre un gruppo di partigiani iniziava a saccheggiare alcune abitazioni della borgata “Bach” ed un altro arrestava alcune persone iscritte in un’apposita lista di proscrizione: tra queste figuravano Pio Solero, Gabriele Kratter, il Podestà Fasil, Luigi Cecconi ed altri ancora. Dopo aver devastato alcune case, verso sera i partigiani tornarono a Cima Sappada, presso l’albergo “Alle Alpi”: qui uccisero il vice Comandante della Gendarmeria e, come recita il “Registro dei Morti” della Parrocchia di Sappada, “massacrarono” la signora Maria Valentinotti di 50 anni, accusata di essere la cuoca abituale della Gendarmeria.

Quando i partigiani se ne andarono, portando con sé i gendarmi e tre ostaggi sappadini, ben sei cadaveri giacevano per terra. Alcuni giorni dopo il Fasil fu liberato, mentre il Cecconi e la signora Solero rimasero nelle mani dei carnici, finendo in seguito uccisi.

La reazione tedesca si manifestò il 28 luglio, allorché a Sappada furono portati tre partigiani in catene con una drastica minaccia: o i partigiani restituivano i prigionieri o i tre finivano subito impiccati sul posto. Così in effetti avvenne, giacché il giorno seguente, alle ore 17.30, non essendo stata recata alcuna risposta da parte partigiana, vennero impiccati davanti alla chiesa di S. Margherita i tre prigionieri “foresti”: Armando Bortolotti di Castel di Fiemme, Manlio Silvestri di Saccolongo e Angelo Peruzzo di Enego.

Tali drammatici avvenimenti, cui la popolazione di Sappada assistette sgomenta, ebbero comunque un merito, percepito in fondo da tutto il Cadore: il quietismo non salvava dalla rappresaglia e la lotta era necessaria anzitutto per non subire un destino programmato da altri, fossero tedeschi o partigiani di zone limitrofe.

 

WALTER MUSIZZA – GIOVANNI DE DONA’

 

 
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