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GIUSTIZIA ITALIANA

Post n°23819 pubblicato il 04 Settembre 2012 da nickvi77

Mandato in carcere per due birre, bevute tre anni fa, prima di mettersi al volante. “Trenta giorni di pena” è il prezzo che gli ha inflitto la malagiustizia. Malgrado quell’uomo sia incensurato e abbia una protesi al posto della gamba sinistra. Anzi: quando è entrato in cella, gli hanno tolto l’arto finto. “Mi dispiace, qua dentro può essere un’arma”. Una storia che fotografa la cupa inefficienza, oltreché il volto disumano, della giustizia avviene tra Vallo della Lucania e Salerno. Un vergognoso sberleffo nel Paese degli indulti e delle carceri sovraffollate. È la storia di Marco Penza, originario di Casalvelino (Salerno), onesto cittadino, operatore del sociale, quarant’anni, disabile. Lui è ancora in carcere. Si aspetta che il magistrato titolare del fascicolo “torni dalle ferie”. Marco Penza è finito in carcere dieci giorni fa, prima nell’istituto di Vallo della Lucania, poi in quello di Fuorni, a Salerno, per l’incredibile evoluzione di una semplice e vecchia denuncia. Si tratta dell’alcool test a cui l’uomo è risultato positivo tre anni fa, un posto di blocco di una sera d’estate, 22 luglio del 2009. Può un semplice controllo trasformarsi in un incubo? I suoi amici, il tamtam di reazioni indignate che si è scatenato intorno alla sua vicenda, testimoniano di sì. Può diventare “una storia da paese incivile” se “alla burocratica gestione di un ufficio del pubblico ministero”, si somma “la latitanza di un avvocato” e “l’indifferenza” che tanti pubblici uffici – compresi alcuni palazzi della giustizia – ostentano nel periodo delle vacanze. Marco è affetto dall’infanzia da una grave malattia che poco tempo fa, dopo pellegrinaggi sofferti in vari ospedali, non gli ha risparmiato l’amputazione della gamba. Tuttavia, ha la sua vita e le sue relazioni, si occupa di sociale e lavora nella Coop Marina Service di Casalvelino, nel cuore del Cilento, dove ha scelto di vivere. Questo giovane lavoratore, senza alcun precedente penale, viene dunque denunciato a piede libero per guida in stato di ebbrezza. È competente la Procura di Vallo della Lucania, ma sembra che il magistrato titolare del fascicolo – noto per i suoi eccessi di zelo – non conceda la “pena sospesa” a quel cittadino incensurato. E non basta: perché l’avvocato a cui si è rivolto Marco, per un caso, si dedica nello stesso periodo alla politica, si candida alle amministrative del Comune, finisce evidentemente per dimenticare la “pratica”. Così quel fascicolo diventa il suo girone infernale. Tre anni dopo, ecco la vecchia denuncia diventa un ordine di carcerazione di 30 giorni. Marco se ne accorge troppo tardi, richiama quell’avvocato che ormai è un politico, il quale lo affida ad un civilista: che, a sua volta, non impugna il provvedimento, ma prova a chiedere un alleggerimento con la richiesta degli arresti domiciliari: è peggio perché così la pratica passa al Tribunale di sorveglianza. Che chiede i suoi tempi per l’esame della vicenda. Marco sta già scontando la galera da 10 giorni: prima arriva nel carcere prima di Vallo della Lucania e poi di Salerno. Intanto, lo portano in ospedale per accertarsi delle sue condizioni. Poi torna in cella, dove un operatore della penitenziaria è costretto, dalle norme, a privarlo della protesi alla gamba. “Mi dispiace, non è consentito”. Dopo qualche giorno e dopo le proteste dei suoi amici, finalmente gli restituiscono non la libertà, ma almeno la sua “gamba” sinistra. La storia viene portata alla luce da Silvia Ricciardi dell’associazione Jonathan, che si occupa del recupero dei minori a rischio dell’area penale: “A volte lo sdegno non trova le parole per esprimersi scrive Mi vergogno a vivere in questo paese dove la giustizia non è per i cittadini, ma per chi detiene soldi e potere. Un paese che tiene in galera una persona per un reato sanzionabile con una gradualità di risposte alternative al carcere. Un paese che non ha occhi per vedere né cervello, in alcuni casi, per amministrare pene e sanzioni”.

(DALLAPARTEDELTORTO)

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