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Post n°59 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da Arkivio21
55. :::
L'Italia al top per il consumo ROMA - Una coltre di cocaina avvolge l'Europa. Oltre 13 milioni di europei adulti hanno provato la polvere bianca nella loro vita. Di questi, 7,5 milioni sono giovani (15-34 anni): tre milioni di questi l'hanno usata negli ultimi 12 mesi. Nel dettaglio l'Italia si conferma uno dei Paesi a più alta prevalenza, insieme a Danimarca, Spagna, Irlanda e Regno Unito. La polvere bianca si conferma così la sostanza stimolante illegale più popolare in Europa, mentre diminuisce "la popolarità dello spinello". Lo dice il Rapporto 2009 dell'Osservatorio europeo sulle droghe presentato oggi a Bruxelles, che conferma la diffusione costante della cocaina e rivela come il mix di droghe e alcool sia il responsabile della maggior parte dei problemi legati alle sostanze stupefacenti. Cocaina. In Italia, Danimarca, Spagna, Irlanda e Regno Unito, nell'ultimo anno, l'uso tra i giovani si è attestato tra il 3,1% e il 5,5%, mentre nella maggior parte degli altri Paesi europei si registra una tendenza alla stabilizzazione o all'aumento del consumo nella fascia d'età 15-34 anni. Tra i pazienti che entrano per la prima volta in terapia per disintossicarsi, il 22% ha indicato la cocaina come sostanza primaria. Nel 2007 sono stati segnalati circa 500 decessi associati al consumo di questo potente stimolante. Accanto alla cocaina prende piede anche la metamfetamina che sfrutta la facilità con cui può essere prodotta. Storicamente, l'uso di questa sostanza si concentra nella Repubblica ceca, anche se la disponibilità sta aumentando in alcune zone dell'Europa del Nord, come Svezia e Norvegia. Spinello. Resta la droga preferita dai giovani, ma la sua diffusione è in calo. Sono circa 74 milioni gli europei, uno su cinque degli adulti, che hanno provato hashish o marijuana nella loro vita, 22,5 milioni (6,8%) ne hanno fatto uso nell'ultimo anno e 12 milioni (3,6%) nell'ultimo mese. Pur restando la sostanza illecita più comunemente usata in Europa i nuovi dati segnalano un calo di popolarita' dello spinello una tantum, in particolare tra i giovani. L'uso uso quotidiano, invece, continua a coinvolgere circa 4 milioni di europei. Nonostante il calo la cannabis continua ad essere la droga preferita dai più giovani. Tra 15-24 anni, il 15,9% l'ha usata nell'ultimo anno, l'8,3% nell'ultimo mese. Cifre che però, se rapportate con i primi anni del 2000, sono in diminuzione. Dei 4 milioni di europei che fuma ogni giorno a quasi (l'1% della popolazione adulta), circa 3 milioni ha un'età compresa fra 15 e 34 anni (2,5%). L'Italia si colloca tra i Paesi dove il consumo è più alto: al primo o secondo posto tra gli adulti che l'hanno usata una tantum, nell'ultimo anno o nell'ultimo mese, lo stesso tra i giovani (15-34 anni) ed è tra i Paesi a più alta prevalenza anche nella fascia 15-24. Le nuove droghe. Sulle confezioni c'è scritto che contengono una miscela di innocue piante o erbe, ma in realtà contengono cannabinoidi sintetici, cioè sostanze create in laboratorio che provocano effetti simili a quelli di hashish e marijuana e per lo più non sono state testate sugli uomini. Sono i prodotti "Spice", venduti su internet e negli smart shop, sui quali l'Osservatorio europeo delle droghe lancia oggi l'allarme. Fino all'ottobre 2009, sono stati individuati ben nove cannabinoidi sintetici nei prodotti Spice, tra i quali il JWH-018, una sostanza che se fumata produce effetti simili alla cannabis. Ingredienti che, però, non compaiono nelle informazioni sui prodotti e sulle etichette. L'Italia non compare nella lista dei Paesi dove è possibile trovarli. Per aggirare i tentativi di bandire gli Spice, sono spuntate una trentina di miscele di erbe alternative, simili agli Spice ('Smoke', 'Sense', etc). Sempre online si possono comprare le "party pills' (droghe ricreative), contenenti alternative legali alla benzilpiperazina. (5 novembre 2009) www.repubblica.it/2009/11/sezioni/cronaca/rapporto-droga/rapporto-droga/rapporto-droga.html
6 novembre 2009 Secondo i dati europei consumiamo la più alta quantità di coca. In Italia si vendono ogni anno 100 tonnellate di cocaina, per un giro d’affari da 30 miliardi di euro. Solo nelle fogne di Torino, ogni giorno, finisce un chilo e mezzo circa di polvere bianca. L’Italia, secondo i dati dell’Osservatorio europeo sulle droghe (Oedt), pubblicati ieri, è il paese in Europa che consuma più cocaina. Il comandante provinciale dei carabinieri, Vittorio Tomasone, conferma il trend: “A Roma ne abbiamo sequestrata, dall’inizio dell’anno, 333 chili; un dato in crescita rispetto al 2008 quando erano 215”. E aggiunge: “E’ diminuita l’età del primo consumo, i ragazzi iniziano a sniffare a soli dodici anni”. Torna a crescere anche il consumo di eroina e aumentano le morti per overdose di coca: 502 nel 2008. “Monopolista della cocaina all’ingrosso – spiega il sociologo e saggista Guido Blumir – è la ’Ndrangheta calabrese. La Camorra si occupa della vendita al dettaglio. La Calabria fa arrivare la droga dal Sudamerica e ne gestisce il traffico in Italia e in nord Europa”. Per mezzo secolo la cocaina è stata la droga delle élite. Il consumo di massa esplode negli anni Ottanta, con gli yuppies, negli Stati Uniti. L’Italia ci arriva qualche anno dopo, in un clima da Milano da bere, inseguendo lo slogan americano “soldi, sesso, successo”. Rispetto al passato i prezzi sono crollati, rendendo la coca accessibile a tutti. Ecco perché: l’aumento della domanda a cui è corrisposto un aumento dell’offerta (con sequestri, in crescita, pari a 710 tonnellate confiscate nel mondo, equivalenti a 412 tonnellate di cocaina pura); la spinta dei trafficanti a prediligere il mercato europeo, concentrandovi maggiori quantità di droga che fanno scendere la quotazione. E ancora il consumo crescente, che assieme alla forza della valuta europea rispetto al dollaro “ha costituito un importante fattore di attrazione” spiega l’Oedt. L’ultima “Relazione annuale sullo stato della tossicodipendenza in Italia” presentata in Parlamento a giugno, parla di un milione di consumatori tra i 14 e gli 80 anni. Secondo altre stime potrebbero essere almeno il doppio: “I giovani di solito ammettono di prendere la coca, gli adulti no. Quindi è ragionevole pensare che in Italia i consumatori siano addirittura due milioni”. Due le motivazioni principali che spingono la gente a sniffare: innanzitutto il divertimento. “C’è una vera filosofia del weekend, del ristorante alla moda, della barca, delle donne, del privé in discoteca”, continua Blumir. Poi c’è un altro aspetto, quello dell’efficienza: la “bamba” elimina il sonno, la fatica, l’appetito. Per questo si diffonde anche tra gli operai o i professionisti in carriera che devono reggere gli straordinari. Nella classifica dell’Osservatorio europeo delle droghe, l’Italia è seguita a distanza ravvicinata da Danimarca, Spagna , Irlanda e Regno Unito. Sono 12 milioni le persone che nell’Unione europea consumano o hanno consumato la cocaina. Ogni anno la droga provoca fino a 8 mila morti: ogni ora, in media, qualcuno muore di overdose. Dal 1973 a oggi in Italia ce ne sono state oltre 22 mila. Oltre sette milioni e mezzo di giovani nel Vecchio continente l’hanno provata almeno una volta, anche se la percentuale europea è scesa del 13 per cento. Aumenta invece dell’11 per cento, tra i ragazzi, l’uso di cannabis. Bassi invece i consumi di coca negli Stati in cui dominano le anfetamine. Spiega Blumir: “Dal 2002 ci sono state diverse campagne governative per dimostrare che le droghe, senza distinzioni, sono dannose. Purtroppo però ha coinciso con la campagna di marketing fatta dalla ’Ndrangheta che mandava i pusher in strada a spiegare ai ragazzi che fumare marijuana o tirare coca è la stessa cosa”. La cocaina è particolarmente pericolosa anche perché non ha effetti collaterali evidenti: non ci sono mal di testa del giorno dopo e si può sniffare per mesi, diventando dipendenti, senza notare (e mostrare) sintomi particolari. da Il Fatto Quotidiano del 6 novembre 2009 antefatto.ilcannocchiale.it/glamware/blogs/blog.aspx
6 novembre 2009 Sì, c’è un’altra cocaina che somiglia tantissimo a quella di cui si parla riferita agli sniffatori Vip, ai parlamentari da sottoporre a test, agli uomini di potere e a quelli di spettacolo, a quella dei video di Marrazzo ma anche della storiaccia di Lapo Elkann, senza neppure risalire troppo indietro per li rami della beneamata dinastia a quattro ruote… Somiglia tantissimo fino a sembrare la stessa. E invece no, è alla lettera la stessa ma anche un’altra cocaina. Nello tsunami di polvere bianca che ha scosso l’Europa inondandola stando all’ultimo dossier dell’Osservatorio continentale sulle droghe, con l’Italia tra i paesi in testa alla speciale classifica, c’è molta di questa “altra cocaina”. Abbastanza lontana da quell’idea di privilegio, di vizio, di proibito che da sempre si associa a una certa sfera sociale. Sono ricchi, si annoiano… di Tommaso Cerno I liceali di Treviso si erano organizzati per spacciare. Ragazzi che tiravano prima di entrare in classe: "Così mi concentro e faccio meglio i compiti". Uno spaccato della diffusione degli stupefacenti tra gli studenti minorenni di tutta Italia Liceo classico Canova, scuola dei rampolli della Treviso bene. Giuseppe è alla lavagna. "Disegna un triangolo", chiede il prof di matematica. Ma il ragazzo non lo fa. Anzi, si schiarisce la voce e risponde cantando a squarciagola il refrain di Renato Zero: "Il triangolo no, non l'avevo considerato... d'accordo ci proverò, la geometria non è un reato". La scolaresca applaude. Volano foglietti di carta, qualcuno fischia: "Beppe è su di giri!". In effetti, è rosso in faccia. Prima di entrare in aula s'è chiuso in un gabinetto e ha tirato cocaina. L'ha fatto altre volte per il compito in classe o l'interrogazione. "Con la coca mi concentro, ascolto, sto anche due ore senza fare casino... e mi vengono le parafrasi perfette". Questa non è solo la storia di Giuseppe, però. Ci sono anche Matteo, Francesco, Valentina. Nomi di fantasia, perché molti sono ancora minorenni. Una dozzina di studenti annoiati, nella cittadina veneta più ricca e laboriosa del Nord- Est. Le fabbriche le hanno cambiato il volto, gli "schei" fai-da-te il carattere: invocano ronde e dialetto. In giro vedi auto di lusso, ville e benessere. È qui che a un gruppo di liceali viene un'idea: "Perché non facciamo anche noi gli imprenditori?". Con una differenza rispetto ai capannoni attorno: loro commerciavano droga. E sono finiti a deporre in un processo, dove hanno raccontato al giudice che a Treviso sniffare a quell'età è normale.
(28 ottobre 2009) Pagina 1 di 2
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54. ::: Famiglia che viene, famiglia che va' Quando al Manzoni Silvio la incontrò, |
Post n°57 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da Arkivio21
53. ::: Segreto di Stato sul rapimento dell'imam di Milano. Tre anni a Pompa e Seno Abu Omar, Pollari e Mancini non giudicabili Condanne per la Cia, e gli Usa protestano.Un milione di euro di risarcimento in via provvisionale alla vittima, mezzo milione alla moglie.
Il procuratore aggiunto Armando Spataro MILANO - Il giudice di Milano Oscar Maggi ha deliberato il non luogo a procedere per l'ex direttore del Sismi Nicolò Pollari e per il suo vice Marco Mancini, a processo per il sequestro dell'ex imam di Milano Abu Omar. Sono stati invece condannati gli agenti della Cia che parteciparono all'operazione: in gran parte a cinque anni di reclusione, mentre Robert Seldon Lady, capo della Cia a Milano all'epoca dei fatti, è stato condannato a otto anni. I funzionari del Sismi Pio Pompa e Luciano Seno accusati di favoreggiamento sono stati condannati a tre anni. Assolto invece l'ex responsabile della Cia in Italia Jeff Castelli. Tutti gli imputati ritenuti colpevoli dovranno risarcire un milione di euro all'ex imam. Alla moglie Nabila Ghali dovranno invece essere versati 500 mila euro. Queste somme sono state decise dal giudice a titolo di provvisionale, mentre l'entità del risarcimento verrà stabilito in un separato giudizio civile. Una sentenza destinata a far discutere, mentre già arriva la protesta degli Usa: "Siamo rimasti delusi dal verdetto contro gli (agenti) americani e italiani a Milano", dice il portavoce del dipartimento di Stato Ian Kelly. E "forte disappunto" arriva anche dal portavoce del Pentagono per la condanna del tenente colonnello Joseph Romano: "Il nostro punto di vista resta che i tribunali italiani non hanno alcuna giurisdizione su Romano e avrebbero dovuto archiviare le accuse". Pollari, alcuni suoi uomini e i 26 agenti Cia erano accusati di aver prelevato il religioso islamico Abu Omar, indagato dalla Procura di Milano per terrorismo internazionale, nel febbraio del 2003. Abu Omar fu poi portato in Egitto, dove fu torturato, tanto da subire lesioni permanenti. Per i dirigenti del Sismi l'accusa aveva chiesto una pena di 13 anni di reclusione. Per Pollari il non doversi procedere è stato disposto dal giudice sulla scorta dell'articolo 202 del Codice di procedura penale: "Qualora il segreto sia confermato e per la definizione del processo risulti essenziale la conoscenza di quanto coperto dal Segreto di Stato il giudice dichiara non doversi procedere per l'esistenza del segreto di Stato". Pollari ha così commentato la sentenza: "Senza il segreto di Stato avrei dimostrato la mia innocenza". Il procuratore Armando Spataro ha a sua volta dichiarato: "La sentenza dimostra che la nostra azione è stata legittimamente promossa". Spataro, in fase di replica, aveva ribadito la linea dell'accusa: "Pollari e Mancini non hanno assicurato la sicurezza in Italia ma, con il loro comportamento, l'hanno compromessa". Per circa due ore il pm ha replicato alle conclusioni difensive degli avvocati e, in particolare, ha negato di aver aggirato la sentenza della Corte costituzionale sul segreto di Stato rivendicando, invece, quello che a suo giudizio era "un dovere e un diritto di interpretazione". Alle affermazioni di Spataro avevano replicato i difensori degli imputati. Prima di ritirarsi in camera di consiglio, il giudice Maggi aveva rigraziato tutti, "soprattutto gli avvocati d'ufficio degli imputati latitanti che hanno reso possibile con la loro presenza la celebrazione del processo". Nelle scorse udienze, la pubblica accusa aveva chiesto per l'ex direttore del Sismi, Nicolò Pollari, 13 anni di carcere, così come per l'ex responsabile Cia in Italia Castelli. I pm avevano chiesto la condanna a 10 anni per l'ex numero due del Sismi, Marco Mancini e per una serie di agenti Cia coinvolti nel sequestro, avvenuto il 17 febbraio del 2003 nei pressi della moschea di viale Jenner a Milano. I difensori dei funzionari o ex del Sismi avevano tutti chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto dei loro assistititi oppure, in subordine, la sentenza di non luogo a procedere - che è poi stata la scelta finale del giudice. Fu il governo Prodi ad apporre per primo il segreto di Stato, poi confermato da Berlusconi. E proprio sull'interpretazione della sentenza con cui la Corte Costituzionale ha fissato i criteri dell'estensione del segreto e, di conseguenza, dell'utilizzabilità degli atti processuali, in aula si è dibattuto. Per l'accusa, non vi può essere segreto di Stato riguardo notizie relative a un "fatto reato", come, per l'appunto, il rapimento di Abu Omar. "Nulla esiste, nulla può esistere in tema di un accordo istituzionale riguardo la commissione di un reato", avevano detto più volte Spataro e il suo collega Ferdinando Pomarici che, nel corso della loro requisitoria, avevano usato quelle prove che non riguardavano, a loro dire, "i rapporti" tra il Sismi e altre intelligence straniere, come chiarito dalla Consulta. Gli imputati, per i pm, hanno fatto "grave scempio del proprio dovere di fedeltà ai principi della democrazia". (4 novembre 2009) www.repubblica.it/2009/09/sezioni/cronaca/processo-abu-omar/sentenza-abu-omar/sentenza-abu-omar.html
6 novembre 2009 di Gianni Barbacetto e Peter Gomez Ecco le foto dell'incontro tra Mancini e Pignero mentre parlano di Pollari, scattate a loro insaputa a Roma dagli agenti della Digos che li pedinavano. |
Post n°56 pubblicato il 07 Gennaio 2012 da Arkivio21
52. ::: VIDEO ::: - Docufilm - Aldilà del Muro di "Ricaricare il Video-Clip" il quale non ho potuto in alcun modo "Traslocare" dal vecchio sitoweb a questo mio "NUOVO... SITOWEB" - Merkel, Walesa e Gorbaciovsul luogo della caduta del Muro Dalle 15 dal ponte della "Bornholmer strasse" le celebrazioni in occasione del ventesimo anniversario. I tre leader attraversano il primo varco che fu aperto nel 1989. La cancelliera: "Riunificazione incompiuta" Il presidente Napolitano: "Segnò uno spartiacque per i diritti di libertà". Il presidente russo Vladimir Putin: "Tappa fondamentale per la riunificazione europea" La caduta del muro di Berlino ha permesso al popolo tedesco di "cancellare un passato doloroso", ha dichiarato oggi il primo ministro russo, Vladimir Putin, mentre la Germania celebra il 20esimo anniversario 16:46 Berlusconi a Berlino Il premier Silvio Berlusconi è arrivato da pochi minuti a Berlino, dove oggi prenderà parte ai festeggiamenti Oggi "non è solo un giorno di celebrazioni per la germania, ma per tutta l'europa". Lo ha affermato oggi la cancelliera tedesca Angela Merkel parlando in occasione della cerimonia di avvio dei festeggiamenti "E' stato il risultato di una lunga storia di oppressione e della lotta contro questa oppressione": così Angela Merkel, attraversando i luoghi del Muro. In un'intervista televisiva, Angela Merkel ha invitato la nazione a fare uno sforzo per equiparare il tenore di vita tra est e ovest del Paese, poiché "la riunificazione tedesca non è ancora compiuta". "Questo mondo non sarà un mondo pacifico se non troveremo un ordine più globale e una maggiore collaborazione multilaterale": lo ha detto oggi a Berlino la cancelliera tedesca, Angela Merkel. Il cancelliere tedesco Angela Merkel, l'ex presidente di Solidarnosc ed ex presidente polacco Lech Walesa e Mickhail Gorbaciov stanno attraversando simbolicamente il luogo in cui fu aperto il primo varco nel Muro di Berlino. Il sindaco di Milano Letizia Moratti, Il ministro della Difesa Ignazio La Russa e quello della Gioventù Giorgia Meloni hanno aperto un varco in una barriera allestita a Palazzo Reale milanese e fatta di tanti sacchi d'aria, per ricordare il ventennale della caduta del muro di Berlino. La performance è stata ideata dal creativo Dario Milana, in arte Dtao, che ha realizzato un grande muro, alto 5,30 metri e lungo 20, composto con sacchi d'aria legati a lunghe fascette con su scritto "Freedom". Il 50% del successo simboleggiato dalla caduta del muro di Berlino è dovuto al Papa Giovanni Paolo II. Lo ha affermato oggi Lech Walesa, il fondatore del sindacato polacco Solidarnosc, in un'intervista per la televisione polacca Tvp info. "Il messaggio è che bisogna lavorare in un modo tenace, intransigente per la pace perché con la pace le cose si aggiustano più o meno rapidamente, e senza la pace si aprono nuove difficoltà e non si aggiustano quasi mai le difficoltà precedenti". E' questo, per Giulio Andreotti, presidente del Consiglio nel novembre dell'89, il messaggio principale che la caduta del Muro ha lasciato in eredità alle nuove generazioni. Andreotti è stato intervistato sull'argomento da Sky. l presidente della Repubblica ha affermato che alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in Italia e nella Germania, paesi in cui erano stati sconfitti il fascismo e il nazismo, si aprì la strada per l'affermazione di principi democratici fino allora negati, fra i quali la libertà di espressione, principi che nella nostra Costituzione in particolare sono espressi dall'articolo 21, "uno dei principi da Non fu Michail Gorbaciov a dare l'impulso decisivo alla caduta del Muro, ma furono papa Giovanni Paolo II e il movimento di Solidarnosc. Lo ha dichiarato oggi, in un'intervista alla tv polacca, l'ex presidente e leader storico del sindacato di Danzica. "Questo evento si è rivelato uno dei cambiamenti più importanti avvenuti nel mondo, e per il popolo tedesco è un giorno storico che ha posto fine definitivamente al passato doloroso, e che in sostanza ha segnato una tappa fondamentale verso la riunificazione dell'Europa", ha detto il presidente russo Vladimir Putin. Alle celebrazione di Berlino è rappresentata oggi dal presidente Dmitri Medvedev. Il sindaco-governatore di Berlino, Klaus Wowereit, ha visitato la cappella della Riconciliazione nella chiesa di Gethsemane, non lontano dall'antica postazione di frontiera della Bernauer Strasse, dove sono state accese decine di candele in memoria di quelli che persero la vita nel tentativo di attraversare il Muro. Sul posto, è stato inaugurato un nuovo centro di informazione che fornirà documentazione e video sulla barriera che divise la città dopo la Seconda Guerra Mondiale. Parlando ai ragazzi che affollano piazza di Spagna davanti alla ricostruzione del Muro di Berlino, il sindaco di Roma ha detto: "Oggi c'è la speranza di abbattere ogni muro, dell'intolleranza, dell'incomprensione tra le diverse identità, quello che ancora di impedisce di essere fino in fondo una grande realtà europea unita". Centinaia di studenti si sono radunati a Roma, in piazza di Spagna, davanti a una ricostruzione del muro di Berlino, per commemorarne la caduta. Il capo della Chiesa protestante tedesca, Wolfgang Huber, nel corso delle celebrazioni nella chiesa di Gethsemane, ha ricordato l'impresa di chi contribuì alla caduta del Muro: "All'epoca, le persone hanno compreso i segni e si sono ribellate senza violenza ma con candele e preghiere". Circa 700 persone assistono alla messa "La caduta del Muro di Berlino di cui ricorre in questi giorni l'anniversario, nel 1989 segnò uno spartiacque nella storia europea e mondiale del XX secolo come già un'altra tappa aveva segnato, il 9 maggio 1945 la caduta di Berlino", ha commentato il capo dello Stato italiano Giorgio Napolitano. Celebrazioni cominciate sotto un cielo grigio di una capitale intasata dalla pioggia, nella chiesa di Gethsemane, a Prenzlauer Berg, un quartiere a est della città. Angela Merkel hanno assistito alla messa organizzata dalla Chiesa evangelica e dalla Conferenza episcopale dei vescovi tedeschi. A vent'anni dalla caduta del muro di Berlino e del comunismo, l'opinione pubblica mondiale è delusa dal capitalismo. Lo rivela un sondaggio realizzato in 27 paesi dalla bbc. Berlino ''al centro del mondo''. A vent'anni dalla caduta del Muro, la stampa tedesca sottolinea con forza il significato che quel crollo ebbe per la Germania e per la comunita' internazionale. ''Oggi Berlino e' ancora una volta la citta' piu' felice del mondo'', titola il quotidiano Bild mentre il Berliner Zeitung, dell'ex Berlino Est, scrive: ''Berlino celebra vent'anni di liberta'''. La caduta del muro di Berlino è stata ricordata stamane anche sul versante opposto del pianeta, in Corea del Sud, dove un gruppo di attivisti per la difesa dei diritti umani ha manifestato lungo il confine che divide la penisola dalla Corea del Nord. Stasera l'appuntamento è alla Porta di Brandeburgo dove un altro ''muro'' verra' fatto crollare. Piu' di mille tessere di domino (alte due metri e mezzo) colorate e dipinte da artisti e giovani berlinesi verranno fatte cadere in un lungo tragitto che tocchera' anche il memoriale dell'Olocausto. Nicolas Sarkozy ha rivelato su Facebook che, in quello storico giorno, il 9 novembre del 1989, nella capitale tedesca a prendere a picconate il Muro c'era anche lui. Una fotografia, pubblicata sempre sul suo profilo, mostra l'allora 34enne giovane deputato francese intento a martellare la parete di cemento. Nella lunga lista di leader che prenderanno parte alla celebrazione manca il nome di Barack Obama, impegnato in un viaggio in Asia, ma spiccano altre presenze celebri e significative come il premier polacco Donald Tusk, il presidente russo Dmitri Medvedev, il presidente della Commissione europea Manuel Barroso. 10:05 Via alle celebrazioni Prenderanno il via ufficialmente alle 15 di oggi dal ponte della "bornholmer strasse" le celebrazioni in occasione del ventesimo anniversario della caduta del muro di Berlino. La cancelliera Angela Merkel, esponenti dei movimenti per i diritti civili, testimoni dell'epoca, rappresentanti degli organi costituzionali, il sindaco di Berlino Klaus Wowereit, l'ex leader sovietico Mikhail Gorbaciov e Lech Walesa, ex leader sindacale di Solidarnosc e premio nobel per la pace, attraverseranno il ponte di Boesebruecke, fermandosi a metà percorso.
"I diritti, come l'articolo 21 della Costituzione, vanno tenuti cari"Napolitano: "Caduta Muro, uno spartiacque" "Ma la libertà d'espressione va preservata"
Giorgio Napolitano ROMA - "L'evento della caduta del Muro di Berlino, di cui oggi si celebra l'anniversario, è una data che al pari di quella del 9 maggio 1945 ha segnato uno spartiacque nella storia europea e mondiale del XX secolo". Parla così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel corso della presentazione, al Quirinale, dei premi Eti per il teatro e del Premio De Sica per il cinema, una cerimonia alla quale erano presenti anche il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta e del ministro per i Beni culturali Sandro Bondi. Ricorda il capo dello Stato: "Si aprì allora la strada nella Germania dell'est, ma il cambiamento era già iniziato in Polonia e in tutti i Paesi dell'Europa centro-orientale, in direzione dell'affermazione dei diritti di libertà, che erano già stati sanciti, subito dopo la seconda guerra mondiale, in particolare con l'adozione della Costituzione a Roma e a Bonn, nei Paesi in cui erano stati sconfitti il nazismo e il fascismo". Il presidente Napolitano avverte quindi che questi "diritti di libertà, a cominciare dall'articolo 21 della Costituzione sulla libertà d'espressione, sono principi democratici da tenere sempre cari, da preservare e da far vivere, in Italia e ovunque". (9 novembre 2009) |
Post n°55 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
51. ::: Joan MiróDa Wikipedia, l'enciclopedia libera. (Reindirizzamento da Joan Mirò) - ::: Joan Miro' el pintor poeta Joan Miró i Ferrà (Barcellona, 20 aprile 1893 – Palma di Maiorca, 25 dicembre 1983) è stato un pittore, scultore e ceramista spagnolo, esponente del surrealismo.
Figlio di un orefice e orologiaio, Joan Miró cominciò a disegnare dall’età di 8 anni. Su consiglio del padre, Miró intraprese studi commerciali ma in parallelo frequentò lezioni private di disegno; dal 1910 al 1911 lavorò come contabile, finché un esaurimento nervoso non lo convinse a dedicarsi all’arte a tempo pieno. Fu il lungo periodo di convalescenza passato nella casa di famiglia a Montroig del Camp a consolidare definitivamente la sua vocazione; lo stesso Miró riconobbe in seguito in Montroig e Maiorca i due poli della sua ispirazione. Tornato a Barcellona nel 1912, frequentò l’Accademia Galí fino al 1915, dopodiché passò al Circolo Artistico di Sant Lluc. Furono questi gli anni in cui Miró scoprì il fauvismo e in cui tenne la sua prima esposizione personale alle Galeries Dalmau (1918). Il periodo parigino [modifica]Attirato dalla comunità artistica che si riuniva a Montparnasse, nel 1920 si stabilì a Parigi, dove conobbe Picasso e il circolo dadaista di Tristan Tzara. Già in questo periodo, in cui disegnava nell’accademia La Grande Chaumière, cominciò a delinearsi il suo stile decisamente originale, influenzato inizialmente dai dadaisti ma in seguito portato verso l’astrazione per l’influsso di poeti e scrittori surrealisti. Nel 1926 collaborò con Max Ernst per la scenografia di Romeo e Giulietta e realizzò il celebre Nudo. L’anno successivo, dopo la morte del padre, Miró si trasferì alla Cité des Fusains ed ebbe come vicini, oltre ad Ernst, anche Jean Arp e Pierre Bonnard. Sempre a Parigi, nel 1928, la sua esposizione nella galleria Georges Bernheim lo rese famoso. La maturità surrealista [modifica]Il 12 ottobre 1929 Miró sposò Pilar Juncosa a Palma di Maiorca; la coppia ebbe una unica figlia di nome María Dolores (nata il 17 luglio 1931 e morta nel dicembre 2004). Iniziò in questi anni la sperimentazione artistica di Miró, che si cimentò con le litografie, l’acquaforte e la scultura, nonché con la pittura su carta catramata e vetro. Con lo scoppio della guerra civile spagnola (1936) tornò a Parigi, ma fece ritorno in Spagna al momento dell’invasione nazista della Francia. Da questo momento visse stabilmente a Maiorca o a Montroig. Miró fu uno dei più radicali teorici del surrealismo, al punto che André Breton, fondatore di questa corrente artistica, lo descrisse come “il più surrealista di noi tutti”. Tornato nella casa di famiglia, Miró sviluppò uno stile surrealista sempre più marcato; in numerosi scritti e interviste espresse il suo disprezzo per la pittura convenzionale e il desiderio di “ucciderla”, “assassinarla” o "stuprarla" [1] per giungere a nuovi mezzi di espressione. La prima monografia su Miró fu pubblicata da Shuzo Takiguchi nel 1940. Dopo la morte della madre, avvenuta nel 1944, Miró iniziò a dedicarsi a lavori sfuni di ceramica e a sculture di bronzo. Gli anni della celebrità [modifica]Nel 1954 Miró vinse il premio per la grafica alla Biennale di Venezia e nel 1958 il Premio Internazionale Guggenheim. In questi anni fece molti viaggi ed esposizioni negli Stati Uniti. Fin dal 1956 si stabilì definitivamente a Palma di Maiorca in una casa progettata e costruita dal cognato, cui aggregò in seguito un laboratorio e uno studio di pittura grazie all’aiuto dell’amico Josep Lluís Sert. Al fine di preservare la proprietà così delineatasi, per lui luogo creativo per eccellenza, Miró ne donò parte alla cittadinanza, che nel 1981 vi allestì la Fundació Pilar e Joan Miró. Già nel 1972, d’altronde, Miró aveva creato la Fundació Joan Miró a Barcellona. Nel 1978 si dedicò alla scenografia per uno spettacolo teatrale, nonché alla scultura monumentale. Risale a questo periodo la sua celebre scultura Dona i ocell (Donna e uccello), che si trova nel parco Joan Miró a Barcellona. Gli ultimi anni [modifica]Per i riconoscimenti in patria Miró dovette attendere gli anni della vecchiaia e la caduta del franchismo: nel 1978 ricevette la Medalla d'Or de la Generalitat de Catalunya; nel 1979 l'Università di Barcellona gli conferì la laurea honoris causa (l'Università di Harvard aveva già provveduto nel 1968); nel 1980 ricevette la medaglia d’oro delle Belle Arti dal re di Spagna Juan Carlos; nel 1981 fu premiato con la medaglia d'oro di Barcellona. In età avanzata Miró accelerò il suo lavoro, creando ad esempio centinaia di ceramiche, tra cui il Muro della Luna e il Muro del Sole presso l'edificio dell'UNESCO a Parigi. Si dedicò pure a pitture su vetro per esposizione. Negli ultimi anni di vita Miró concepì le sue idee più radicali, interessandosi della scultura gassosa e della pittura quadridimensionale. Joan Miró morì a Maiorca all'età di 90 anni e venne sepolto a Barcellona, nel cimitero di Montjuïc. Opere parziale [modifica]
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Post n°54 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
50. ::: - condannato a quattro ergastoli, che sarà interpretato da Kim Rossi StuartVallanzasca Story, al via le riprese Solarino: io, la pupa del gangsterdi ANTONELLA GAETA Valerina Solarino BARI - Il bel René dei tempi d'oro se ne sarebbe di certo innamorato. Occhi neri, sguardo orientale, sinuosa e felina, Valeria Solarino interpreterà Ripalta Pioggia, detta Consuelo, la prima donna di Renato Vallanzasca e madre del suo unico figlio, Massimiliano. L'attrice annuncia il suo prossimo ruolo al "Mediterrante film festival" di Bari: il film è "Vallanzasca", regia di Michele Placido; Kim Rossi Stuart interpreterà l'ex boss della Comasina. A ispirare il film, dalla lunga gestazione, è stato essenzialmente il libro "Il fiore del male" scritto da Carlo Bonini con lo stesso Vallanzasca. Si attraverserà tutta la vita del criminale milanese sin dalla sua infanzia. Riprese tra due settimane tra Milano, Roma e Puglia. Valeria Solarino chi è Consuelo Pioggia? "Una donna, figlia di emigranti del sud, molto appassionata. L'ho capito la prima volta che ne ho parlato con Michele Placido. So ancora poco di lei, la incontrerò leggendo prima la sceneggiatura e poi il libro". Aveva mai sentito parlare di Vallanzasca prima? "Non lo conoscevo, lo confesso, ma ho cominciato a informarmi. Ho visto le sue foto. Un uomo molto bello, magnetico". Teme il ruolo? "No, anzi, non vedo l'ora di cominciare a girare e di lavorare con Kim. Arrivo con tutto l'entusiasmo e la disponibilità a costruire il personaggio che vuole il regista, fondamentale regola per me. Nei primi incontri con Michele, ha insistito perché gli parlassi molto di me. Mi piace questo approccio, è un attore, sa come fare e poi vuole appiccicarmi addosso Consuelo, ridefinirla su di me". Placido la dirige per la prima volta. "Ne sono onorata e felice. Ogni volta che ho visto i suoi film ho sentito forza e passione in ogni sequenza. E' un regista che crede profondamente in quello che fa. Da spettatrice di "Romanzo criminale" mi son detta che sarebbe stato bello far parte di quel cast, ma non era il momento, ero troppo giovane". Due giorni fa ha compiuto trent'anni: piccolo bilancio? "Soltanto uno. Mi ripetevo che se fossi arrivata ai trent'anni senza un ruolo significativo, avrei smesso di fare questo lavoro. Ho interpretato undici film secondo me importanti, ho seguito progetti sempre diversi, impegnati, persino video musicali. Oggi mi guardo indietro e, certo, questo non è un punto d'arrivo ma credo di poter continuare su questa strada". Come si è innamorata del cinema? "In realtà il primo amore è stato il teatro, mia madre ci portava sempre a vedere spettacoli. Il cinema ho cominciato a seguirlo lavorandovi ma una folgorazione, sì l'ho avuta ed è stata per il film "Boys don't cry". Una splendida Hilary Swank interpretava una donna che fingeva di essere un uomo". Ovvero la sua Angela in "Viola di mare" di Donatella Maiorca, in questi giorni nelle sale. "Mi è sembrato un segno importante interpretare proprio questo film. Angela, tuttavia, si sente una donna sempre". Solarino, attrice sempre e solo per il cinema, ma c'è anche la televisione all'orizzonte? "Non la escludo, per me non conta il mezzo ma il valore del progetto. Per il momento c'è il cinema che, del resto, è tutta la mia vita".
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Post n°53 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
50. ::: Il premier e le 10 domande: nel libro di Vespa altre menzogne e tanti silenzi Le risposte di Berlusconi e le verità che mancano di GIUSEPPE D'AVANZO Silvio Berlusconi Silvio Berlusconi risponde alle dieci domande di Repubblica, dopo 175 giorni, 10 ore e 18 minuti (il paziente computo è di un nostro lettore, Michele De Luca). Domande che il capo del governo ha giudicato così diffamanti da richiedere un risarcimento milionario per l'offesa ricevuta. Gli interrogativi erano, come dimostra oggi Berlusconi, del tutto legittimi. Facevano tesoro, peraltro, di una sua convinzione. Questa: credo che chi è incaricato di una funzione pubblica, come il presidente del Consiglio, debba dar conto dei suoi comportamenti, anche privati. (Porta a Porta, 5 maggio 2009). Repubblica concorda con Silvio Berlusconi. È evidente che, nonostante il frastuono mediatico di questi mesi, non si mai discusso di un divorzio, affare privato di due coniugi, né di pettegolezzi o di vita privata. Come ha avuto subito chiaro il premier, la questione interroga le condotte di "un incaricato di una funzione pubblica". Berlusconi non ha ritenuto opportuno rispondere direttamente alle nostre domande. Ha affidato le sue risposte a Bruno Vespa, un giornalista della televisione pubblica, collaboratore di un settimanale di proprietà (Panorama) del presidente del consiglio, in un libro edito dalla Mondadori, proprietà di Berlusconi. Qui ricordiamo le domande, diamo conto delle risposte del premier. Si scorge qualche menzogna, più d'una contraddizione, le dissimulazioni e i silenzi cui il capo del governo ci ha abituato. LO SPECIALE 1) Quando ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia? Quante volte ha avuto modo di incontrarla e dove? Ha frequentato o frequenta altre minorenni? Berlusconi, oggi: "Non ho avuto alcuna relazione con signorina Noemi. Al riguardo si sono dette e scritte soltanto calunnie". Berlusconi sostiene "di avere incontrato la ragazza soltanto quattro volte". Dove e quando? Il premier autorizza Vespa a raccontare: "La prima, il 19 novembre, quando Noemi fu ospite a Villa Madama... la seconda il 15 settembre alla festa di Natale del Milan... La terza a Villa Certosa, dove la ragazza fu invitata a trascorrere con alcune amiche le feste di fine d'anno... la quarta, alla sua festa di compleanno". ------ Repubblica ha documentato, con una testimonianza mai smentita, come il premier abbia conosciuto Noemi Letizia attraverso un book fotografico. Berlusconi dice invece di aver incontrato Noemi in quattro occasioni, dunque nelle uniche circostanze già scovate da Repubblica. Quel che il premier dice oggi è in contraddizione con quanto hanno detto, nel corso del tempo, Elio Letizia, Noemi e lo stesso Berlusconi. Il padre della minorenne ha ricordato che decide di presentare la sua famiglia al presidente del consiglio nel "dicembre del 2001": "A metà dicembre, io e mia moglie andammo a Roma per acquisti e, passando per il centro storico, pensai che fosse la volta buona per presentare a Berlusconi mia moglie e mia figlia". (il Mattino, 25 maggio). Nello stesso giorno il capo del governo ha un altro ricordo. "La prima volta che ho visto questa ragazza è stato a una sfilata" (Corriere, 25 maggio), dunque né a Villa Madama né presentata dal padre. Noemi non racconta quando ha visto per la prima volta "Papi", ma confessa di averlo incontrato in più occasione, in forma privata e non in pubblico. "Gli faccio compagnia. Lui [Berlusconi] mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che desidera da me". (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile). 2) Qual è la ragione che l'ha costretta a non dire la verità per due mesi, fornendo quattro versioni diverse per la conoscenza di Noemi? Berlusconi non risponde a questa domanda. Come si deduce dalla risposta al primo interrogativo, non è in condizione di raccontare la verità a meno di non contraddirsi. 3) Non trova grave che lei abbia ricompensato con candidature e promesse di responsabilità le ragazze che la chiamano "papi"? Berlusconi: "Ho proposto incarichi di responsabilità soltanto a donne con un profilo morale, intellettuale, culturale e professionale di alto livello". ------------ La risposta del premier non corrisponde alla verità nota a tutti e peraltro, per la prima volta, svelata dai fogli della destra e addirittura dal giornale di famiglia. Il primo quotidiano che dà conto della candidatura di una "velina" alle elezioni europee è, infatti, il Giornale. Il 31 marzo, a pagina 12, nella rubrica Indiscreto a Palazzo si legge che "Barbara Matera punta a un seggio europeo". "Soubrette, già "Letterata" del Chiambretti c'è, poi "Letteronza" della Gialappa's, quindi annunciatrice Rai e attrice della fiction Carabinieri", la Matera, scrive il Giornale, "ha voluto smentire i luoghi comuni sui giovani che non si applicano e non si impegnano. "Dicono che i ragazzi perdino tempo. Non è vero: io per esempio studio molto"". "E si vede", commenta il giornale di casa Berlusconi. Libero (22 aprile) è il secondo giornale che dà conto della "carta segreta che il Cavaliere è pronto a giocare". Notizia e foto di prima pagina con "Angela Sozio, la rossa del Grande Fratello e le gemelle De Vivo dell'Isola dei famosi, possibili candidate alle elezioni europee". A pagina 12, le rilevazioni: "Gesto da Cavaliere. Le veline azzurre candidate in pectore" è il titolo. "Silvio porta a Strasburgo una truppa di showgirl" è il sommario. I nomi della candidate che si leggono nella cronaca di Libero sono: Angela Sozio, Elisa Alloro, Emanuela Romano, Rachele Restivo, Eleonora Gaggioli, Camilla Ferranti, Barbara Matera, Ginevra Crescenzi, Antonia Ruggiero, Lara Comi, Adriana Verdirosi, Cristina Ravot, Giovanna Del Giudice, Chiara Sgarbossa, Silvia Travaini, Assunta Petron, Letizia Cioffi, Albertina Carraro. Eleonora e Imma De Vivo e "una misteriosa signorina" lituana, Giada Martirosianaite. Le scelte del premier furono apprezzate con entusiasmo nel suo "campo". "Meglio la Sozio di Zagrebelsky" titolò il Foglio (24 aprile). Molte candidate-veline, una volta escluse, protesteranno con vivacità pubblicamente. Il padre di Emanuela Romano arriverà a darsi fuoco dinanzi al portone di Palazzo Grazioli. La stessa Noemi non nasconde che, avuto accesso a Berlusconi, potrà avere spazio in politica. "[Da grande vorrò fare] la showgirl. Mi interessa anche la politica. Sono pronto a cogliere qualunque opportunità. (...) Preferisco candidarmi alla Camera, al Parlamento. Ci penserà Papi Silvio" (Corriere del Mezzogiorno, 28 aprile). 4) Lei si è intrattenuto con una prostituta la notte del 4 novembre 2008. Sono decine le "squillo" secondo le indagini, condotte nelle sue residenze. Sapeva fossero prostitute? Come si ricorderà è stata la prostituta Patrizia D'Addario a raccontare (e a documentare con registrazioni sonore e visive) di aver fatto sesso con Berlusconi a palazzo Grazioli. Il premier replica: "C'era una cena con molte persone organizzata dalle militanti dei club 'Forza Silvio' e 'Meno male che Silvio c'è' alla quale "all'ultimo momento si infilò anche Tarantini con due sue ospiti". ------------ Berlusconi inciampa in poche righe in tre frottole, che possono essere documentate. Non è vero che Tarantini porta con sé soltanto due ospiti. Le ospiti sono tre: Barbara Montereale, Lucia Rossini e Patrizia D'Addario. La circostanza è confermata dallo stesso Tarantini. Interrogato l'8 settembre, dice: "Confermo che il 4 novembre 2008 mi recai a palazzo Grazioli unitamente a Patrizia D'Addario, Barbara Montereale e Lucia Rossini". Non è vero che in quella serata c'erano molte persone e nessuno ricorda la presenza delle militanti dei club "Forza Silvio" e "Meno male che Silvio c'è". Lo racconta subito Patrizia D'Addario: "Quella sera non c'erano altre ospiti. Abbiamo trovato un buffet di dolci e il solito pianista [Apicella]" (Corriere della sera, 17 giugno) Lo conferma anche oggi Barbara Montereale. Gli unici altri protagonisti della serata furono le guardie del corpo del presidente. La loro presenza è agli atti dell'indagine di Bari. In un colloquio registrato, si sente la D'Addario chiedere alla Montereale: "Ti ricordi come ti corteggiava?". L'altra risponde: "Tutto davanti alle guardie del corpo. Uno schifo. Tu sei un'altra come Noemi che gli può fare male". Non è vero che Tarantini si infilò "all'ultimo momento". L'imprenditore barese pianifica la visita almeno 24 ore prima, come risulta dalle dichiarazioni delle ragazze e dalle intercettazioni telefoniche. Le ragazze dei club, come ha riferito ancora ieri la Montereale a Repubblica, erano presenti non a Palazzo Grazioli ma a Villa Certosa il 6 gennaio, quando lei tornò con Tarantini a incontrare Berlusconi. 5) E' capitato che "voli di Stato" senza la sua presenza a bordo, abbiano condotto nelle sue residenze le ospiti delle sue festicciole? Berlusconi: "La magistratura ha già archiviato la pratica al riguardo. Io non ho mai utilizzato "voli di Stato" in modo non lecito. Inoltre ho cinque aerei privati che posso utilizzare in qualunque momento". ------------ La risposta è soltanto parzialmente corretta. E' vero che il 20 ottobre il tribunale dei ministri di Roma ha archiviato le accuse di abuso d'ufficio e peculato contro Berlusconi. Va ricordato però che le regole per quei "viaggi di Stato" sono state modificate il 25 luglio 2008 dalla presidenza del consiglio e consentono molta discrezionalità nella composizione della delegazione che accompagna il capo del governo. Ne possono far parte, come accade, come è accaduto, anche musicisti e ballerine. La replica di Berlusconi è soltanto parzialmente corretta perché dimentica che il tribunale amministrativo del Lazio ancora indaga e ha chiesto, il 28 ottobre, a Palazzo Chigi i documenti relativi a cinque voli tra Roma e Olbia (24, 25, 31 maggio, 1 giugno, 17 agosto 2008), la lista delle persone ammesse al volo, le ragioni della loro presenza. Un procedimento è aperto anche presso la Commissione Europea "per verificare la sussistenza di illeciti compiuti dalle nostre istituzioni". 6) Può dirsi certo che le sue frequentazioni non abbiano compromesso gli affari di Stato? Può rassicurare il Paese che nessuna donna, sua ospite, abbia oggi in mano armi di ricatto? Berlusconi: "La risposta vale per oggi come per il passato, in quanto io non mi sono mai lasciato ricattare da nessuno, né mi sono mai comportato in modo per cui un simile evento si potesse verificare. Quando nei miei confronti sono state avanzate richieste che, secondo il giudizio mio e dei miei legali, si configuravano come ricattatorie, mi sono immediatamente rivolto all'autorità giudiziaria". -------------- La replica del capo del governo è gravemente insincera per il presente e per il passato. Anche trascurando il recentissimo "caso Marrazzo" (vede il video ricattatorio - "corpo del reato" - avverte Marrazzo, gli consiglia di acquistarlo e distruggerlo), è stato lo stesso premier a denunciare, a La Maddalena, come la notte di sesso con la prostituta Patrizia D'Addario lo abbia esposto a un'imbarazzante e pericolosa vulnerabilità. "Sono stato vittima di una persona che ha voluto creare artatamente uno scandalo. La signora ha commesso quattro reati e rischia una pena edittale di 18 anni, ma non ho ancora deciso se dare il via a queste cause" (Ansa, 10 settembre, 21,01). Per il passato, la sfiducia per l'autorità giudiziaria e la diffidenza per ogni denuncia è addirittura documentata e fragorosa. Nel 1975 esplode un ordigno contro la sua abitazione in via Rovani a Milano. Berlusconi non ne fa cenno alle polizie. Nel 1986, scoppia un'altra bomba contro il palazzo di via Rovani. Berlusconi confessa ai carabinieri di sospettare il mafioso Vittorio Mangano, fattore di Villa San Martino ad Arcore. Aggiungerà: "Se mi avesse chiesto cinquanta, sessanta milioni glieli avrei dati...". Il 7 febbraio 1988, Berlusconi conversa al telefono (intercettato) con un suo amico (l'immobiliarista Renato Della Valle). Dice: "C'ho tanti casini in giro, a destra, a sinistra. Ce n'ho uno abbastanza grosso, per cui devo mandare via i miei figli, che stanno partendo adesso per l'estero, perché mi hanno fatto estorsioni... in maniera brutta". Berlusconi spiega che si tratta di "una cosa che mi è capitata altre volte, dieci anni fa, e... sono ritornati fuori". Poi racconta: "Sai, siccome mi hanno detto che, se entro una certa data, non faccio una roba, mi consegnano la testa di mio figlio a me e espongono il corpo in piazza del Duomo...". Anche dinanzi a questo terribile ricatto, Berlusconi non si è rivolto né alle polizie né alla magistratura. 7) Le sue condotte sono in contraddizione con le due politiche: lei oggi potrebbe ancora partecipare al Family Day o firmare una legge che punisce il cliente di una prostituta? Il premier non risponde. 8) Lei ritiene di potersi ancora candidare alla presidenza della Repubblica? E ,se lo esclude, ritiene di poter adempiere alla funzione di presidente del Consiglio? Berlusconi: "Come molti ricorderanno ho ripetutamente indicato a titolo di suggerimento, affinché dal Parlamento possa essere compiuta la scelta migliore, un candidato (Gianni Letta) che ritengo sia il migliore in assoluto". ------------- In questo caso, la menzogna è sorprendente. Non c'è chi non sappia che il capo del governo abbia come obiettivo l'ascesa alla presidenza della Repubblica. Lo ha detto lui stesso: "Se passerà la riforma presidenziale, come quella sul modello francese o americano, dovrei automaticamente presentarmi come candidato alla presidenza della Repubblica" (19 luglio 2002). "Uno con la mia storia perché non dovrebbe pensarci " (3 ottobre 2008). Qualche giorno prima Bossi aveva detto: "Berlusconi al Quirinale, noi lo voteremo" (28 settembre 2008). 9) Lei ha parlato di un "progetto eversivo" che la minaccia. Puo' garantire di non aver usato nè di voler usare intelligence e polizie contro testimoni, magistrati, giornalisti? Berlusconi: "I violenti attacchi contro di me, sempre avulsi da ogni attinenza alla realtà e frutto solo di preconcetta ostilità, sono sotto gli occhi di tutti. Ma non ho certo mai pensato di impiegare queste risorse contro alcuno". -------------- E' già accaduto nella precedente legislatura (2001/2006) che l'intelligence militare, governata da Berlusconi, si mettesse al lavoro contro gli avversari veri o presunti del capo del governo e del suo partito. Il 5 luglio 2006, in un ufficio riservato del direttore del Sismi (Niccolò Pollari), furono sequestrati centinaia di report, dossier su politici, magistrati, imprenditori, giornalisti, alti funzionari delle burocrazie della sicurezza. E soprattutto "un appunto" di 23 pagine che elaborava un programma per "disarticolare con mezzi traumatici" l'opposizione al governo. Il testo spiega come e perché "disarticolare", "neutralizzare", "ridimensionare" e "dissuadere" anche con "provvedimenti" e "misure traumatiche" ogni dissenso, autentico o ipotetico. L'appunto fu trovato nelle carte del braccio destro (e riservato) del direttore del Sismi - Pio Pompa. Pompa, il 21 novembre 2001, aveva inviato un fax a Palazzo Grazioli: " (...) Sarò, se Lei vorrà, il suo uomo fedele e leale...". Il progetto di "disarticolazione" fu attuato "fin dalla prima quindicina di settembre (2001)". Ne faranno le spese, magistrati, giornalisti e, alla vigilia delle elezioni del 2006, il competitore di Berlusconi, Romano Prodi. Contro di lui, e con la collaborazione di giornalisti pagati dagli "spioni", il Sismi scatenerà una campagna di discredito con documenti falsi. 10) Alla luce di quanto emerso in questi mesi, quali sono, signor presidente, le sue condizioni di salute? Berlusconi: "A questa domanda rispondono i fatti. Da quella data a oggi le mie condizioni di salute, a parte un fastidioso torcicollo ormai debellato e la scarlattina che ho avuto a fine ottobre, sono infatti quelle che mi hanno permesso di proseguire e completare sedici mesi di fittissimi impegni che per brevità così riassumo: 170 incontri internazionali, 25 vertici multilaterali, 9 vertici bilaterali, 80 conferenze stampa, 66 consigli dei ministri 91 interventi e discorsi pubblici a braccio. Cosa avrei fatto se non fossi stato ammalato?". ----------- La notizia dell'energico e ottimo stato di salute del presidente del consiglio non può che farci piacere, naturalmente. Tuttavia, è necessario qualche ricordo. E' stata la moglie del premier, Veronica Lario, a dire: "Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. È stato tutto inutile" (Repubblica, 3 maggio). La signora si riferiva alla frequentazione delle minorenni, al vortice di giovani donne (secondo Veronica Lario, "figure di vergini che si offrono al drago per rincorrere il successo, la notorietà e la crescita economica") che rallegrava e rallegra le notti dell'"imperatore". La moglie del premier si riferiva alla sexual addiction che affligge il presidente del consiglio. Della satiriasi, Berlusconi non parla. Parlano per lui il "caso D'Addario" e le conversazioni (intercettate) con l'imprenditore Giampaolo Tarantini. (6 novembre 2009) |
Post n°52 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
49. ::: IL CASO Nel nome di Eva la rivolta dei ciclisti urbani Tornava a casa dal lavoro in bici, uccisa a Roma ai Fori Imperiali. Una fiaccolata e proteste. "Il 40% delle vittime della strada non è in auto" di CECILIA GENTILE Eva Bohdalova ROMA - L'ultima si chiamava Eva, tornava in bici a casa. Investita da un taxi ai Fori Imperiali. Nel suo nome, è partito un tam-tam via web. Bisogna ricordarla e fare il modo che non sia morta invano. Una fiaccolata che diventa una forma di pressione. In Italia muoiono 352 ciclisti all'anno, quasi uno al giorno. Chi prende la bicicletta per spostarsi in città rischia la vita. Non basta che faccia un favore ai concittadini liberando spazio prezioso dalle auto e muovendosi a inquinamento zero. Paga la sua scelta con un'esposizione costante al pericolo. Pedoni e ciclisti costituiscono il 40% del totale delle vittime per incidenti stradali in città. Un dato che ci discosta anni luce dall' Europa, dove la percentuale è del 20%. "E non è colpa del ciclista - dichiara Edoardo Galatola, responsabile della Sicurezza per la Fiab, la Federazione italiana amici della bicicletta - Chi va in bicicletta muore per la velocità incontrollata delle macchine. E' la velocità il grande problema degli spazi urbani, non ci sono regole adeguate né controlli". Oggi a Roma, ciclisti, ma non solo, manifestano con una fiaccolata ai Fori Imperiali per ricordare Eva Bohdalova, 28 anni. Travolta e uccisa nella notte tra il 29 e il 30 ottobre mentre tornava a casa dal lavoro in bicicletta. "Vogliamo giustizia e verità", dice il tam tam dei blogger e delle associazioni, che tornano a chiedere "misure non più rinviabili per la sicurezza di ciclisti e pedoni". "I ciclisti, come i pedoni - dice Eugenio Galli, presidente di Fiab-Ciclobby di Milano - sono poco più che degli ospiti nel paesaggio urbano, dove esistono solo le macchine. Le auto occupano spazi che non competono loro: scivoli per disabili, piste ciclabili, marciapiedi, spazi pedonali. Investono i ciclisti alle spalle, come sembra sia successo ad Eva. E l'investimento alle spalle non si può proprio evitare. Però si possono prendere delle precauzioni, come luci e gilet catarifrangenti. Ma il grande problema è quello del ripristino delle regole, che vuol dire rispetto dell'utenza debole: ciclisti, pedoni, anziani, bambini. In città non c'è più spazio per loro". Altre cifre: 14.535 ciclisti feriti nel 2007, 20.525 pedoni. "E stiamo attenti - aggiunge Paolo Bellino, uno dei più attivi nella rete delle ciclofficine romane e di critical mass - quest'emergenza non si risolve con le piste ciclabili. Le macchine devono prima di tutto rallentare, devono dare spazio alle biciclette, che sono una componente del traffico urbano". "Ci vuole un mix di provvedimenti - riprende Galatola - zone a velocità 30, interventi di moderazione del traffico e percorsi ciclabili. Dove la velocità supera i 30 chilometri all'ora serve una separazione dei flussi". In Italia la percentuale degli spostamenti in bicicletta è ferma al 4%. In Olanda è del 25%. La carta europea della mobilità sostenibile prescrive alle città di raggiungere almeno la quota del 15% sul totale degli spostamenti. E c'è una ragione. "Se si arriva al 15% gli incidenti in bicicletta cominciano a decrescere - spiega Galatola - perché le macchine si abituano alla loro presenza in strada e il regime di velocità cambia". È un po' il principio di Critical Mass, la massa critica dei ciclisti che una volta al mese pedala in città: "Noi non blocchiamo il traffico, noi siamo il traffico". (6 novembre 2009) |
Post n°51 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
48. ::: Antonio LIGABUE - Nome all' anagrafe:- Antonio LACCABUE -
Antonio Ligabue, vero nome Antonio Laccabue (Zurigo, 18 dicembre 1899 – Gualtieri, 27 maggio 1965), è stato un pittore italiano, tra i maggiori esponenti del genere naïf nel XX secolo. Biografia [modifica]Nato da Elisabetta Costa, originaria bellunese e da padre ignoto, la madre sposò nel 1900 Bonfiglio Laccabue, originario di Reggio Emilia che legittimò il figlio Antonio dandogli il proprio cognome, che nel 1942 il pittore cambierà in Ligabue. Nel 1901 fu affidato ad una famiglia affidataria, gli Hasserman. Nel 1913 morirono tragicamente la madre, Elisabetta, e 3 fratellastri. Entrò in un collegio di ragazzi portatori di handicap, ma nel 1915 ne fu espulso. Iniziò a lavorare saltuariamente come contadino e condusse una vita errabonda. Dopo un vivace alterco con la madre affidataria fu ricoverato in una clinica psichiatrica. Nel 1919, su denuncia della Hasserman, fu espulso dalla Svizzera. Da Chiasso fu condotto a Gualtieri, paese d'origine del padre adottivo, ma, non sapendo una parola d'italiano, fuggì dal paese tentando di tornare in Svizzera. Riportato nel paese, visse del soccorso del Comune nell'Ospizio di mendicità Carri. Nel 1920 gli fu offerto un lavoro agli argini del Po e proprio in quel periodo iniziò a dipingere. Nel 1928 incontrò Renato Marino Mazzacurati il quale ne comprese l'arte genuina e gli insegnò l'uso dei colori ad olio guidandolo verso la piena valorizzazione del suo talento. In quegli anni si dedicò completamente alla pittura, continuando a vagare senza meta lungo il fiume Po. Nel 1937 fu ricoverato in manicomio a Reggio Emilia per atti di autolesionismo. Nel 1941 lo scultore Andrea Mozzali lo fece dimettere dall'ospedale psichiatrico e lo ospitò a casa sua a Guastalla, vicino a Reggio Emilia. Durante la guerra fece da interprete per le truppe tedesche. Nel 1945 fu internato in manicomio per aver picchiato un militare tedesco e vi rimase per tre anni. Nel 1948 iniziò a dipingere più intensamente, e giornalisti, critici e mercanti d'arte iniziarono a interessarsi a lui. Nel 1957 Severo Boschi, "firma" de Il Resto del Carlino, e il noto fotoreporter Aldo Ferrari si recarono a Gualtieri per incontrarlo: ne scaturì un servizio sul quotidiano e immagini tuttora notissime. Nel 1961 fu allestita la sua prima mostra personale alla Galleria La Barcaccia di Roma. Ebbe un incidente di motocicletta e l'anno successivo fu colpito da paresi. Guastalla gli dedicò una grande mostra antologica. Chiese di essere battezzato e cremato, morì il 27 maggio 1965. Riposa nel cimitero di Gualtieri, sulla sua lapide la maschera funebre in bronzo ad opera di Mozzali. Fu denominato Al Matt (il matto) o Al tedesch (il tedesco). Nel 1965, all'indomani della sua morte, gli venne dedicata una retrospettiva nell'ambito della IX Quadriennale di Roma. Sulla sua vita, il regista Salvatore Nocita realizzò nel 1977 per la RAI uno sceneggiato, Ligabue, con Flavio Bucci nella parte dell'artista. Al Palazzo Reale di Milano si è svolta una mostra monografica sul pittore. Iniziata il 20 giugno 2008, è terminata il 4 novembre 2008. Curiosità [modifica]Augusto Daolio gli dedicò una canzone intitolata Dammi un bacio.
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Post n°49 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
46. ::: Redazione Radio Città Aperta www.radiocittaperta.it/index.php?option=com_content&task=view&id=2518&Itemid=9 |
Post n°48 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
45. ::: Lettera aperta della cantante al Presidente della CameraFiorella Mannoia a Gianfranco Fini: È possibile una destra onesta e civile? di Fiorella Mannoia, da ambasciatateatrale.com |
Post n°47 pubblicato il 06 Gennaio 2012 da Arkivio21
44. ::: La decisione, contraria all'ordine della procura di Salonicco, è stata presa per non scatenare una rivolta incontrollabile La polizia non arresterà gli studenti che occupano scuole e università di Salonicco. La decisione è arrivata per il timore che una simile azione scateni una rivolta incontrollabile. Lo ha affermato Tues Metafidis, dirigente del sindacato insegnanti Olme: la polizia ritiene che gli arresti in massa farebbero precipitare la situazione, provocando "imprevedibili reazioni" da parte dei ragazzi. |
43. :::
di Pierfranco Pellizzetti, da "Il Fatto Quotidiano", 28 ottobre 2009 |
Socialdemocrazia in crisi. Le speranze deluse, gli errori storici, la politica come casta. Libertà civili e giustizia sociale gli ingredienti per un vero progetto riformista. |
Post n°44 pubblicato il 05 Gennaio 2012 da Arkivio21
Altrachiesa
Mons. Bottoni contro il governo: “La democrazia sta morendo” All'annuale cerimonia organizzata dall'Anpi in memoria dei caduti partigiani al Campo della gloria del cimitero Maggiore di Milano, l'intervento più applaudito è stato quello di monsignor Gianfranco Bottoni, responsabile delle relazioni ecumeniche e interreligiose della Diocesi di Milano. Ha spiegato che «si assiste in questo periodo a una caduta senza precedenti della democrazia e dell'etica pubblica» e ha parlato di «continui colpi al sistema democratico» oltre che di «uno stato padrone a gestione personale». «È in corso - ha aggiunto - una morte lenta e indolore della democrazia, una progressiva eutanasia della repubblica nata dalla Resistenza». |
Post n°43 pubblicato il 05 Gennaio 2012 da Arkivio21
40. ::: Il segretario di Stato Vaticano torna a criticare il pronunciamento
ROMA - Il segretario di Stato Vaticano torna a criticare la sentenza della Corte Europea dei diritti
Piergiorgio Odifreddi commenta la sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo che ha definito la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche "una violazione della libertà dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni e della libertà di religione degli alunni". (4 novembre 2009) micromega
4 novembre 2009 La Croce che non s’impone di Marco Politi La croce non si impone. E’ il messaggio che viene da Strasburgo, dove la Corte europea dei diritti dell’uomo ha sancito che i crocifissi nelle aule scolastiche rappresentano una doppia violazione. Perché negano la libertà dei genitori di educare i figli secondo le proprie convinzioni religiose o filosofiche e al tempo stesso violano la libertà degli alunni. Il governo italiano, tanto attento alla fede cristiana nei suoi proclami quanto a-religioso nei comportamenti del suo leader, ha subito deciso di presentare ricorso. Agitazione al centro e a destra, dove il ministro Frattini paventa un “colpo mortale all'Europa”, mentre l'Udc Rocco Buttiglione parla di “sentenza aberrante da respingere”. Prudenza nel centrosinistra: il neo-segretario Pd Bersani si limita a definire la presenza del crocifisso nella aule una “tradizione inoffensiva”. Eppure la Corte europea dei diritti dell’uomo è solo responsabile di chiarezza. Non è la sua una scelta antireligiosa, come si affrettano a diffondere le prefiche che lamentano continuamente la perdita delle «radici cristiane d’Europa». Al contrario è il limpido riconoscimento che i simboli religiosi sono segni potenti, che incidono sulle coscienze. Da tempo l’Italia pseudo-religiosa della cattiva coscienza, per sfuggire alla questione della laicità delle istituzioni, si è inventata la spiegazione che il crocifisso sia soltanto un simbolo della tradizione italiana, un’espressione del suo patrimonio storico e ideale, un incoraggiamento alla bontà e a valori di umanità condivisibili da credenti e non credenti. Non è così. O meglio, tutto questo insieme di richiami è certamente comprensibile ma non può cancellare il significato profondo e in ultima istanza esplicito di un crocifisso esposto in un ambiente scolastico o nell’aula di un tribunale. Il crocifisso sulla cattedra è il richiamo preciso ad una Verità superiore a qualsiasi insegnamento umano. Il crocifisso sovrastante le toghe dei magistrati è il monito a ispirarsi e non dimenticare mai la Giustizia superiore che promana da Dio. È accettabile tutto ciò da parte di chi non crede in “quel” simbolo? E’ lecito imporlo a quanti sono diversamente credenti sia che seguano un’altra religione sia che abbiano fatto un’opzione etica non legata alla trascendenza? La risposta non può che essere no. Già negli anni Novanta nel paese natale di papa Ratzinger la Corte Costituzionale tedesca sancì con parole pregnanti che nessuno può essere costretto a studiare “sotto la croce”, perché la sua esposizione obbligata è lesiva della libertà di coscienza. Persino la cattolicissima Baviera – lo riferì a suo tempo anche l’Avvenire non disdegnando la soluzione – ha affrontato il problema. In quel Land tedesco il crocifisso è di norma esposto nelle aule scolastiche: se però degli studenti obiettano, le autorità scolastiche aprono un confronto che può condurre alla rimozione del simbolo. Il messaggio di Strasburgo porta in Italia una ventata di chiarezza. Non nega affatto la vitalità di una tradizione culturale. Non “colpisce”, come lamenta l’Osservatore Romano, una grande tradizione. Strade, piazze, monumenti continueranno a testimoniare il vissuto secolare di un’esperienza religiosa. Edicole, crocifissi, statue di santi, chiese e oratori continueranno a parlare di una storia straordinaria. (Ma meglio sarebbe che gli alfieri della difesa delle «radici cristiane» si chiedessero perché tante chiese vuote, perché tanta ignoranza religiosa negli alunni che escono da più di dieci anni di insegnamento della religione a scuola, perché sono semivuoti i seminari e deserti i confessionali). Né viene toccato il diritto fondamentale dei credenti, come di ogni altro cittadino di diverso orientamento, di agire sulla scena pubblica. La Corte europea dei diritti dell’uomo afferma invece un principio basilare: nessuna istituzione può essere sotto il marchio di un unico segno religioso. Laicità significa apertura e neutralità, rifiuto del monopolio. Ci voleva la tenacia di una madre finlandese trasferita in Italia, Soile Lautsi, per intraprendere insieme al marito Massimo Albertini la lunga marcia dal consiglio di classe di una scuola di Abano al Tar, al Consiglio di Stato, alla Corte costituzionale, alla Corte di Strasburgo perché l’Italia fosse ammonita a rispettare questo elementare principio. Se si chiede alla coppia cosa le ha dato la tenacia di non arrendersi al conformismo delle autorità, la riposta è sobria: “L’amore per i figli, il desiderio di proteggerli. E loro, cresciuti nel frattempo, ci hanno detto di andare avanti”. Sostiene la conferenza episcopale italiana che la sentenza di Strasburgo suscita “amarezza e perplessità”, perché risulterebbe ignorato il valore culturale del simbolo religioso e il fatto che il Concordato riformato del 1984 riconosce i principi del cattolicesimo come “parte del patrimonio storico del popolo italiano”. È questa parola “parte” che i vescovi dovrebbero non dimenticare. Il cattolicesimo non è più religione di Stato né esiste nella Costituzione repubblicana un attestato di religione speciale, rispetto alla quale altre fedi o orientamenti filosofici sono di seconda categoria. da Il Fatto Quotidiano n°37 del 4 novembre 2009
di Dario Fo, da Il manifesto, 4 novembre 2009 di Michele Ainis, da La Stampa, 4 novembre 2009 |
Post n°42 pubblicato il 05 Gennaio 2012 da Arkivio21
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Inviato da: donnaappagata
il 07/01/2012 alle 09:33