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Post n°8 pubblicato il 10 Novembre 2010 da flavia.vizzari
L’esigenza di verità non sia mai tentativo di mettere in discussione l’unità del paese. E’ però necessario, per meglio comprendere il presente, conoscere quel passato che lo ha generato. Affinchè quella unità possa pienamente e coscientemente arricchirsi anche della consapevolezza dei propri errori. MALEDETTI SAVOIA? Risorgimento. Gloriose pagine di splendide figure patriottiche o sporca guerra di conquista? Certamente un revisionismo dei vinti non avrebbe motivo di esistere, se non considerando falsate le annessioni plebiscitarie ufficiali con le quali questi ultimi si consegnarono ai vincitori. Mentre la possibilità di accesso a carteggi, inaccessibili per decenni, lascia intravedere abbastanza chiaramente la preesistente volontà di occupare il ricco sud con la sola legittimazione della forza. Volontà, questa, di un piccolo e retrogrado stato, indebitato da una miriade di guerre regolarmente perdute, e messa in atto da personaggi “padri della patria”, quali Vittorio Emanuele, Cavour, Mazzini e Garibaldi, ognuno dei quali aveva in pessima considerazione gli altri. E se risponde certamente a verità che il Borbone, come peraltro tutti i regni del tempo, non fu per nulla liberale e tenero con i propri sudditi, risulta altrettanto evidente quanto quella illiberalità ebbe modo di dare il meglio di sè, quando si espresse in savoiardo. Perchè la piemontesizzazione a cui fu costretto il sud, imponendo legislazioni e moneta proprie ed abolendo usi e costumi delle regioni annesse, unificando l’enorme debito di stato a quello praticamente inesistente delle Due Sicilie, innalzando a dismisura il prelievo fiscale (cosicchè il sud pagò di tasca propria la propria liberazione), predando e trasferendo al nord ogni potenzialità che risultò determinante per la nascita di quel polo industriale (le navi dei Florio, trasferite a Genova, costituirono il nucleo principale della Navigazione Generale Italiana, mentre le realtà dello stabilimento di Pietrarsa servirono a far decollare l’Ansaldo), predando il Banco di Sicilia ed il Banco di Napoli delle molto consistenti riserve, confiscando le terre ed i tesori della chiesa ed usando le rendite derivanti dalla loro vendita ad esclusivo vantaggio del nord, praticamente usando delle Due Sicilie allo stesso modo in cui l’usurpatore austriaco aveva usato dell’Italia, creò in pochissimi anni quell’assunto del “briganti o migranti” mai esistito in precedenza. Assunto, questo, mostratosi triste preludio alla esplosione della questione meridionale che, tuttora irrisolta, continua a deflagrare tra le sventurate avversità del sud. Certo è, peraltro, che se il nostro essere di parte, la parte dei vinti, possa non concedere immediata ed incondizionata credibilità ad una tale ed interessata percezione, anche l’assegnare la patente di neutralità agli storici dei vincitori, che hanno fatto del risorgimento un romanzetto strappalacrime intriso di inenarrabili eroismi e di disinteressati sacrifici, presenti analoghe difficoltà. Storici che hanno avuto il compiacente servilismo di tacere sulle stragi e sulle deportazioni e che per oltre un secolo hanno nascosto, sotto l’infamante tappetino del brigantaggio, persino il sangue innocente. Ma troppo evidenti sono oramai gli indizi che conducono ad una seria revisione di quella romanzata epopea risorgimentale. E troppo numerosi, i testi che da tempo si dissociano dall’immobilismo sacrale dell’ufficialità. E se quei testi e quegli indizi mostrano già una devastante e devastata realtà, è certo che ancor più devastante sarebbe il liquidarli semplicemente come stupidi sentimenti di rivalsa. Emblematico, e recentemente venuto alla luce, il carteggio di una lunga e sconcertante trattativa del governo piemontese che chiede a più soggetti di poter disporre di un’isola sulla quale confinare i prigionieri duesiciliani. Tentativo, questo, che si protrasse almeno fino al 1872 (dodici anni dopo l’annessione), e che apre un ulteriore squarcio sul periodo di terrore e su stragi e deportazioni perpetrate contro intere città. Ponendo l’inquietante interrogativo di quanto numerosi ancora fossero i detenuti nei lager sabaudi (terribile e temutissimo, quello di Fenestrelle). “Briganti” braccati solo perchè fedeli ad un giuramento, o indipendentisti o, semplicemente, picciotti renitenti ad una coscrizione estranea al loro costume, che privava le famiglie delle migliori braccia e le condannava a miseria e disperazione. “Briganti”, talmente numerosi nonostante le continue eliminazioni in calce viva causate da stenti, privazioni, torture e fucilazioni, da rendere necessario il reperimento di un confino che potesse contenerli e totalmente isolarli. “Briganti”, a cui li relega il ruolo di vinti, in quella storia scritta dai vincitori che non si preoccupa nemmeno di dover giustificare le gesta “eroiche” di quei mille, che lo stesso Garibaldi, in parlamento a Torino il 5 dicembre 1861, definisce: «tutti generalmente di origine pessima e per lo più ladra; e tranne poche eccezioni con radici genealogiche nel letamaio della violenza e del delitto». Emblematico e paradossale, anche in questa desolante evidenza, come la “gloriosa epopea risorgimentale” abbia la criminale spudoratezza di far proseliti “nel letamaio della violenza e del delitto”, e che alla fine, sdegnosamente, non esiti a smentirlo. Ecco quindi che la miriade di atti in possesso dei vari ministeri, gli archivi dei Savoia, se ancora esistenti, quelli dei Borbone e di mezza Italia e le tante memorie autobiografiche permetterebbero certamente di fare maggiore chiarezza su uno dei periodi più tristi della storia del sud e di far luce sulle accuse di piraterìa e schiavismo rivolte al Garibaldi. Quel Garibaldi difensore e paladino del popolo, ma accusato di stragi e proprietario di gran parte di Caprera e beneficiario, per il figlio Menotti, di ingenti somme mai restituite al Banco di Napoli. Chiarezza sulle accuse di pavidità al Mazzini, traditore della causa repubblicana. Sulla inettitudine ed ingordigia dell’intera casa Savoia. Sulla spregiudicatezza criminale di Cavour e di Crispi e sul ruolo determinante della massoneria internazionale. Come pure, sulla incredibile credulità di tanti patrioti. Uno per tutti il Pisacane, partito come Garibaldi per una spedizione impossibile perchè convinto ad arte che il sud si fosse già sollevato, ma che, molto ingloriosamente, venne massacrato dagli stessi contadini che voleva liberare. Ben venga, dunque, qualsiasi contributo che serva a ristabilire un briciolo di verità storica, a ridare una postuma dignità a quanti briganti non furono, semmai non lo furono, ed a quanti, in fede, combatterono e resistettero senza l’aiuto di una quinta armata che li conducesse alla vittoria e garantisse loro la qualifica di partigiani. Se appare ormai certo che i savoia organizzarono annessioni plebiscitarie universalmente riconosciute di nessun valore, è peraltro altrettanto certo che il sud non userà lo stesso iniquo metodo, regale solo nella empia efferatezza. Ma se ciò, come da più parti traspare, dovesse continuare a rivelarsi, in tutta la sua mostruosità, come un immenso genocidio di massa dei duesiciliani indiani d’Italia, sarà doveroso e comprensibile, allora, che dalle nostre valli torni a levarsi il grido, solo, unico ed indivisibile: il grido di MALEDETTISAVOIA! Un siciliano (Giovanni Piazza) Una via dedicata ai bersaglieri, a Genova, città che reagì al progetto con la nascita di un movimento popolare spontaneo, ricordando come le truppe sabaude del La Marmora, ed in special modo i bersaglieri, per reprimere la rivolta antisavoia del 1849, cannoneggiassero prima e saccheggiassero poi, perché "non merita riguardo una città di ribelli". Vittorio Emanuele ringraziò il generale con una lettera, in francese, in cui definisce gli insorti genovesi "una vile e infetta razza di canaglie". Appunti e contrappunti
Comu a Genova, "Via dei Bersaglieri", dopu ca la sfascianu già ddi stissi. Ciàvi centanni ecchiù ma parsi aieri ca ddu gran sorti di gran re ci dissi: "Fofò, soggioga a sacco e rappresaglie la vile e infetta razza di canaglie." II Ed il prode La Marmora chi fici? Prima si li va pigghia a cannunati poi li fa catafùttiri a pirnici de bersaglieri e l'autri so' surdati. Ora però, pi sbergiu e fantasìa ci vonu dari tìtulu a la via. III Pirchì, nga comu ni finì, cca ssutta? Piazze e vie Garibbaldi a tinchitè. Si, l'eroe dei due mondi, a dirla tutta ci fussi di sfunnari l'arritrè facennu sulu appuntu e contrappuntu. Comu chi ddici! Comu chi ti cuntu! IV Cumpà, quello era un latro di cavaddi che faceva il pirata bucaniero, di pilu lungarinu a supraspaddi pirchì n'oricchia ci mancava vero, no pi mancanza, ma tagghiata e vvìa pirchì campava di piratarìa. V E a la ranni casata savuiarda sempri in bulletta e dèbbiti 'nsubbissu astura s'alliccàssiru la sarda, pirchì campannu cu ddu chiovu fissu di sempiterna guerra di cunquista ci sirviva qualcunu ntrallazzista VI pi inchìrisi li cassi strafunnati e allura cu l'aiutu di li ngrisi, di du navi e di milli sgangarati, senza pruvocazioni e senza offisi e senza mancu dichiarari guerra pigghiò l'assaltu di sta nostra terra. VII E arriparati arrera a li Britanni, ca sempri lingua ngrisi è Ddiu di guai, sbarcaru senza botta e senza danni accuminciannu l'òpira chi sai e stabilennu sèmplici e pricisi ca l'Italia la fìciru li ngrisi. VIII E milli e milli piastri ci custò e s'accattò ddi stupiti ufficiali burbuni e tradituri ca di so' ci pèrsiru la facci tali e quali ca ognunu si stuiavanu li mussa non cuntrastannu la camisa russa, IX mentri ddu sicilianu sinciruni, ca ci parsi d'aiutu spassiunatu, assicutannu fora a lu Burbuni prestu scarì la virità di statu ca ammenzu a stragi di carnificina iva avanzannu a la garibaldina. X E Ciccu prutistò, cu ddu cugginu piemontisavoiardu, ma Camiddu risposi a tuono e di pinzeru finu dichiarànnusi fora e liddu liddu dissi ca cu la garibbalda truppa nun ci spartiva chiummu emmancu stuppa. XI Ma intantu già l'armata piemuntina pigghiava postu, mentri a menzu via iva canciannu l'aria già cchiù fina e lu culuri di la tirannìa, scura e nniura di cori e chianu chianu già russa di lu sangu sicilianu. XII A Garibbaldi poi si lu iucanu ca essennu persunaggiu incontrollàbbili sùbbitu ci svutò ripubblicanu mentri pi governari in pianta stàbbili al savoiardo pòrsiru vantaggi cullabborazionisti e licchinaggi. XIII Pirchì stu generali in virità nun ci assa mai pinzatu a la cunquista e l'impresa ca si dimostrerà vincenti ma ridicula a la vista fu attenta e priparata a tavulinu di ddu Camiddu ciriveddu finu. XIV Peppi, - ci dissi - tutto il meridione ha misu manu all'arma e cu valìa ha posto in fuga il pèrfido borbone. Tu basta ca t'affacci accomusìa e ti pigghi lu meritu e la gloria svutannu al savoiardo la vittoria. XV E comu lu criaturi Pisacanu ddu babbu ci cridì, partennu a razzu, e chiddu ca nun fu colpu di manu ma sulu di chiù sutta e d'intrallazzu fu principiu di sorti disgraziata, sdisulannu stu regnu a na palata. XVI E dannu casa a latri e malfattura dessi la scusa a dda gran testa fina d'interveniri cu la manu dura. Sulu ca poi, camina ca camina, Garibbaldi pinzava, ma a stu puntu mi pigghiu Roma eppoi ci lu va cuntu. XVII Ma testafina lu capì a na botta ca disturbannu l'aria papalina s'assa nfuddatu assaidicchiù la lotta mittennu in forsi puru la rapina e senza appagnu e chiàcchiri di fera lu rimannò di cursa a la Caprera. XVIII Ma no p'esigliu o pi cunnanna trista pirchì menza di l'isula era so' e si suspetta a ffari lu schiavista si fici il soldo eppoi si l'accattò, pirchì la patria è patria e sempri sia, però la proprietà mancu babbìa. XIX E' fatta - fece il savuiardo - e allura sia fatta l'annessioni pi memoria pirchì l'impresa di sta truvatura sia già ligittimata di la storia e allura vota, sìculu, e perciò sicciài curaggiu vòtici di no. XX E seicentu e sissanta e setti frati l'èbbiru, stu curaggiu smusuratu e nonostanti li minacci armati svutanu e rivutanu di ddu latu lassannu impiritura la memoria e pigghiannu l'appuntu cu la gloria. XXI L'Italia è unita, il popolo è cu mmìa - dissi lu savoiardu a l'intrallazzu, e accuminciò cumpleta la razzìa e li tisori li cugghiva a mazzu e arricampannu ogni di chi truvava mancu l'occhi pi chiànciri lassava. XXII Ogni cassadominiu cumunali ca assupirchiò di poi di li sacchiggi fu sanu sanu siquistratu e tali sucatu in nomu di rigali liggi pirchì la ranni e savuiarda panza nun canusci musura né suttanza. XXIII Ogni chiesa di regula spugghiata giammentri ogni tirrenu papalinu fu spussissatu, ed ogni tassa isata a livellu di furtu e di rapinu sulu pi smusuratu conquibbussu a lu grifagnu savuiardu mussu. XXIV E la terra prumissa fu la fossa, e la miseria la liberazioni, mentri l'eterna sìcula sommossa puru si frammiscata a lampi e troni nenti ci potti contra a l'armamenti ca Cadorna calava i cchiù putenti. XXV E carzarati a la furesterìa a Finistreddi mòrsiru a cafolu, o briganti o migranti, era la via senz'autru versu di pigghiari volu sinnò comu briganti di catina in sempiternu sutta formalina. XXVI Pirchì briganti prima nun cinn'era? Com'è ca poi ci vinni vucazioni? E ammenzu a tanti chiàcchiri di fera n'arresta sulu, a centru di questioni, cirtizza ca ddu nòrdicu sviluppu si raddrizzò, cunzànnusi lu tuppu, XXVII sulu grazi a lu sangu e li tisori duisiciliani, e ddu risorgimentu ca ni chiantanu a forza nta lu cori cantatu nta li libbra a centu a centu s'addimustrò, liggennuci la lista, una misara guerra di cunquista. XXVIII Comu a Genova, "via dei bersaglieri", dopu ca la sfascianu già ddi stissi. Ma essennu nui meridionali e fieri d'èssiri tali, pi nun dari bissi è duvurusa nostra volontà pritènniri sia fatta verità. Giovanni Piazza (lo stesso siciliano)
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Post n°7 pubblicato il 02 Novembre 2010 da flavia.vizzari
Sabato scorso si è svolto a Palermo il Raduno dei siciliani :”30 ottobre, la Sicilia e i Siciliani per lo Statuto”. Lo scopo dell’incontro, nato da un'idea di Santo Trovato che, a metà del mese di luglio del 2010, decise di creare un evento sul social network Facebook dal nome "Cu cci veni a Palermu pi riclamari l'applicazzioni dû Statutu Sicilianu ?" , è stato quello di sensibilizzare l’opinione pubblica verso la mancata applicazione da decenni del nostro Statuto siciliano e di chiedere ai nostri politici, di fare il possibile per giungere ad una giusta applicazione la cui mancanza ad oggi, ci ha privato come regione di ingenti somme, e la cui assenza ha contribuito a segnare negativamente la nostra economia e il nostro sviluppo. Il nostro Statuto regionale, studiato nelle scuole da sempre, ma i cui studenti e la maggior parte dei cittadini sconoscono la mancata applicazione di esso, è stato approvato da Umberto II il 15 maggio 1946. Il 26 febbraio 1948 la Repubblica Italiana lo recepisce, convertendolo in legge costituzionale.
Intanto la Corte Costituzionale, sostituitasi illegittimamente a partire dal 1957 all'Alta Corte, ha demolito pezzo per pezzo lo Statuto con le sue sentenze unilaterali. Lo Statuto di Autonomia è il più avanzato tra gli statuti delle regioni autonome. Se realmente applicato, responsabilizzerebbe al massimo la classe politica siciliana in quanto la Regione, a parte una unica entrata statale derivante dal fondo di solidarietà nazionale previsto dall'articolo 38, dovrebbe reggersi su risorse proprie senza alcun tipo di assistenzialismo da parte dello stato centrale. Se fossero applicati tutti gli articoli dello Statuto, la Regione Siciliana avrebbe nuove entrate (si pensi, per esempio, a quelle previste dall'articolo 37) tant'è che il bilancio complessivo, da calcoli effettuati da esperti in materia di economia, sarebbe superiore di almeno 7 miliardi di Euro a quello attuale! (Sito : http://www.scl.manifestazionestatutopalermo30ottobre.org/le-ragioni) Hanno aderito al raduno, molti siciliani provenienti anche da oltre la Sicilia (Abruzzo, Francia ecc…), ed è da evidenziare che i partecipanti non rappresentavano gruppi politici, ma solo liberi cittadini desiderosi di portare avanti i propri diritti, e siciliani impegnati culturalmente e pertanto conoscitori della nostra ricca storia che ci ha da sempre distinti. Tra i presenti anche molti poeti che da decenni si battono per l’unificazione di una koinè che porti anche all’insegnamento nelle scuole della Lingua siciliana. Il lungo corteo di manifestanti ha percorso le vie centrali ed è giunto al Palazzo Reale, sede del Parlamento siciliano, dove dei bimbi hanno simbolicamente consegnato, agli uscieri del Palazzo, alla presenza delle forze della Polizia, un appello a tutta la rappresentanza istituzionale dai siciliani eletta; e sono state declamate anche delle poesie. Flavia Vizzari. http://artevizzari.italianoforum.com
Messina, 1 Novembre 2010.
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Post n°6 pubblicato il 09 Aprile 2010 da flavia.vizzari
Il soggetto è la facciata della chiesa più grande del villaggio di Santo Stefano Briga a Messina (S. Giovanni Battista); scelto per evidenziare la storia e l’importanza del luogo.
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Post n°5 pubblicato il 26 Marzo 2010 da flavia.vizzari
Apro questo spazio di discussione per gli amici dell'Associazione virtuale che hanno problematiche di inserimento al nostro Forum, affinchè si possa discutere sui nostri argomenti e coordinarci. Di seguito l'argomento trattato su cui esprimere il proprio pensiero:
ASSOCIAZIONE VIRTUALE
http://artevizzari.italianoforum.com
Qui intendiamo per Arte, tutta l'attività creativa che si realizza per mezzo dei diversi linguaggi artistici, quali l'arte visiva (pittura; scultura; cinema; design ambientale, grafico e oggettuale; spettacolo; fotografia...), l'arte letteraria (poesia, filosofia, scienza, storia, novellistica...) l'arte sonora (musica classica, lirica, popolare; canto; danza...) e tutte le forme d'arte che si possono associare.
Questa idea di “serata in pizzeria con gli amici dell'Arte”, ha l’intento oltre che di farci incontrare amichevolmente, (sia noi che ci conosciamo da tanti anni in quanto ex della Scuola d’Arte, e sia i poeti e gli artisti, o solo appassionati d’Arte), quello di cercare di unirci in un gruppo di artisti o amanti dell’Arte volenterosi e disinteressati (cioè non interessati per venalità e ambizioni personali), con lo scopo di contribuire a far crescere l'arte e la cultura a Messina, di organizzare manifestazioni aperte a tutti e suggerire nuove opportunità per la nostra città e per il nostro ambiente, e sopratutto per incoraggiare la ricerca scientifica utile a chiarire obiettivamente le cose dell'arte ed elevarne il livello culturale e sociale.
Abbiamo già creato lo scorso 8 Luglio un primo incontro al Nadir con Nicola Comunale e l’ass. Salvatore Magazzù, e da quello sono seguite altre “Pizzate d’Arte”… Si vorrebbe, se ci sono le compatibilità realizzative, fondare una associazione Culturale "arte e scienza" (che abbracci anche gli amici oltre lo stretto) da creare con tutti coloro che hanno a cuore, appunto, le cose dell'arte, che ricercano verità obiettive, che desiderano sentirsi affratellati nel collaborare e ad aiutarsi fra di loro, per operare in favore della società umana, della civiltà e della convivenza democratica...
Soprattutto desideriamo che la nostra Associazione sia una Associazione squisitamente “culturale” e non “promozionale” dal punto di vista economico e personale per nessuno! La nostra Associazione non deve risolvere problemi economici né promozionali per l'attività professionale, perché non deve avere scopo di lucro alcuno; quindi se si organizza una mostra deve essere all'insegna della conoscenza e della didattica, per il confronto culturale e... non per vendere! Pertanto chi ha interessi per farsi conoscere e per vendere..., dovrà associarsi anche ad altri gruppi e associazioni più adatte a tali esigenze.
Gli aspetti di un gruppo sono tanti e per questo motivo, affinchè si possa mettere assieme le idee di tutti, abbiamo invitato già più volte, ad intervenire al nostro Forum di discussione VIRTUALE http://artevizzari.italianoforum.com per creare un dibattito libero, aperto e rispettoso della pari dignità di chi interviene, dibattito che abbiamo già avviato da alcuni mesi con lo scopo di cercare risposte chiare, anche senza pretendere che siano definitive, sui tanti luoghi comuni e pregiudizi che rendono confusa e contraddittoria la cultura dell'arte; in quanto molti artisti produttori, specialmente giovani, e sopratutto artisti fruitori, sono oggi disorientati, confusi e diffidenti anche verso i propri compagni di "avventura"...
Invitiamo chi lo desidera a scrivere sul Forum le sue proposte, le quali verranno discusse rispettosamente e serenamente con lo scopo di raccogliere ciò che risulta più conveniente in un insieme che costituirà la prima bozza di statuto.
Questo nostro gruppo dovrebbe condividere delle norme di comportamento, che rispondano allo spirito dell'associazione che vorremmo creare:
Bozza Manifesto:
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Post n°4 pubblicato il 16 Marzo 2010 da flavia.vizzari
Mis veranos
versione in lingua spagnola dall'originale in lingua siciliana (Li mei 'stati) inserito nel Libro "... e chiovi" - Edizione del Poggio |
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il 21/03/2010 alle 19:00