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Oleeeee'

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Messaggi di Marzo 2017

ma allora ha ragione Augusto i siciliani non sono Italiani ? :)

Post n°255 pubblicato il 26 Marzo 2017 da elena35

Puo darsi che io sia una razzista al contrario , ma l'articolo dell'espresso forse no ? che dire .
O gli articoli dell'espresso sono validi solo quando pansa sostiene che il caporalato e' anche straniero ? 
L'articolo ovviamente e' del 2014 , sintomo che le cose si risanno da anni ma nessuno fa nulla .   Se avete voglia leggetevelo .

VIOLENTATE NEL SILENZIO DEI CAMPI A RAGUSA IL NUOVO ORRORE DELLE SCHIAVE ROMENE

Antonello Mangano per ''L'Espresso'' del 15 settembre 2014

 

nicoleta bolos e la sua famiglia dormono in uno dei magazzini nicoleta bolos e la sua famiglia dormono in uno dei magazzini

«Possono prendere il mio corpo. Possono farmi tutto. Ma l’anima no. Quella non possono toccarmela». Alina mi indica un locale in mezzo alla campagna. «Lì dentro succede tutte cose possibili». È uno dei pochi edifici che interrompe la serie infinita di serre. Il bianco dei teli di plastica va da Acate a Santa Croce Camerina. Siamo a Sud di Tunisi, terra rossa e mare azzurro che guarda l’Africa. Siamo nella “città delle primizie”, uno dei distretti ortofrutticoli più importanti d’Italia. Il centro di un sistema produttivo che esporta in tutta Europa annullando il tempo e le stagioni. Gli ortaggi che altrove maturano a giugno qui sono pronti a gennaio. Un miracolo chimico che ha ancora bisogno di braccia.

 

I tunisini arrivarono già negli anni ’80, a frontiere aperte. Le dune di sabbia, il clima rovente, le case cubiche più o meno incomplete ricordavano la nazione di provenienza. Hanno contribuito al miracolo economico della provincia – l’oro verde - e poi sono stati sostituiti senza un grazie. Dal 2007 arrivano nuovi migranti che lavorano per metà salario. I rumeni. E soprattutto le rumene. Nell’isolamento della campagna sono una presenza gradita. Così è nato il distretto del doppio sfruttamento: agricolo e sessuale.

 

FESTINI

Una cascina in aperta campagna. Ragazze rumene sui vent’anni. Un padrone che offre carne fresca ai parenti, agli amici. Ai figli. Tutti sanno e tutti tacciono. Don Beniamino Sacco è il sacerdote che per primo ha denunciato i “festini agricoli”. «Sono diffusi soprattutto nelle piccole aziende a conduzione familiare», denuncia il parroco. Tre anni fa ha mandato in carcere un padrone sfruttatore. Ha subito minacce e risposto con una battuta: «Non muoio neanche se mi ammazzano».

 

La solidarietà è scarsa, anche tra rumeni. Come è possibile che tutto questo succeda nel silenzio generale? Secondo Ausilia Cosentini, operatrice sociale dell’associazione “Proxima”, «la mancanza di solidarietà tra i rumeni, e la loro mentalità omertosa, si incastra con quella altrettanto omertosa del territorio. In più, da qualche mese noto un aumento dell’intolleranza».

lavoro degli immigrati nelle serre siciliane lavoro degli immigrati nelle serre siciliane

 

«Se non ci fossero i migranti, la nostra agricoltura si bloccherebbe», dice all’Espresso Giuseppe Nicosia, sindaco di Vittoria. «C’è una buona integrazione, ma la violenza sulle donne è un peso sulla coscienza di tutti. Un fenomeno disgustoso, anche se in regressione». Giuseppe Scifo della Flai Cgil spiega che allo sfruttamento lavorativo si aggiunge la segregazione. Per questo è stato avviato il progetto “Solidal Transfert”, un pulmino che permette di spostarsi senza dipendere dai padroni. «Ho conosciuto rumeni che non erano mai stati in paese», dice.

 

Uno squillo

«Se sei abituato dalla Romania, qui non è tanto più pesante», spiega Adriana con un sorriso. Non è facile crederci ascoltando la storia di Luana, quaranta anni. I due figli l’hanno raggiunta dopo il suicidio del marito in Romania. Lavora in una serra sperduta nelle campagne di Vittoria, vive in un casolare fatiscente nei pressi. La scuola è difficile da raggiungere a piedi. Il tragitto è lungo e pericoloso per due bambini soli. Il padrone è un signore di Vittoria. Si offre generosamente: «Li accompagno io». La sua non è una richiesta disinteressata.

la valle di ragusa foto di francesca commissari per the observer la valle di ragusa foto di francesca commissari per the observer

 

In piena notte la chiama. Chiede se i bambini si sono addormentati. Le dice di raggiungerlo sotto un albero. Anche il padrone vive lì, a due passi. Con la moglie e un figlio. Luana teme soprattutto le minacce dell’uomo, ha paura per i bambini. A volte si nega. Lui subito minaccia. «Non li porto più a scuola. Niente acqua da bere. Neanche a te. Qui c’è caldo e l’acqua che diamo alle serre è avvelenata. Vuoi andare al supermercato? È molto lontano».

 

Luana sopporta tutto. Persino quando lui perde la testa e la minaccia con la pistola. Ma quando dice che non porterà più i bambini a scuola, condannandoli all’isolamento più assoluto, pensa che può bastare. Decide di fuggire. Di notte prepara la valigia, prende i bambini per mano. Luana è stata accolta e protetta nel centro di accoglienza dell’associazione “Proxima”. È inserita nei programmi destinati alle vittima di tratta. Come se fosse una storia di prostituzione. Si tratta invece di lavoratrici che producono ortaggi. Quelli che tutti compriamo al supermercato. Dopo un mese ha deciso di andare via. Ora lavora nuovamente nelle serre. Sfruttamento estremo significa anche mancanza di alternative.

 

Lontano da Seva

La storia di Luana è stata raccolta da Alessandra Sciurba, ricercatrice dell’Università di Palermo . Perché le donne accettano queste condizioni? «In genere sono consapevoli di quello che le aspetta. Ma lo fanno per tenere unita la famiglia». Nelle serre puoi vivere coi bambini. A casa di un anziano no. Meglio quindi fare la contadina che la badante. Per questo ci sono nelle serre tante mamme rumene coi bambini. «Possiamo parlare di un estremo esercizio del diritto all’unità familiare».

immigrati arrivano alla stazione dei bus di vittoria immigrati arrivano alla stazione dei bus di vittoria

 

Le rumene vengono da Botosani, una delle zone più povere del paese. Anche lì lavoravano in campagna. «Non potevo stare lontana da Seva, sono troppo attaccata», dice Adriana. Sciurba spiega che le rumene possono essere definite bread winner. Sono le prime a partire. I mariti, se arrivano, arrivano dopo. Intanto gli italiani diventano padroni della loro vita e della loro morte. Sono padroni in tutti i sensi. Le rumene hanno una “considerazione inferiorizzata” di tutti gli uomini: tunisini, rumeni, italiani. «Qualunque cosa possono farci, loro sono niente», conferma Adriana.

 

Un’altra storia raccolta da Sciurba è quella di Cornelia e Marco. Cercavano una situazione tranquilla. Una serra dove portare la bambina e un padrone che tiene le mani a posto. Hanno trovato un lavoro vicino Gela. Dieci ore al giorno, pochi soldi e in nero. La “casa” è una stanza spoglia nel magazzino. «Ma non devi guardare mia moglie», ha chiarito Mario al padrone. Va bene, ha risposto lui. Anche perché c’è un’altra rumena, sposata, che assecondava le sue voglie. Il marito fa finta di niente per non perdere il lavoro.

 

Nella serra ci sono cani da guardia molto aggressivi. Sono addestrati per sorvegliare e controllare i lavoratori. Un giorno un dobermann azzanna Cornelia e la bimba, ferendo gravemente alla coscia la piccola. «Ci sono voluti quasi 100 punti», dice mostrando la gambetta della bimba. «Io la tenevo in braccio e ho cercato di proteggerla ma è stato impossibile fermare il cane». Arrivano i carabinieri, il padrone dice che l’animale passava per caso. Intanto il dobermann viene nascosto. La rumena che ha una relazione col padrone conferma. Cornelia e Marco devono ricevere ancora 5000 euro. Denunciano l’uomo. La bambina dovrà essere sottoposta a intervento chirurgico per fare in modo che il muscolo possa svilupparsi correttamente.

 

i magazzini dove vivono le donne contadine di ragusa i magazzini dove vivono le donne contadine di ragusa

Almeno i due non pagavano l’affitto. C’è anche chi chiede fino a 300 euro al mese per un rudere. «Ci sono abitazioni piccole e senza infissi», rivela una ricerca condotta dall’“Associazione per i diritti umani”. «I buchi nel soffitto fanno passare l’acqua piovana. Le mura sono erose dall’umidità. Proliferano i miceti, con conseguenti patologie come l’asma in soggetti, soprattutto in tenera età, prima perfettamente sani. Il tutto nel totale disinteresse del locatario». Nella zona sono intervenuti sia Emergency che Medici Senza Frontiere. Come fosse una zona di guerra e non un distretto produttivo. Spesso gli operatori affermano che certe cose (letti di cartoni, cucine col fornelletto a gas, magazzini adattati ad abitazione) non le hanno viste nemmeno in Africa.

 

L’anima non me la toccano

È il più spaventoso dei metodi contraccettivi. Vittoria è il primo comune in Italia per estensione delle coltivazioni plastificate e per numero di aborti in proporzione al numero di abitanti. Va avanti così da anni. Spesso le rumene sono giovanissime. Arrivano in ambulatorio accompagnate da uomini, in genere italiani ma a volte anche tunisini e albanesi. «Restano sedute con lo sguardo fisso a terra e gli uomini parlano al posto loro», racconta un’operatrice dell’Asl. «Anni fa un tunisino mi ha portato tre ragazze rumene, tutte incinta, per farle abortire. Parlavano poco. Quando sono rimasta sola con loro mi hanno detto di lavorare nelle serre di cui lui era proprietario».

 

«Nel caso specifico di Vittoria le donne si trovano impossibilitate ad interrompere la gravidanza poiché tutti i medici sono obiettori di coscienza», spiega la ricerca dell’“Associazione Diritti Umani”. Solo all’ospedale di Modica sono presenti medici non obiettori, ma la crescita esponenziale di richieste di aborto porta un allungamento dei tempi di attesa, rendendo impossibile l’aborto entro i tre mesi previsti dalla legge. Alcune donne sono costrette a ritornare nei loro paesi d’origine per abortire. Altre, invece, si affidano a strutture abusive e a persone che, sotto cospicuo pagamento, praticano l’aborto senza averne competenza».

nicoleta bolos con la figlia nella provincia di ragusa nicoleta bolos con la figlia nella provincia di ragusa

 

L’uomo cacciatore

Per le vittoriesi la colpa è delle rumene. Sono loro a tentare il maschio siciliano, per sua natura focoso. C’è una fortissima rivalità tra donne. L’“uomo cacciatore”, ovviamente, è orgoglioso delle “conquiste”. Vantarsi di queste cose dentro le serre è normale. Molto complessa la figura del marito rumeno, a volte presente anche lui in serra. Sa e non sa, vede e non vede. Se non accetta la situazione, è il primo a essere cacciato.

 

Di fronte a certi orrori lo sfruttamento sul lavoro passa quasi in secondo piano. Anche se significa salari da dieci euro al giorno, temperature di fuoco sotto i teloni, veleno che può rovinare i polmoni, la pelle, gli occhi. Per non parlare delle “fumarole”. Quando di notte bruciano piante secche e fili di nylon, di mattina si soffoca.

 

Così si produce l’ortofrutta che troviamo in tutti i supermercati. «Abbiamo circa 3000 aziende agricole di piccola e media dimensione», spiega il sindaco Nicosia. «È la più grossa espressione dell’ortofrutta meridionale, oltre che il mercato è il più importante d’Italia di prodotto con confezionato». Nel 2011 risultavano regolarmente registrati 11845 migranti, una stima di quelli che lavorano nelle serre oscilla tra 15mila e 20mila. Migliaia di schiavi che ci permettono di mangiare ortaggi fuori stagione.

 

lavoratori nei campi siciliani lavoratori nei campi siciliani

 

 

 

 
 
 

magari eh ....

Post n°254 pubblicato il 25 Marzo 2017 da elena35

Magari parliamo delle ragazze rumene nei campi di Ragusa , quelle che raccolgono la verdura e vengono abusate sessualmente dai loro caporali .
Magari anche in rai comincino a parlare di questo e non delle FANTOMATICHE caratteristiche di FANTOMATICHE ragazze dell'est .
Si inizi a parlare di condizioni di lavoro per donne (ecco l'altro ) e di abusi sessuali da chi detiene un mimino di potere contrattuale , e sono Italianissimi i caporali e magari cattolici , oppure di bambini delle dell'inchiesta delle iene i cui clienti sono Italianissimi .
Magari eh .....
Che a me di cosa vogliono certi uomini Italiani dalle donne mi frega niente , visto che spesso appena escono di casa si approssimano a prostitute minorenni  , trans , e piccoli ragazzini dell'est europa , insospettabili mariti magari di donne italianissime .

 
 
 

Brigida (26, aprile 2014)

Post n°253 pubblicato il 22 Marzo 2017 da Lutero_Pagano

Suor Brigida, al secolo Ronsisvalle Calogera, era felice dell’incarico ricevuto. Le era stata affidata una missione di grande responsabilità; portare, aiutata da una consorella, un gruppo di novizie in Sila, per un ritiro spirituale, presso una grande baita di proprietà della diocesi di Cosenza nei pressi di Camigliatello. Lì sarebbero state raggiunte da un frate missionario reduce dall’Angola.
Nata in un piccolo paesino di provincia, la giovane Calogera aveva vissuto fino a vent'anni in famiglia. Da sempre il suo animo semplice e virtuoso, sfidava la sua bellezza fisica, perdendo puntualmente. Un rappresentante di pezzi di ricambio per trattori, che mensilmente veniva a rifornire il piccolo consorzio agrario gestito dal padre, le aveva messo gli occhi addosso. Dopo un semestre di lusinghe, e millantati bagliori promessi alla bella Calogera, ne aveva avuto ragione. Lei gli aveva regalato la sua virtù certa di un futuro matrimonio che avrebbe anche potuto esserci se la tipica vivacità spermatica del giovane rappresentante non avesse lasciato traccia di sé sul ventre della ragazza.
Preso dal panico lui fuggì via cambiando mestiere e città.
L'atteso dramma ebbe luogo con tutta la gravità che la circostanza richiede. Calogera fu mandata in città da parenti della madre, con la pubblica scusa di una vacanza e il segreto compito di una discreta soluzione in una clinica privata.
Sgravata che fu dall'ingombrante problema, avrebbe dovuto fare rientro a casa. Invece a casa non ci tornò mai più.
Inorridita dallo scempio devastante della soluzione che le avevano imposto, più che dall'inganno subìto dal ragazzo, giunse alla conclusione che, ad appena vent'anni, il suo animo e il suo corpo, erano già stati martoriati abbastanza. Avrebbe chiuso col mondo e sarebbe entrata in convento.
Così fece. Il ventennio successivo vissuto in convento, non conobbe alcun ripensamento.
Quella sera, lei e le sue consorelle, erano stanchissime. Avevano fatto una lunga escursione sui monti. Loro, così poco abituate a camminare in montagna, adesso, dopo una breve cena erano tutte al piano di sopra che dormivano profondamente.
Era da poco passata mezzanotte quando Brigida, orecchio fino e sonno leggero, sentì armeggiare giù in cucina. Temendo di avere lasciato gli scuri aperti, immaginò che un gatto o qualche altro animale stesse cercando di entrare, così, attenta a non svegliare le altre, scese giù chiudendo dietro di sé la porta del dormitorio.
Appena fu in cucina, notò subito la massiccia porta d'ingresso spalancata. Lo stupore non poté fare il suo corso, una mano ruvida, sudata e possente le avvolse il delicato volto paralizzandola.
Un uomo le si materializzò al fianco.
Quando lo sconosciuto fu certo che il terrore avesse immobilizzato la povera donna, mollò la presa. - Che vuoi? - Chiese lei sforzandosi di mantenere il controllo.
- Fammi mangiare. Sto scappando. Sono due giorni che non mangio, e fa’ in fretta ché devo ripartire subito.
Brigida, immaginò il rischio che quella belva si accorgesse che al piano di sopra ci fossero altre donne e volendo evitare che qualcuna di loro, svegliandosi si rendesse conto di ciò che stava accadendo facendo degenerare la situazione, decise di assecondarlo e tranquillizzarlo.
Mangiava in silenzio il fuggitivo, tanti pensieri affollavano la mente di Brigida.
Intuiva la suora, che quell'uomo portava indelebile, il marchio dell’illecito, del crimine, ma per lei era solo un viandante affamato; sapeva che bisogna sempre dissetare e sfamare il bisognoso che bussa alla porta. Proprio quello che lei stava facendo.
Mentre l'uomo mangiava, lei, spontaneamente, volle preparargli qualcosa da portare via per il prossimo pasto.
Mentre avvolgeva il cibo appena preparato si trovò l’uomo alle spalle che con una mano le bendava delicatamente la bocca e con l'altra le rovistava la natura mentre dietro, il suo membro pressava risoluto.
Cercò di ragionare e le fu subito chiaro che non aveva alcuna alternativa. Qualunque opposizione avesse fatto, avrebbe certamente degenerato quel precario equilibrio.
Così, terrorizzata, lo lasciò fare.
Inaspettatamente lui fu dolce e delicato, tanto nello spogliarla quanto nel penetrarla.
La mente di lei cercava di estraniarsi quasi a volere rifiutare anche la testimonianza di quell'azione. Ma i sensi, quei sensi rimasti inerti per oltre venti anni, come un orologio svizzero di altissima precisione, ben lubrificato e riposto in una custodia a tenuta stagna, si misero in moto producendo un amplesso tanto soffocato quanto potente.
Dopo, lui si rivestì in fretta. Diede una rapida occhiata in giro, prese un pesante piumino appeso all'attaccapanni e un coltellaccio che c'era in cucina. Lanciò uno sguardo veloce alla sorella e andò via.
Brigida era ancora distesa a terra. Umori con cui non aveva confidenza, solcavano il suo pube e le sue seriche cosce. Il violento turbine di emozioni le regalava una beata sospensione dal giudizio. Avrebbe fatto i conti dopo con la sua coscienza, al momento, era pregnante la sensazione di avere dato. Aveva sfamato gli appetiti di un essere umano.
Piano piano si rimise in piedi. Si accorse allora che l'uomo aveva dimenticato di portare via il cibo che lei gli aveva preparato.
L'uomo intanto, aveva ripreso la sua fuga ed era già scomparso nel bosco. Un pensiero lo tormentava. Quella suora, con una sua eventuale testimonianza, avrebbe potuto creargli ulteriori problemi.
Brigida, stava iniziando a rivestirsi quando sentì un calpestio nell'acciottolato davanti casa. Dal vetro vide l'uomo. Pensò che di certo era tornato a prendere il cibo dimenticato.
Brigida apre la porta col fagotto in mano. Non lo ammette coscientemente, ma in fondo è contenta che l'uomo sia tornato indietro a prendere il cibo.
Così si affaccia alla porta con un'espressione non allegra ma celatamente soddisfatta.
L'uomo alla porta, ha già un programma e ciò gli impedisce di notare tanto il fagotto quanto la complessa e al contempo mite, espressione di lei alla porta.
L'uomo affonda i trenta cm di acciaio del coltellaccio nel suo ventre. Lei non capisce perché lui non si accinge a prendere il fagotto. Le sembra invece, che abbia fatto un rapido movimento verso la sua pancia. Ma ciò è incongruente...
Troppi eventi sconvolgenti hanno segnato la serata, forse è ancora confusa, così decide di rivedere la scena, dimenticando come ciò, di solito, sia impossibile.
Lei è alla porta e gli porge il sacchetto. È atteso che lui stenda una mano per prenderlo.
Perché invece compie quel rapido gesto verso la pancia di Brigida?
Ha bisogno di rivedere ancora la scena.
Adesso Brigida è stanca, sente le gambe cedere. Inoltre, avverte come un senso di bagnato al basso ventre. Pensa sia qualcosa legata al sesso di prima. E intanto guarda e riguarda la scena.
L'uomo lascia cadere il coltellaccio e va via.
Brigida si lascerà scivolare a terra, rivedrà ancora altre volte la stessa scena senza mai scorgere la lama che affonda nelle sue viscere facendole fuggire l'anima.
Solo prima di chiudere gli occhi noterà il particolare, per lei più rilevante.

L'uomo aveva nuovamente dimenticato il sacchetto.

 
 
 

Modus Operandi

Post n°252 pubblicato il 22 Marzo 2017 da webbolo0

Ci sono principi e ideali che sono ben saldi nella mia vita.

Alcuni di questi sono il rispetto e la valorizzazione della diversita', la legalita', la partecipazione ma soprattutto la vicinanza agli ultimi .

Mio padre mi ha insegnato che se desideriamo e vogliamo un mondo migliore dobbiamo guardarlo con gli occhi di chi e' piu' debole. 

Mi diceva sempre, lo ricordo come se fosse ieri,  che se un medico , un ingegnere, un operatore ecologico e' bravo tutti ne dovremmo beneficiare. 

Sono cresciuto col valore che uguaglianza significa dare di piu' a chi a di meno e di meno a chi a di piu'. Sorrido quando ripenso alle sue parole. Sorrido quando mi ripeteva fino alla noia  che anche il figlio del contadino deve avere l'opportunita' di studiare  all'universita' . 

Nutro un grande disprezzo per tutte quelle persone che speculano sui loro pari solo per interessi personali.

Tuttavia mi rendo conto che a volte annaspo in questa folla di arroganti . Arroganti che alla parola comprensione sostituiscono la parola  presunzione.

Thomas Hobbes0 

 
 
 

Se fossi foco

Post n°251 pubblicato il 21 Marzo 2017 da webbolo0

Steve Spazuk e' un artista dalla poetica semplice . Spontaneita' e creativita' sono strettamente legati ad un medium  che in natura difficilmente  puo' essere domato. E' un artista del fuoco del resto.  Attraverso la tecnica del fumage,   molto popolare durante il surrealismo, l'artista ci racconta della condizione umana. Trovo i suoi lavori vibranti e semplici perche' usa un processo sottrattivo . Spazuk sottrae dalle immagini fuliginose il superfluo ma e' anche e soprattutto noto  per le sue posizioni a riguardo del femminicidio e dei diritti umani.

Attraverso  Amnesty International collabora ad interessanti progetti contro ogni forma di schiavitu' proponendo  periodicamente workshop con gli studenti delle scuole elementari della sua citta'.

Nel suo sito ci sono bellissimi passaggi ed in particolar modo trovo molto poetico quello della ButterflyRoom

Butterfly Room 
Aministia
Thomas_Hobbes0

 
 
 

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