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MAI BACI AL PRIMO INCONTRO (parte I)

Post n°6 pubblicato il 02 Maggio 2008 da chattyfree
 

Regola num. 7

Sto andando al mio 1543mo (troppo complicato scriverlo in lettere) blind date, ossia, maccheronicamente parlando, appuntamento al buio. Ma siccome a noi ci piace essere american style, lo diciamo in amercian english. Ok. Sono ubriaca. Mi sono appena scolata una birra nipponica tutta d’un fiato. E’ che avevo bisogno di incoraggiamenti esterni per scrivere ciò che sto per scrivere.
Dicevo: sto andando al mio 1543mo appuntamento al buio. E sono emozionata, davvero, ho svuotato tutto l’armadio prima di decidere cosa indossare. Evitando accuratamente l’abbigliamento che LUI aveva esplicitamente richiesto: gonna, calze autoreggenti e scarpe tacco 12 (o era 10?). Nere, sia le calze che le scarpe; la gonna, invece, andava bene di qualsiasi colore anche color caco maturo. Sopra la gonna qualsiasi cosa che enfatizzasse la mia scollatura. Enfattizzare che? Senza push up sono come un campo da tennis senza rete. No, non è vero, scherzo. Ho una seconda (col push up).
Quindi, mi metto un paio di pantaloni neri, un dolce vita beige un po’ trasparente, GAMBALETTI ANTICOCEZIONALI (che, in condizioni normali detesto profondamente ma quel giorno dovevano proteggermi da rapporti sessuali troppo azzardati) e un paio di ballerine. Ho reso l’idea? Sono esattamente come “tu non mi vuoi”. Il mio amor proprio scalpita nel voler ammettere a tutti i costi che sono d-a-v-v-e-r-o mooooltooo carina. In più, nessun brufolo è spuntato durante il tempo della doccia e i miei capelli stanno da dio … cioè, stanno bene anche se fuori piove a dirotto. Trucco leggero leggero, profumo discreto discreto.
Eccomi qui, cioè lì. Emozionata come un’adolescente il primo giorno che va in discoteca con le amiche e spera di pomiciare sui divanetti con quel tipo che le piace da 2 mesi, 3 settimane, 5 giorni e 3 ore (i secondi non contano).
Emozionata perché? Perché, anch’io come tutte le donne che si rispettino, ho un certo Sesto Senso che mi sussurra all’orecchio destro “Ti piacerà!”. Il fratellino discolo di Sesto Senso, Sinistrino, invece, all’orecchio sinistro grida “Vedrai che i…….a, ti becchi stavolta!”. In senso metaforico, of course. Come se non bastasse, un’eco strana continua ritmicamente a ribadire “C’è qualcosa di inafferrabile in lui, qualcosa che non quadra …. qualcosa di inafferrabile in lui, qualcosa che non quadra …. qualcosa di inafferrabile in lui, qualcosa che non quadra”. Insomma, emozionata e anche un po’ confusa a causa ti tutte queste vocine che mi ronzano nella testa tipo Giovanna D’Arco (e infatti è finita bruciata sul rogo. Ci assomigliamo un po’, io e Giovanna) arrivo al luogo dell’appuntamento che io avevo scelto e che LUI non conosceva.
Parcheggio.
Parcheggia una BMW station nera vicino a me.
Scendo.
Scende un tipo dalla BMW.
Guardo.
Guarda un uomo carino con gli occhiali, piccolino di statura per i miei gusti ma al primo appuntamento non posso certo avanzare pretese di questo tipo.
Lo chiamo.
Mi chiama.
Pata-pun-fete-te.
Splash.
I miei resti devono essere ancora lì da qualche parte, dispersi e solitari in un parcheggio di una città italiana del Nord-Est.
Fratello Sesto Senso ci aveva azzeccato: visto così, Marco …. opsssssssssssssssss …… mi sono scivolate le lettere del suo nome sulla tastiera. Ma dov’è il tasto “CANC”: chi me l’ha rubato? Eppure stamattina c’era!!! Che sbadata!!!
Sono un po’ emozionata mentre entriamo. Sì. Anche mentre entriamo nel locale sono emozionata. MA CHE BELLA SENSAZIONE! Nell’attimo in cui Marco apre la porta per farmi entrare nel bar, mi viene in mente, chissà per quale strana associazione di idee, la canzone di qualche decennio fa’ di Raffaella Carrà, quella che dice “Tanti auguri, a chi tanti amanti ha…. Com’è bello far l’amore da Triste in giù. Com’è bello far l’amore, io son pronta e tu?...”. E mi scappa da ridere. Ci mancava pure il coro dell’Antoniano Non bastava il trio dei litigiosi. Ovviamente, Marco si accorge che rido e mi chiede che c’hai. Nulllllla. Proprio nulllllaaaa.
Ci sediamo su un divanetto in una veranda (chiusa e riscaldata) (ma perché non mi sono seduta ad un tavolo? Era pieno di tavoli. Ma, io, no. Devo stare sempre comoda io, cribbio) e iniziamo a parlare. In realtà, ci conosciamo virtualmente da almeno un anno ma per motivi più o meno contingenti non c’eravamo mai visti prima di quel fatidico giorno. So diverse cose di lui come, ad esempio, che è della mia città ma lavora a Milano e che torna a casa nei week end. Che ha una ragazza che a settembre si è trasferita da lui ma che le cose tra di loro non vanno e lui le ha chiesto di andarsene. Ma lei non si schioda. Che ha una bella voce e che il suo argomento preferito, dopo l’abbigliamento che vorrebbe che io indossassi, è il sesso. Che chiacchierate sessuali che ci siamo fatti, io e lui! In messenger, via sms, al telefono. Le abbiamo fatte dappertutto. Lunghissime, soddisfacenti chiacchierate sessuali. Sex talking. No, ehe? Non è la stessa cosa, dite. Vabbè … Ho reso l’idea. Addirittura, quando progettavamo il nostro primo incontro, mi proponeva, nel caso in cui ci fossimo piaciuti (ero io che mettevo questo paletto), di prendere una camera in un albergo e trascorrere un bellissimo, romanticissimo pomeriggio sessuale. Sapete, dopo tante parole, passare ai fatti sarebbe stato naturale come bere un bicchiere d’acqua (secondo lui) [ma non quel pomeriggio, ovviamente. Sarei dovuta correre in bagno a togliermi i gambaletti prima che se ne accorgesse. In caso contrario, io sarei morta di vergogna e lui avrebbe subito un drastico calo del desiderio. E così ci saremmo suicidati. Titoli sui giornali “Coppia di amanti clandestina, trovata morta nella camera di un hotel. Probabile movente del suicidio: gambaletti troppo vergognosi per lei, cazzo troppo moscio per lui. L’autopsia conferma le armi del suicidio: lei si è strozzata coi gambaletti, lui soffocato con l’organo pendulo”].
Dove ero rimasta? Sta birra nipponica avrà 80 gradi, cavoli. Insomma, siamo lì, a questo primo nostro appuntamento pomeridiano, in un bar, seduti su un divanetto, e io mi domando “Chissà se gli piaccio” e lui, che è dotato di poteri PARA-normali, mi prende la mano. E io sto per strozzarmi sul serio. Con il mio respiro però. MI PRENDI LA MANO? Ma allora ti piaccio almeno un pochino, penso. E io cosa FACCIO? Che cavolo ci faccio con la mia mano nella sua? Con la sua mano sulla mia? Sto ferma? La muovo? Accarezzo a mia volta la sua mano che sta tenendo la mia? Faccio l’unica cosa che non avrei mai voluto fare: arrossisco. Sì, come una tredicenne (anzi, oggigiorno nemmeno loro arrossiscono più). Divento rossa come se fossi stata 24 ore di fila sotto il solleone.
ROSSA FERRARI.
ROSSA CILIEGA.
ROSSA FRAGOLA.
Be’, avete capito, di che colore ero: ROSSA POMODORO MATURO.
Il tutto messo artisticamente in risalto dal mio dolce vita beige.
Che se ne sia accorto? Speriamo di no. Ma forse sì perché dopo qualche secondo, mentre mi tiene la mano e io cerco di tornare del mio colore naturale e chiamo in causa Grisù e tutti i pompieri del mondo, lui che fa?
Mi uccide.
MI BACIA.
Zacchette.
Ora, immaginate la mia faccia (ROSSA) quando mi ha preso la mano. E immaginate la mia faccia quando mi ha dato un bacio sulle labbra (ROSSE, pure quelle) (senza lingua, ehe!). Cavolo, penso, esistono ancora queste cose? Uhmmm … peròòòòò … E immaginate la mia faccia quando oltre alle labbra ci aggiunge pure la lingua. No, immaginate la mia faccia quando oltre alle labbra ci aggiunge pure BENE la lingua, nel senso che bacia da urlo…
Ecco. Il pomeriggio (due ore circa, anzi un ora e trentanove minuti, per essere esatti) prosegue così: qualche parola tra un bacio e l’altro (prende sempre lui l’iniziativa). Io gli dico che bè, sono contenta di averti conosciuto (forse qui mi scavo la fossa, ma cavoli, una non può esprimere quello che pensa senza credere che, DOPO, questo pensiero magari ha condizionato tutto il resto?). Ma lui mi risponde che concorda. Ci salutiamo e io penso UHAOOO!!! Dopo mille appuntamenti al buio, ore e ore perse a vuoto a chattare, incontri più o meno deludenti, uomini più o meno depressi, egocentrici, festaioli o quant’altro … finalmente una persona normale e che, plaudite, mi piace pure. Mi sento come se avessi azzeccato 6 al superenalotto.
No, perché, dovete sapere che pensavo di essere diventata frigida, sentimentalmente parlando, visto che in qualcosa tipo due anni, nessun uomo era più riuscito a farmi emozionare. Incazzare, sì e tanto anche, ma emozionare, no.
Ma lui, ecco, lui c ‘è riuscito. Un’ora e trentanove minuti di adrenalina. Un viaggio nei meandri più reconditi dei sentimenti (miei, lui, avrei appurato dopo, non ne era provvisto. Non quel giorno, almeno. O, comunque, non per me. O forse, chissà, li aveva dimenticati a Milano).

TO BE CONTINUED

 
 
 
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