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Cineforum 2016/2017 | 4 aprile 2017

Foto di cineforumborgo

IL CONDOMINIO DEI CUORI INFRANTI

Titolo originale: Asphalte
Regia: Samuel Benchetrit
Soggetto: Samuel Benchetrit
Sceneggiatura: Samuel Benchetrit, Gabor Rassov
Fotografia: Pierre Aïm
Musiche: Raphaël
Montaggio: Thomas Fernandez
Scenografia: Jean Moulin
Costumi: Mimi Lempicka
Interpreti: Isabelle Huppert (Jeanne Meyer), Gustave Kervern (Sternkowitz), Valeria Bruni Tedeschi (l'infermiera), Tassadit Mandi (sig.ra Hamida), Jules Benchetrit (Charly), Michael Pitt (John McKenzie), Mickaël Graehling (Dédé), Larouci Didi (Mouloud), Abdelmadjid Barja (figlio della sig.ra Hamida), Thierry Gimenez (sig. Gilosa)
Produzione: Julien Madon, Marie Savare, Ivan Taieb per La Camera Deluxe/Maje Productions/Single Man Productions, in coproduzione con Jack Stern Productions/Emotions Films UK/Film Factory
Distribuzione: Cinema di Valerio De Paolis
Durata: 100'
Origine: Francia, 2015

L'ascensore di un palazzo delle case popolari si rompe continuamente. Questo fatto sarà occasione d'incontro per vari inquilini: il bizzarro Sternkowitz e un'infermiera, l'attrice in pensione Jeanne, il giovane Will Charly, l'astronauta John McKenzie e la signora Hamida. Sei persone diverse caratterialmente, sole e con molte storie da raccontare che grazie a questi incontri si troveranno a costruire legami inaspettati...
Nonostante il titolo italiano faccia temere un’altra innocua e inconsistente commedia sentimentale, “Il condominio dei cuori infranti”, vale a dire “Asphalte”, è una sorpresa molto gradita, un vento piacevolmente rinfrescante, un film che lascia una ambigua sensazione di male e bene mescolati insieme.
Tratto da due racconti dell’autobiografia in tre tomi del regista e scrittore Samuel Benchetrit, “Chroniques de l’asphalte”, il film narra la storia di tre solitudini, tre cadute, tre incontri e tre risalite. Stagliata su cieli bianchi, neri, o grigio cenere, sta una periferia francese inedita allo schermo cinematografico odierno, un paesaggio di una desolazione quasi western, dove si parla poco e si comunica a gesti.
Un condominio pieno di graffiti è il centro del nostro mondo.
Sternkowtiz (Gustave Kervern), trascurato e solo, non capisce perché debba pagare per sostituire l’ascensore, quando abita solo al primo piano. La totale miscredenza sul tema ‘solidarietà’ e un uso forsennato della cyclette lo porteranno alla rovina: dopo aver pedalato senza freno per 100 km davanti al televisore, ridotto all’infermità, Sternkowtiz si troverà obbligato a scendere a patti con l’ascensore e con il mondo. Costretto a recarsi nell’unico luogo dove, a notte fonda, possa racimolare cibo (le macchinette di un ospedale), Sternkowtiz passa da automa a uomo nell’attimo in cui scopre l’amore per un’infermiera che fa il turno di notte (Valeria Bruni Tedeschi).
Charly, invece (interpretato da Jules Benchetrit, figlio del regista e della compianta Marie Trintignant), adolescente inquieto e rassegnato, passa le giornate trascinandosi stancamente dalla scuola al suo quartiere, mentre sua madre è fuori casa. Nell’appartamento di fronte al suo arriva un’attrice al crepuscolo alla ricerca di nuovi stimoli (Isabelle Huppert). Anche Hamida (Tassadit Mandi), immigrata algerina con il figlio in carcere, volto sereno e un’enorme passione per le soap opera, sembra in attesa di qualcosa. E qualcosa arriva direttamente dallo spazio, ha gli occhi liquidi dell’astronauta americano John McKenzie (Michael Pitt) e parla una lingua che lei non conosce, ma che è decisa ad accogliere a braccia aperte e mestolate di cous.
A fare da suggeritore e collante di questi tre incontri-scontri è la tv, sempre accesa e sintonizzata su canali dove trasmettono “I Ponti di Madison County”, “Beautiful” o ancora “La merlettaia” di Goretta. A contare è ciò che accade, quasi un sortilegio prodotto da quel rumore misterioso che tutti credono il grido di un fantasma o di un bambino o di un demone: Sternkowtiz, fotografando con una vecchia polaroid località esotiche in televisione, diventa un affascinate uomo di mondo; l’America e l’Algeria naturalizzata francese stringono un patto di fraternità e liquidano il problema dello scontro tra civiltà in due giorni di convivenza; un ragazzino imberbe con tre battute riduce “Sils Maria” di Olivier Assayas a un trattato prolisso sulla figura dell'attrice e della donna che si misura con il tempo che passa... E un piccolo miracolo si compie davanti ai nostri occhi.
Elisa Baldini, Cineforum

La periferia è un luogo incredibile. E’ un qualcosa di esterno e allo stesso tempo interno alla città, con la quale non ha un bellissimo rapporto. Per non parlare delle persone che la compongono, variegate e dalle mille sfaccettature. C’è chi utilizza la periferia come rifugio dal caos della metropoli, chi invece è costretto a viverci e a guardare la città da lontano.
Tra Samuel Benchetrit, quarantenne regista e scrittore francese, e la periferia parigina c’è un vero e proprio amore, sancito da “Les chroniques de l’asphalte”, un’opera autobiografica di quattro volumi scritta tra il 2005 e il 2010. Da ciò è nato “Il condominio dei cuori infranti” (“Asphalte” in lingua originale), un adattamento che ha portato Benchetrit, che ne è il directeur, a ricevere svariate nomination come Miglior Adattamento, tra i quali quella ai Premi César.  Isabelle Huppert, Gustave Kervern, Valeria Bruni Tedeschi, Jules Benchetrit (figlio del regista), Tassadit Mandi e Michael Pitt sono i protagonisti di questa commedia dal tono drammatico, fatta di poche battute e tanti silenzi. Quasi tutti sono i condòmini di un palazzo nella banlieue parigina, dove semplici incontri finiscono per diventare delle ancore di salvezza.
Sorriso, commozione e tenerezza: questi sono gli elementi principali gettati dallo schermo verso lo spettatore, che non può far altro che partecipare agli eventi ed emozionarsi. Anche ciò che è poco credibile viene reso in un modo così poeticamente grottesco da renderlo verosimile, aiutato da una macchina da presa che ha la funzione di un narratore principale che si avvicina e si allontana, a seconda della situazione. Proprio questo movimento permette di ‘entrare’ nei personaggi, o di scrutarli da lontano, in maniera distaccata e a volte ironica. Magistrale è il rapporto fra la signora Hamida (Tassadit Mandi) e John McKenzie (Michael Pitt), una relazione intrisa di paradossale: lei, solitaria casalinga con un figlio in prigione, e lui, astronauta della Nasa che precipita sul tetto del palazzo. I due parlano lingue diverse, provengono da culture distanti anni luce, eppure tra di loro c’è una profonda connessione, che va oltre gli schemi sociali ed è dovuta a quell’umanità nascosta e dimenticata che è ancora possibile risvegliare. In fondo, aiutarsi l’uno con l’altro non è poi così difficile.
Antimo Prencipe, Sentieri Selvaggi

SAMUEL BENCHETRIT
Filmografia:
Janis & John (2003), I always wanted to be a gangster (2007), Il condominio dei cuori infranti (2015)

Martedì 11 aprile 2017:
FIORE di Claudio Giovannesi, con Daphne Scoccia, Josciua Algeri, Laura Vasiliu, Aniello Arena, Gessica Giulianelli

 
 
 
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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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