CINEFORUM BORGOI film, i personaggi e i commenti della stagione 2019/2020 |
AREA PERSONALE
TAG
MENU
« Cineforum 2013/2014 | 29... | Il programma! :-) » |
Post n°203 pubblicato il 05 Maggio 2014 da cineforumborgo
12 ANNI SCHIAVO Titolo originale: 12 Years a Slave Un film sulla schiavitù “12 anni schiavo”, con nove candidature all'Oscar, del resto l'identità postcoloniale è elemento centrale nell'opera di Steve McQueen. Insieme al corpo, carne, nervi scoperti, sangue, su cui l'artista inglese traccia, come in una cartografia di dolore e violenza, i passaggi della Storia. Era il corpo scarnificato l'arma e il luogo simbolico di resistenza agli inglesi dell'irlandese Bobby Sands in “Hunger”'. È ancora il corpo come macchina sessuale compulsiva - e mai desiderante - il segno di un contemporaneo malato in “Shame”. Ed è il corpo, la carne nera aperta dalle frustate su cui il rosso del sangue acceca con moltiplicata violenza, che ci racconta qui la sopraffazione di un uomo sull'altro. Disumana eppure replicabile. Sappiamo che la storia di Solomon Northup è ‘vera’, i titoli di coda ci dicono che dopo la liberazione, Solomon sarà un attivista per i diritti degli african americani fino alla morte. McQueen nella sua messinscena va oltre però l'esperienza reale, e trasforma il ‘romanzo di formazione’ di Solomon nell'esplorazione mentale della schiavitù: cosa significa essere schiavi nella testa prima che nel corpo, nella perdita del sé, nella rassegnazione alle ‘regole’ del sadismo (“Lo schiavo americano” di Comolli ci aveva già detto molto). Le linee lungo le quali si muove sono quelle di un paesaggio americano visto nel ‘rovescio’ del mito, come conquista e massacri - (Solomon a un certo punto incontra due nativi americani). Popolato di figure archetipe, da una parte come dall'altra, tra gli schiavi come tra i padroni. Il coro degli schiavi alle spalle di Solomon, la schiava che vuole essere come i bianchi... E il padrone condiscendente (Benedict Cumberbatch) - che, come dice a Solomon una giovane schiava, è sempre uno schiavista, difatti li tiene prigionieri. E quello sadico (l'icona del regista Michael Fassbender) che somiglia a un SS e la notte costringe i suoi schiavi ai festini. Ha una sua ‘favorita’ ma non esita a frustarla a morte. Le paludi, i campi di cotone, le ‘capanne dello zio Tom’ che frontalmente McQueen visualizza nel film (con la fotografia di Sean Bobbitt), disegnano con angosciosa precisione l'universo concentrazionario e le sue dinamiche di annientamento. La schiavitù viene messa a nudo nell'essenza profonda, mostrandone la trama a venire: colonialismo, società postcoloniali, la lotta delle Panthers in America, e dei neri in GB, l'odierno razzismo quotidiano. Senza retorica né consolazione. La peggior vergogna dell'America ottocentesca è stata senza alcun dubbio lo schiavismo. Il cinema americano l'ha rivisitato o nelle cifre di Hollywood, “Via col vento”, o con accenti abilmente caricaturali, “Django”, o nell'ambito di un dibattito storico e civile, “Lincoln”. Adesso il regista inglese di colore Steve McQueen ce ne parla invece dall'interno rifacendosi alla storia vera scritta da un ex schiavo, Solomon Northup, che l'ha vissuta e patita di persona (...) SteveMcQueen si era già felicemente imposto nel cinema inglese con due film intensi e quasi stravolti, “Hunger”, su un episodio terribile della guerra contro l'IRA, e “Shame”, sulla discesa agli inferi di un uomo di successo a New York. Questa volta, sulle tracce delle memorie di Solomon Northup, ha scelto, anche più che in “Hunger”, un approccio decisamente iperrealista dando spazi ai corpi martoriati, al sudore, agli sfregi, alle percosse, superando spesso i limiti del sostenibile e ben diversamente da quelle sue più quiete opere di artista visivo (……): primi piani durissimi, quasi spietati, alternati con piani sequenza indirizzati a esplorare fino in fondo quelle immagini lacerate e quei luoghi grondanti orrore; costruendovi poi in mezzo delle interpretazioni pronte ad esprimere le più riposte sfumature, anche se straziate. Non solo quella del protagonista, Chiwetel Ejiofor, una maschera equamente divisa fra disperazione e terrore, ma quella di Michael Fassbender che, dopo aver già recitato nei primi due film di Steve McQueen, ha accettato qui di dar vita al personaggio più odioso di tutta la storia, il padrone sadico. Unica figura positiva, il canadese che farà arrivare i soccorsi. La interpreta però con stile molto diverso dagli altri Brad Pitt, capelli lunghi e barbetta, ma non gli si poteva dire di no. Era tra i finanziatori del film. STEVE MCQUEEN Arrivederci a martedì 7 ottobre 2014, per l’inizio della stagione 2014/2015!
|
https://blog.libero.it/CineforumBorgo/trackback.php?msg=12782219
I blog che hanno inviato un Trackback a questo messaggio:
INFO
CERCA IN QUESTO BLOG
ULTIMI COMMENTI
Inviato da: PaceyIV
il 25/02/2020 alle 13:33
Inviato da: Recreation
il 08/02/2018 alle 13:37
Inviato da: minarossi82
il 11/11/2016 alle 18:03
Inviato da: generazioneottanta
il 16/07/2016 alle 19:27
Inviato da: generazioneottanta
il 20/03/2016 alle 10:30