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Cineforum 2016/2017 | 31 gennaio 2017

Post n°308 pubblicato il 27 Gennaio 2017 da cineforumborgo
 

CAROL

Regia: Todd Haynes
Soggetto: dal romanzo omonimo di Patricia Highsmith (ed. Bompiani)
Sceneggiatura: Phyllis Nagy
Fotografia: Edward Lachman
Musiche: Carter Burwell
Montaggio: Affonso Gonçalves
Scenografia: Judy Becker
Arredamento: Heather Loeffler
Costumi: Sandy Powell
Interpreti: Cate Blanchett (Carol Aird), Rooney Mara (Therese Belivet), Kyle Chandler (Harge Aird), Jake Lacy (Richard Semco), Sarah Paulson (Abby Gerhard), Cory Michael Smith (Tommy Tucker), Carrie Brownstein (Genevieve Cantrell), John Magaro (Dannie McElroy), Kevin Crowley (Fred Haymes), Trent Rowland (Jack Taft), Nik Pajic (Phil McElroy), Michael Haney (John Aird), Ann Reskin (Florence), Jeremy Parker (Dorothy), Sadie Heim (Rindy Aird), Kennedy Heim (Rindy Aird), Amy Warner (Jennifer Aird), Wendy Lardin (Jeanette Harrison), Pamela Haynes (Roberta Walls), Greg Violand (Jerry Rix), Jim Dougherty (mr. Semco), Ken Strunk (Cal, barman del Ritz), Colin Botts (Ted Grey), Douglas Scott Sorenson (Charles)
Produzione: Elizabeth Karlsen, Christine Vachon, Stephen Woolley per Number 9 Films/Killer Films, in associazione con StudioCanal/Hanway Films/Goldcrest/Dirty Films/Infilm/Larkhark Films Limited
Distribuzione: Lucky Red
Durata: 118'
Origine: U.S.A., 2015
Premio per la miglior interpretazione femminile a Rooney Mara (ex-aequo con Emmanuelle Bercot per "Mon Roi" di Maïwenn) al 68. Festival di Cannes (2015).

New York, anni Cinquanta. Carol Aird è una donna elegante, sofisticata e benestante, in trattativa con il marito per il divorzio e l'affidamento della figlia. Therese Belivet, invece, si sta affacciando nell'età adulta, indecisa sul percorso da intraprendere nella vita. Le due donne si incontrano per caso in un grande magazzino di Manhattan e da quel momento nasce un'amicizia molto speciale. Mentre le pratiche per il divorzio di Carol vanno avanti, lei e Therese partono per un viaggio nel cuore degli Stati Uniti. La magica atmosfera della vacanza farà nascere tra le due una intensa storia amorosa che porterà Carol a rischiare tutto quello che ha di più caro per combattere contro le convenzioni sociali che condannano il loro amore proibito...
La tormentata storia d’amore tra la matura e sofisticata Carol e la giovane e inesperta Therese, nella New York degli anni ’50. Basterebbero queste poche righe, il nome del regista e quello delle interpreti, perché sia tutto già chiaro. Il film si compone, si materializza davanti ai nostri occhi prima ancora di esser proiettato, visto, ripensato. Il che la dice lunga sulla consapevolezza stilistica e la coerenza di un autore, Todd Haynes, che lavora intorno agli stilemi e ai codici formali di un cinema che chiamiamo ‘classico’ per convenzione, ma che, ovviamente, dietro la sua chiara riconoscibilità, conserva intatti i germi di una vitalità profonda e irresistibile. E sulla statura di due interpreti, Cate Blanchett e Rooney Mara (quest’ultima premiata come miglior attrice al 68° Festival di Cannes), ormai in grado di far coincidere la tecnica e la ‘verità’, di cancellare la perfetta convenzione attoriale con la devastante carica emotiva della loro presenza.
Carol” è il film perfetto. Perché ci dà l’illusione di essere lì da sempre. Quasi al riparo, sotto le volute del plot, le dinamiche delle sue passioni trattenute a stento, dietro il décor curato e i trucchi impeccabili, nell’architettura controllata di un set già perfetto per la posa, già posato. Ci lusinga con le sue linee familiari, in cui tutti i riferimenti e tutti i ricordi sono come dissolti. Ma, al tempo stesso, ci confonde con le sue luci che si mescolano in tonalità inaspettate, con i suoi infiniti riflessi che stabiliscono sempre nuovi rapporti tra le immagini e il mondo. E ci invita a seguirlo lungo strade inconsuete, sorprendenti, come quelle affascinanti del road movie che, a un certo punto, si delinea tra i contorni.
Carol” è un film perfetto perché coniuga l’eleganza corretta del linguaggio con l’emozione più autentica - quel magico gioco di sguardi finale, in quel tempo sospeso di un normalissimo campo controcampo. Perché accorda la precisione narrativa, la scansione dei suoi effetti drammatici alla verità dei personaggi e delle interpretazioni. Perché, attraverso la stilizzazione delle forme, lascia emergere, comunque, tutta la sostanza di un mondo e di un tempo basati sulle apparenze. Perché, dietro la sua maschera da mélo lesbo, racconta di differenze di classe, di aspirazioni e disperazioni. “Carol” è un film perfetto. Quindi non si tratta di stabilire se sia riuscito o meno, se sia bello e quanto lo sia. Il problema, semmai, è capire quanto questo ossessivo lavoro sulle forme del classico abbia un’effettiva urgenza. Haynes si appropria di Patricia Highsmith e la porta altrove, lungo quel percorso nascosto che va da Sirk a Wong Kar-wai. Lontano dal paradiso, certo, ma molto vicino al cielo. Lì dove tutto è dominato, chiaro, concepito. Dove le strutture e le essenze appaiono nella loro purezza, senza imperfezioni, senza corruzioni, senza turbamenti, nonostante l’apparente e scabrosa materia lavica che scorre nel profondo e affiora in superficie. Il suo sguardo procede per piccole oscillazioni, variazioni dal modello. E come accade per tutti coloro che lavorano sui prototipi e le loro repliche (Fincher), nessuna oscillazione, nessuna variazione è in grado di mandare in crisi la tenuta complessiva del prodotto o di metterne in discussione la funzionalità. C’è sempre un qualcosa, una valvola di sfogo, un sistema di sicurezza, un piano di raffreddamento che impedisce l’ebollizione e l’esplosione del meccanismo. Così nella sua affascinante superficie vintage, “Carol” ci appare quasi uno splendido oggetto di design. Capace di coniugare marchio autoriale, estetica, consapevolezza progettuale, funzione, ma pur sempre costruito su un bisogno indotto. È solo un’ombra, un tarlo che nulla toglie. Ci inchiniamo davanti all’oggetto, ma un passo indietro.
Aldo Spiniello, Sentieri Selvaggi

Una perfetta Cate Blanchett (...), (...) una Rooney Mara che gareggia in bravura (...). Che bel melodramma, meravigliosamente recitato da due protagoniste in stato di grazia (...). Un film elegante, raffinato, intenso, che richiama la cinematografia d'epoca. Non a caso, dietro la macchina da presa, Todd Haynes ricorda Douglas Sirk, maestro del mélo vecchio stile. Il regista, qui, fa un uso interessante del colore, sfruttando al meglio anche una emotiva colonna sonora che contribuisce a rendere ben tangibili le atmosfere del passato. Aggiungeteci, poi, una sceneggiatura (di Phyllis Nagy) priva di cali di tensione, capace di esaltare, in ogni situazione, la dignità delle due donne, senza venir meno allo spirito del romanzo di Patricia Highsmith (...). Una storia che incoraggia a ricercare sempre la propria felicità, suggellata da un finale che invoglia lo spettatore, coinvolto emotivamente, a gridare ad una delle due protagoniste: «Girati!»"
Maurizio Acerbi, Il Giornale

TODD HAYNES
Filmografia:
Superstar: The Karen Carpenter Story (1987), Poison (1991), Safe (1995), Velvet Goldmine (1998), Lontano dal paradiso (2002), Io non sono qui (2007), Mildred Pierce (2011), Carol (2015)

Martedì 7 febbraio 2017:
DIO ESISTE E VIVE A BRUXELLES di Jaco Van Dormael, con Pili Groyne, Benoît Poelvoorde, Catherine Deneuve, François Damiens
 

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