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Messaggi del 19/10/2017

 
 

Cineforum 2017/2018 | 25 ottobre 2017

Foto di cineforumborgo

JACKIE

Regia: Pablo Larraín
Sceneggiatura: Noah Oppenheim
Fotografia: Stéphane Fontaine
Musiche: Mica Levi
Montaggio: Sebastián Sepúlveda
Scenografia: Jean Rabasse
Arredamento: Véronique Mélery
Costumi: Madeline Fontaine
Effetti: Sebastien Rame, Direct Dimensions (DDI)
Interpreti: (prete), Richard E. Grant (Bill Walton), John Carroll Lynch (Lyndon B. Johnson), Beth Grant (Ladybird Johnson), Max Casella (Jack Valenti), Caspar Phillipson (John F. Kennedy), Jay Bush II (generale Earle Wheeler), Denese Basile (Eunice Kennedy Shriver), Sara Verhagen (Mary B. Gallagher), Aidan O'Hare (Ken O' Donnell), Eric Supensky (sergente Shriver), Corey Johnson (O'Brien), Chrisdine King (Joan Kennedy), Julie Judd (Ethel Kennedy), Alejandro Chamorro (generale McHugh), David DeBoy (John Metzler), Rebecca Compton (Nellie Connally), Sunnie Pelant (Caroline Kennedy)
Produzione: Juan De Dios Larraín, Darren Aronofsky, Mickey Liddell, Scott Franklin, Ari Handel per Jackie Productions Limited, in coproduzione con Protozoa/LD Entertainment/Fabula/Wild Bunch/Why Not Productions
Distribuzione: Lucky Red in associazione con 3 Marys Entertainment (2017)
Durata: 100'
Origine: U.S.A., Cile, 2016
Data uscita: 23 febbraio 2017
Premio per la migliore sceneggiatura e premio Mouse d'Oro (concorso) alla 73. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia

Il film racconta i giorni immediatamente successivi all'omicidio di John Fitzgerald Kennedy, dal punto di vista della moglie Jaqueline. "Jackie" ha solo 34 anni quando JFK viene eletto Presidente degli Stati Uniti. Elegante, raffinata e imperscrutabile, la First Lady si impone immediatamente come icona globale, soprattutto per il suo gusto nella moda, nell'arredamento e nelle arti. Poi, il 22 novembre 1963, durante un viaggio istituzionale a Dallas, il Presidente Kennedy viene assassinato. Le immagini del vestito rosa di Jackie macchiato dal sangue del marito passeranno alla Storia e a bordo dell'Air Force One che la riporta a Washington c'è una donna la cui esistenza è andata in frantumi. Sconvolta dal dolore, Jackie si troverà quindi ad affrontare la settimana più difficile della sua vita per ritrovare la fede, consolare i suoi figli e definire l'eredità storica lasciata dal marito. Ma anche come lei stessa sarebbe stata ricordata.
Un film sui morti, come ne fa spesso Pablo Larraín. Un film sull’ostinata edificazione di un mito, nato in fretta in un’aria di nuove frontiere e bruscamente interrotto dall’assassinio di JFK dopo nemmeno tre anni di presidenza. Un mito che, in realtà, ha retto all’urto dei decenni e delle contraddizioni proprio a causa di quella morte traumatica e pubblica (risparmiando al presidente, per esempio, lo stillicidio sanguinoso del Vietnam), e che si è definitivamente consolidato cinque anni dopo con l’altra morte, quella del fratello più giovane Bobby. Il mito di Camelot, della bella gente giovane che è arrivata nella sala del trono con il suo gusto, la sua cultura e i suoi ideali, ma che non ha avuto il tempo di concludere niente. È questo, soprattutto, che tormenta Bobby (un Peter Sarsgaard dal volto nervoso, già segnato dal destino che lo aspetta). «È tutto qui?» si chiede ogni sera prima di dormire il prete, lucidissimo e ‘laico’, con cui parla Jackie. Poi, la mattina, quando ti alzi, la prospettiva cambia e capisci che non devi farti domande. Ma Jackie sa che non è tutto lì, che i segni possono essere lasciati, o addirittura ‘costruiti’ (il cavallo con la gualdrappa scura dietro al feretro di JFK, che non andava a cavallo ma in automobile): costretta, in quanto donna, a cesellare la propria immagine giorno per giorno, sposata con il primo presidente che fece tesoro del suo fascino comunicativo (fu in tv che Kennedy, con il ciuffo, il sorriso e gli occhi chiari, sbaragliò il ringhioso, cupo Nixon), ossessionata dalle radici, dall’eredità americana, Jackie, nei tre giorni che passano tra l’attentato di Dallas e il funerale, lavora testarda sulla consacrazione del mito. Nessuno ricorda più James Garfield e William McKinley (entrambi presidenti assassinati), ma tutti sanno chi era Abramo Lincoln. Che comunque, dice l’autista, ha vinto la Guerra di secessione e ha abolito la schiavitù. Ma per Kennedy non ce n’è stato il tempo. Restano allora le macchie di sangue ostinatamente esibite sul tailleur rosa, i figli Caroline e JohnJohn con i cappottini azzurri, la vedova velata che marcia dietro alla bara, il funerale con 103 capi di stato e tutta la gente ai lati del viale, la sepoltura non nella tomba di famiglia ma ad Arlington, cimitero dei caduti in guerra. Il rito pubblico della morte che la consegna per sempre alla Storia. Gran film, “Jackie”, spiazzante e labirintico come il personaggio che rappresenta: la macchina da presa pare voler entrare nella sua testa, per riascoltare quello sparo e rivedere certi giorni. Ma Larraín sa che delle vite si possono solo cogliere bagliori e tracce. Rinchiude allora Jackie in un nulla temporale schiacciante (solo quei tre giorni, con i flash del passato che s’intrecciano all’intervista concessa al giornalista, in un andirivieni che non molla mai la presa sull’intensa Natalie Portman) e tra pareti che non sono quelle protettive di casa. Jackie non ha casa, non ha nulla, ha solo quel giorno a Dallas, il paese dei pazzi, e quella morte. Come noi.
Emanuela Martini, Film Tv

Piacerà non solo a coloro che reclamavano per 'Jackie' un ritratto vicino alla leggenda. Anche se alla leggenda Pablo Larraín si tiene stretto. Grande regista (tra i migliori del momento) ha imparato da un grandissimo (John Ford) che il pubblico reclama sempre la bella storia, e pazienza se si discosta dalla realtà. Certo, per fare il ritratto eroico, Pablo ha dovuto tenersi alla larga dalla Bouvier giovane (…...). E anche dalla Jackie Onassis banalissima moglie spendacciona del pirata dei mari. No, per la leggenda, l'unico periodo giusto è quello dei 'Four days', quando la pupattola vestita di rosa è chiamata a farsi carico di tutto il dolore del mondo. E nella difficile impresa Larraín ha trovato un apprezzabile aiuto da Natalie Portman (…...) che ci offre una Jacqueline indurita dal dolore, attanagliata da un'inattesa solitudine. Larraín da parte sua ci mette dei tocchi registici difficili da dimenticare.
Giorgio Carbone, Libero

PABLO LARRAÍN
Filmografia:
Fuga (2006), Tony Manero (2008), Post Mortem (2010), NO - I giorni dell'arcobaleno (2012), Il Club (2015), Jackie (2016), Neruda (2016)

Mercoledì 7 novembre 2017:
UN PADRE, UNA FIGLIA di Cristian Mungiu, con Adrian Titieni, Maria Dragus, Lia Bugnar, Malina Malovici, Vlad Ivanov

 

 
 
 
 
 

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Un blog di: cineforumborgo
Data di creazione: 29/09/2007
 

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