CONTROSCENA

Il teatro visto da Enrico Fiore

 

AREA PERSONALE

 

TAG

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Giugno 2013 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
          1 2
3 4 5 6 7 8 9
10 11 12 13 14 15 16
17 18 19 20 21 22 23
24 25 26 27 28 29 30
 
 
Citazioni nei Blog Amici: 3
 

Messaggi del 04/06/2013

I linguaggi del Napoli Teatro Festival

Post n°711 pubblicato il 04 Giugno 2013 da arieleO
 

Senz'alcun dubbio, risiede nell'intreccio dei linguaggi il connotato decisivo di quest'edizione del Napoli Teatro Festival Italia che comincia stasera al San Carlo. E a dimostrarlo è già lo spettacolo inaugurale, «Don Quichotte au Trocadéro» di José Montalvo: poiché si basa su una scrittura coreografica che accoglie, insieme, la danza classica, quella contemporanea, quella africana, l'hip hop, il flamenco, il circo e il teatro.
   Del resto, l'oggetto dello spettacolo di Montalvo è il personaggio letterario che incarna la crisi centrale dell'età moderna, ovvero la frattura insanabile tra le parole e l'esistente: Don Chisciotte, per riprendere ancora una volta l'acutissima definizione di Foucault, è «scrittura errante nel mondo in mezzo alla somiglianza delle cose», dal momento che «la scrittura ha cessato di essere la prosa del mondo» e «le parole vagano all'avventura, prive di contenuto». Non può darsi, insomma, la legittimità assoluta del linguaggio, e men che meno la supremazia di un linguaggio qualsiasi sugli altri.
   Aggiungo che, con ciò, sottolineo pure un secondo connotato rilevante del Festival di quest'anno: la coerenza interna del programma. Infatti, quanto ho detto a proposito di Don Chisciotte e della pretesa totalizzante del linguaggio riguarda anche un altro degli spettacoli di alto rango presenti nel cartellone, «Lo spopolatore» di Beckett messo in scena da Peter Brook: perché, qui, il tema è per l'appunto la frattura tra il corpo e la coscienza di sé.
   Lo stesso Shakespeare preso in considerazione nella circostanza obbedisce all'intreccio dei linguaggi in questione. Basta pensare a «La bisbetica domata»: un testo che ha un impianto classicheggiante filtrato attraverso spunti rinascimentali e che, per giunta, non disdegna la ribalderia di doppi sensi osceni da vera e propria «Improvvisa». Come nel discorso rivolto a Bianca dal finto liutista Ortensio: «Signorina, avanti che voi tocchiate lo strumento, io debbo cominciare coi rudimenti dell'arte, per apprendervi il sistema del mio diteggiare».
   Infine, e per venire a Napoli, che dire degli autentici fuochi d'artificio linguistici che s'accendono in «Sik-Sik, l'artefice magico» di Eduardo? Si tratta di giochi di parole che rimandano addirittura alle avanguardie storiche, prime fra tutte il futurismo e il dadaismo. E all'altro capo di quest'ideale diagramma troviamo la lingua meticcia, aspra e feroce di Raffaele Viviani, che in «Circo equestre Sgueglia» si coagula nel più alto grido che mai si sia levato da un palcoscenico in nome della dignità di Napoli.
   Dice il clown Samuele alla compagna di sventure Zenobia: «Chi ce vede? Chi ce nota? Che rappresentammo? Tenimmo, sì, doie bell'aneme, ma 'e ttenimmo 'nzerrate 'mpietto, chi 'e ssape? E quanno jesciarranno, nuie nun ce starrammo cchiù... Nuie sultanto però ca st'aneme 'e ssapimmo e sentimmo che soffrono, ce avimm'a tene' cura, l'avimm'a purta' passianno p' 'e ffa' distrarre, p' 'e ffa' piglia' aria... 'A mia, 'a vedite? Se distrae accussì, faticanno, facenno 'e ggioche pe' copp' 'a sbarra... Sunate! Sunate!».

                                           Enrico Fiore

(«Il Mattino», 4 giugno 2013)

 
 
 

Un brindisi per il Sancarluccio

Post n°712 pubblicato il 04 Giugno 2013 da arieleO
 

Lo sappiamo, Napoli è un coacervo inestricabile di luci e di ombre. E adesso ne abbiamo l'ennesima dimostrazione, commovente e (un altro ossimoro) irritante insieme: mentre comincia un Napoli Teatro Festival Italia ricco di nomi e allestimenti prestigiosi, taluni di caratura internazionale, e mentre ci apprestiamo a celebrare il diciannovesimo anniversario della morte di Massimo Troisi, che appunto nella piccola sala di San Pasquale a Chiaia giunse alla ribalta della notorietà, per sabato prossimo è annunciato l'ultimo spettacolo del Sancarluccio, costretto a chiudere per l'impossibilità di pagare l'affitto.
   Comincio dal secondo corno dell'ossimoro, l'irritazione: com'è possibile che in una città carica di storia e d'arte quant'altre mai sia condannato a sparire, per una volgare questione di quattrini, uno dei più meritori presidi del teatro e dell'attività culturale in genere? E la commozione - il primo corno dell'ossimoro, al secondo complementare - si riferisce al fatto che il Sancarluccio non è un teatro come gli altri, incarna (almeno per chi lo frequentò agli albori, quarant'anni orsono) il sentimento di appartenenza alla comunità cittadina più autentica e la passione per la creatività condivisa tra i suoi gestori e gli spettatori.
   Non a caso, davvero, questa condivisione s'identificò con le figure per molti versi straordinarie dell'indimenticabile Franco Nico, compositore e cantante, e di sua moglie Pina Cipriani, nelle cui vene scorre, purissimo, l'antico sangue dell'intramontabile musica partenopea. Fu grazie a loro che, per esempio, i napoletani poterono vedere per intero lo splendido monologo del Cioni Mario di Roberto Benigni, accolto in televisione appena sotto specie di qualche pallido reperto; e fu grazie a loro che, sempre per fare un esempio, il Leopoldo Mastelloni di «... le compagnie» poté sbattere in faccia a certe signore impellicciate, venute al Sancarluccio per ridere del «femmeniello», un feroce, implacabile lamento funebre per la borghesia.
   Altri nomi? Bisognerà - date le vicende di cronaca nera che imperversano - accennare almeno alle vessillifere del teatro femminista o femminile «tout court»: le varie Dacia Maraini, Saviana Scalfi, Renata Zamengo, Laura Costa, Lucia Poli, Rosa Di Lucia... e lei, Prudentia Molero, la bellissima (ne fummo un po' tutti innamorati) esule argentina che portava in giro per il mondo il dolore e la fierezza delle «pazze» della Piazza di Maggio.
   Basta, però. Questo «pezzo» non vuole e non può essere un epicedio, vuole e dev'essere un brindisi benaugurante affinché il Sancarluccio non muoia. E del resto, è mai accaduto che sia morta la poesia? Concludo, così, con un ricordo che non rientra fra quelli (le «ombre troppo lunghe / del nostro breve corpo») respinti da Cardarelli.
   Fu al Sancarluccio, piccola patria della nostra disperata serenità, che - mentre la dolcissima e smarrita Raffaella De Vita cantava «La folla» che cantò Edith Piaf, evento e non rappresentazione - fu lì che in una sera come tante altre, affogata nello stillicidio dei giorni, capii perché al «passerotto» diedero il cuore, insieme con i poeti e gli «chansonniers», anche i marinai che non si sa come facciano a riconoscere le stelle, sempre uguali sempre quelle dall'Equatore al Polo Nord.

                                          Enrico Fiore

( «Il Mattino», 4 giugno 2013)           

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: arieleO
Data di creazione: 16/02/2008
 

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

kizzy1965avvespositoguglielmofigio19cleomaraFicone1400leo00marcoalfa4delynnoasc.ferraradefranceschi.chrisasdiwalgiugnolifabrizioherzwehrcomp.robyelena.licausi
 

ULTIMI COMMENTI

solo tu beppe puoi interpretare questi personaggi...
Inviato da: roberto
il 11/12/2013 alle 16:45
 
Cara Floriana, anche per me è stato un piacere incontrarLa....
Inviato da: arieleO
il 12/11/2013 alle 09:39
 
Caro Maestro Fiore, condivido ( per quello che vale) la...
Inviato da: floriana
il 11/11/2013 alle 19:40
 
Cara Francesca, innanzitutto la ringrazio per...
Inviato da: Federico Vacalebre
il 16/10/2013 alle 17:14
 
Gentile Francesca, credo che nessuno possa risponderLe...
Inviato da: arieleO
il 16/10/2013 alle 17:10
 
 

CHI PUò SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti possono pubblicare commenti.
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963