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Messaggi di Aprile 2015

L'altra Heimat - Cronaca di un sogno, film, Germania 2013, durata 4 ore e 20 min.

Post n°169 pubblicato il 19 Aprile 2015 da cineciclista
 

L'altra Heimat - Cronaca di un sogno, film photo l-altra-heimat_zps1fsub2n1.jpg

L'Heimat è negata, resta il sogno

di Riccardo Tavani

Se qualcosa nella storia del cinema sarà ricordato e studiato al pari un immenso poema epico, questo sarà il ciclo di Heimat. Ora siamo alla quarta cantica, ma non sappiamo se l’ultraottantenne Edgar Reitz si fermerà qui, o tenterà di mettersi sulla strada di Manuel de Olivera, il grande regista portoghese, morto in questi giorni all’età di 106 anni.

I tre volumi precedenti li riassumiamo qui come segue. Heimat 1, costituito da 11 film in bianco e nero, per la durata complessiva di circa 16 ore, che coprono il ciclo storico dal 1919 al 1982, attraverso le due grandi guerre mondiali. Heimat 2 – Cronaca di una giovinezza, tredici film in b/n e colore, di circa 26 ore, che va dal 1960 al 1970, il periodo della rivolta giovanile e della lotta armata. Heimat 3 – Cronaca di una svolta epocale, sei film b/n e colore, di circa 12 ore, che vanno dal 1989 (Caduta del Muro di Berlino) al 2000, ossia il periodo della riunificazione di Germania Ovest e Germania Est.

Heimat è un termine della lingua tedesca pressoché intraducibile in molte altre lingue, tra cui l’italiano. Potremmo assimilarlo a patria, ma con una connotazione molto più calda, affettiva, intima, ossia casa, luogo dentro il quale si è nati, si è trascorsa l’infanzia. Tutta la saga di Heimat narra della famiglia Simon e di Schabbach, villaggio immaginario dell'Hunsrück (la regione della Germania in cui è nato il regista). La vicenda di questa famiglia, di questo piccolo villaggio agricolo, diventa una storia di tutto l’Occidente, attraversandone le più importanti tappe politiche, sociali, culturali e belliche.

Quest’ultimo quarto volume è composto di un unico film, ma della durata di circa quattro ore e mezza. È in bianco e nero e il colore appare solo qua e là ma come chiazze limitate a un singolo oggetto o pianta. Reitz, però, non s’inoltra in avanti nel tempo ma torna indietro, e di molto. Torna quasi a un’origine, al 1842, quando il villaggio di Shabbach era solo una strada di fango, poche case e la bottega da maniscalco e aggiusta carretti, con annessa fucina, di Johann Simon. Ancora una volta Reitz ci fa sentire sulla pelle e dentro lo stomaco la crudezza spietata di tante povere Heimat nel fango e nella prepotenza della storia.

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Qualcosa di noi, film doc, Italia 2014, 74 min

Dal 9 al 22 aprile
Nuovo Cinema L'Aquila
Via Prenestina, 68 (Pigneto) - Roma

Telefono:06 7039 9408

Sabato 11 aprile, ore 21,30
Incontro
con la regista Wilma Labate
e la sorprendente protagonista Jana

 

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Jana e il suo Decamerone

di Riccardo Tavani

Come nel Decameron, se ne vanno fuori dalla città, appestata d’ansia e confusione acustica, mentale, emozionale. Fuori di Bologna, tra le colline di Sasso Marconi. O Sesso Marconi, per il vecchio postribolo - ora restaurato e adibito a uso morale - nel quale si riuniscono. E il tema resta sempre quello: il ragionar d'amore, anche se nell'epoca del disincanto, o accanimento elettronico. Ragionarne con Jana, veterana della prostituzione metropolitana felsinea, la quale inizia subito lo striptease. Uno spogliarello, una messa a nudo, però, non del proprio corpo, ma della loro morale. Quanto vicina può essere, infatti, la prostituzione morale nella vita di tutti i giorni, ma soprattutto quella nel campo delle lettere e delle arti al potere economico, politico e mediatico, è certo cosa da non nascondersi pudicamente o – peggio – rimuovere in modo ipocrita. Un frangente della sua esistenza di donna, autrice e regista che Wilma Labate conosce per cruda esperienza personale, subendo un ostracismo non facilmente spiegabile, se non alla luce di un tacito diktat ideologico e produttivo all’uniformità della merce-cinema. Eppure proprio in questo lavoro, a fronte degli scarsi mezzi tecnici ed economici a disposizione, Labate mostra le sue capacità e la sua sensibilità artistica, intesa come percezione e disvelamento dei sentimenti, ossia del sentire intimo, epidermico dei personaggi (siano essi persone reali – come in questo caso – o puramente narrative). Quando la maestria tecnica delle inquadrature e dei movimenti della macchina da presa si fa silenzio, invisibilità dell’autrice sulla scena, sullo schermo, nei nostri occhi noi possiamo esperire il cinema, nella sua specificità e differenza da qualsiasi altro sistema d’immagine e indipendentemente dal genere, film di finzione o documentario. Questo darci tanto dal poco messo a disposizione, ha colpito, commosso e insieme entusiasmato il pubblico del Torino Film Festival, che ha affollato la proiezione della pellicola e l’incontro con la regista e la sua sorprendente protagonista Jana. Sarebbe giusto e utile che il cinema italiano ed europeo offrisse maggiori possibilità di esprimere il proprio talento, soprattutto per offrirle a se stesso. Speriamo che la visione, circolazione e affermazione di questo suo ultimo piccolo grande film documentario contribuisca al meritato riconoscimento dell’opera e dell’autrice.


 
 
 

Snowden's Great Escape, film, Danimarca 2014, dutata 58 minuti

La vera storia della fuga di Edward Snowden da Hong Kong

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Riccardo Tavani

Lo scorso mese Oliver Stone ha iniziato a Monaco di Baviera le riprese del film “Snowden”, in uscita nelle sale americane per la fine dell’anno. Sulla vicenda di Edward Snowden, però, sono già stati girati due film documentari, entrambi di notevole interesse e fattura. Il primo si intitola “Citizenfour”, è stato realizzato dalla regista-producer americana Laura Poitras ed ha vinto il Premio Oscar per il miglior documentario nel 2014. Questo film, purtroppo, non è ancora possibile vederlo in Italia. L’altro – del quale qui ci occupiamo – s’intitola “Snowden Great Escape” ed è stato girato – anch’esso nel 2014 – dai giornalisti John Goetz, della tv tedesca NDR, e Poul-Erik Heilbuth, della tv danese DR. Anche la produzione è danese. Questo film è stato presentato dal nostro settimanale L’Espresso in streaming sulla piattaforma Mymovieslive, dove è ancora possibile vederlo, per la durata di 58 minuti.

Visione che consigliamo per almeno due validi motivi. Il primo è che pur essendo un documentario è realizzato con una spy-story, con tanto di suspense e mistero: solo che a parlare sono tutti i veri protagonisti di questa grande caccia all’uomo della Cia e della rocambolesca fuga della spia spasmodicamente ricercata. Il secondo motivo è che attraverso la ricostruzione così meticolosa di questa vicenda noi capiamo davvero cos’è in ballo ai vertici politici e segreti del pianeti in termini di democrazia.


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