Creato da cineciclista il 20/06/2010

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Messaggi di Febbraio 2014

Nebraska, film 2013, Usa, durata 115 min

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Giuseppe Di Giacomo, filosofo dell’arte, commenta il film di Alexander Payne
 
Nebraska”

L’improvvisa forza messianica di un road movie all’indietro

di Riccardo Tavani

 C’è un’intesa segreta fra le generazioni passate. Noi siamo stati attesi sulla terra. A noi, come ad ogni generazione che ci ha preceduto, è stata data in dote una debole forza messianica, su cui il passato ha diritto”. Questa chiave di lettura del film ce la offre, nella sua seconda Tesi di filosofia della storia, Walter Benjamin, uno dei più importanti filosofi del ‘900, da sempre al centro della ricerca e dell’insegnamento del professore Giuseppe Di Giacomo, titolare della cattedra di Estetica alla Sapienza di Roma. Vediamo con lui Nebraska al Tibur, lo storico cinema nel quartiere San Lorenzo. Usciti poi dalla sala risaliamo un isolato e ci troviamo da Sanlollo a mangiare una pizza e ottimi arancini siciliani al ragù, accompagnati da una caraffa di birra alla spina. Discutiamo del film.

È la storia di Woody Grant, un vecchio meccanico ubriacone, ora disperatamente zoppicante, come tutto il suo passato, con due figli, fatti con la moglie Kate, e perlopiù da lui trascurati. Sono David commesso insoddisfatto in un negozio di elettronica e Ross, giornalista in ascesa in una rete televisiva del Montana, Stato americano nel quale la famiglia vive. “Perché ci avete fatti?” domanda David a suo padre. “A me piaceva scopare, tua madre era una cattolica convinta… metti tu le due cose insieme!”. Non sembrerebbero due figli molto attesi, almeno dal padre.
continua a leggere qui, Beh, buona giornata

 
 
 

Gli adolesci-anziani

Post n°148 pubblicato il 16 Febbraio 2014 da cineciclista
 

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Non sempre puoi scrivere su film di peso… espressi in chili. Non ho nessuna spocchia, ma mi domando se davvero la gente si diverta a vedere quelli espressi in etti. Io no, ma al box office questo frega poco. La vera commedia dovrebbe cogliere alcuni aspetti o vizi della vita pubblica e metterli genialmente quanto ferocemente in berlina. Questo, in maniera salutare e addirittura sacrale, ci fa spontaneamente ridere. Dalle reazioni che colgo in sala, a me sembra, invece, che più che divertirsi la gente si divertucchia, riducchia e neanche ridacchia sardinacamente a certe scene. Per questo sono film a etti… film… etti.

TUTTA COLPA DI FREUD Povero Sigmund, il suo nome sfruttato commercialmente per una sit-commedy in carta velina a strato unico – più che igienica a diversi strati… Sì, Giallini emana sempre istintivamente molta simpatia, coinvolgimento epidermico e la Foglietta è parecchio brava; queste qualità, però, non sono intrinseche al film in sé ma solo ai due attori in quanto tali. Tolto questo la pellicola, sembra una serie di spot tv imperlinati uno dietro l’altro, con un finale da dove c’è casa c’è pastina in brodo di dado. O forse, dovremmo dire, omogeneizzato, dato che tutto si uniforma in modo indistinguibile: età, sentimenti, situazioni, trucchi, boutade, tra padri, figlie, amanti…  Eppure Woody Allen ha sedimentato ben altra lezione di salace, serio divertimento sull’abuso sociale di psicoterapia e strizza-cervelli nel nostro presente. Ma da noi piace così, e io lo rispetto e taccio… d'altronde quando il convento non passa molto altro…

SMETTO QUANDO VOGLIO Parodia nostrana della mitica serie tv americana BREAKING BAD. Dico agli autori: avete copiato tutto, idea, impianto, sviluppo, ecc? Ci può anche stare, ma visto che avete risparmiato tanta fatica creativa, qualcosa di originale, non dico geniale, ce lo volete sbattere dentro?! No, ci avete mischiato cocktail di droghe chimiche in forma di trovatine all’italiana per tirare un po’ di soldi fuori dalle tasche degli spettatori, senza dare loro in cambio niente di vero. Rimarremo cine-periferia con annessa discarica di pellicole scadute perché scadenti. Amen. Almeno Breaking Bad te lo vedi gratis in streaming e di molte idee geniali ne è disseminata ogni singola puntata (non a caso ha mietuto e continua a mietere ogni tipo di premi internazionali, fino gli ultimi Golden Globe 2014).

SOTTO UNA BUONA STELLA Carlo Verdone è ormai in pieno cinema per ADOLESCIANZIANI. Non puoi pensare altro nel vederlo che mima un rapporto sessuale, sbattendo cuscini su un divano e urlando davanti a una parete per farsi sentire da Paola Cortellesi dall’altra parte. Così anche lei comincia a simulare assalti e grida contro la parete. Pateticamente già visto e anche girato meglio. Quanto meno, di nuovo, lei ci mette un efficace manico d’ombrello e poi è sempre brava in tutto il film, soprattutto nella gag della domestica romena che aggiusta la lavastoviglie. Un pezzo di bravura comica è indubbiamente anche quando lui cerca ripetutamente di bere il caffé, con le labbra che gli penzolano in giù, verso la tazzina, mentre Paola lo strattona da una parte all’altra. C’è una scena nella quale Carlo assiste abusivamente all’audizione musicale del figlio davanti a due buzzurri selezionatori, tipo il gatto e la volpe, in sembianze trucido-post moderne. Il ragazzo si accompagna con la chitarra e canta una canzone dalla musica e dal testo di una certa seria tessitura poetica. I due animaloidi lo liquidano sbrigativamente, perché quella roba non fa divertire. Carlo si alza sdegnato e fa un predicozzo risentito ai due. Mi domando perché Verdone, quella troppo facile, se non ipocrita morale, non la rivolga anche contro se stesso. Il suo cinema, infatti, fa proprio soltanto divertucchiare e nient’altro, giovani o adolescenzi-anziani che pagano il biglietto per vederlo. 

 
 
 

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