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Messaggi di Aprile 2014

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, film, commedia, Svezia 2013, durata 105 min

 photo ilcentenariochesalto3000foto_zpsb12bb72a.jpg        (Robert Gustafsson e Iwar Wiklander, i due adolsce-anziani Allan e Julius protagonisti del film)

Come ho già scritto su questo blog, a proposito di un film italiano, la commedia è diventata il genere cinematografico d’elezione di quelli che ho chiamato gli adolesce-anziani. In uscita in questi giorni nelle sale italiane è un film svedese, che non solo ne è una riprova autorevole e decisamente meglio riuscita, ma lascia trapelare anche motivi più di fondo che cerco di analizzare.

 

Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve

L’adolesce-anziano non ha più tempo: è già eterno

 

di Riccardo Tavani

Il cinema si è accorto da tempo di questa neo-vetusta categoria sociologica, anche perché è l’unica rimasta legata ancora all’acquisto dei biglietti, sebbene quelli ridotti, e alle sale, che affollano, almeno in Italia, soprattutto nelle fasce pomeridiane.

Già altrove noi li abbiamo battezzati adolesce-anziani, perché è proprio la condizione dell’anziano in quest’epoca non più post moderna, ma direttamente trans-cronologica o post-cronica, a proiettarli, come in un vertiginoso flash-back, nella situazione adolescenziale.

Addirittura c’è un noto canale tv di viedeo-clip che trasmette solo successi della musica rock e pop degli ’70-80 del secolo scorso. Gli schermi al plasma delle palestre che gli adolescianziani continuano a frequentare quotidianamente sono sintonizzati solo su quel canale, così che essi possono sentirsi sia fisicamente che psicologicamente degli eterni giovani, anzi, – degli eterni e basta.

Questa commedia cinematografica svedese e il romanzo di successo da cui è tratta, non compiono perciò alcuna forzatura o caricatura comica nel collocare ormai la soglia della adolescianzianità sui cento anni. Il film, anzi, inizia con il giorno del centesimo compleanno del protagonista, Allan Karlsson, per proiettarne la vicenda esistenziale verso una nuova e lungamente indefinita giovinezza.

“Neotenia” è un termine scientifico attinente alla biologia ma che si è esteso poi all’antropologia e alla filosofia. Significa che un determinato organismo si sviluppa conservando le caratteristiche della sua infanzia genetica, durante tutto il suo sviluppo, fino alla maturità e alla vecchiaia. L’uomo vive in una perenne situazione neotenica. Gli animali rispondono sulla scorta di codici istintuali sicuri agli stimoli della loro nicchia ecologica. L’uomo, invece, si trova sempre davanti a un mondo aperto, che lo pone continuamente di fronte a problemi, nuove difficoltà e scelte drammatiche, disorientanti, senza una guida sicura nell’affrontarle.

Ogni certezza di quel particolare animale che è l’uomo è sempre provvisoria, instabile, pronta a saltare in ogni momento e, non a caso, gli esplosivi, la dinamite sono il simbolo di tutta la vicenda umana del protagonista.

Di fatto, anche a cento anni suonati l’uomo è sempre neotenico, ovvero un eterno fanciullo. Ad Allan basta scavalcare, proprio nel giorno del suo centesimo compleanno, la finestra a pianterreno della casa di riposo nella quale è segregato per ritrovarsi di fronte al mondo aperto a ogni drammatica tensione e incertezza. La vicenda narrata nel romanzo e nel film non fa altro che far esplodere questa situazione in chiave tragicomica, certo, ma non per questo senza fondo di verità.

A proposito di scienze biologiche, non può sfuggire quanto la adolescianzianità, non tanto nella sua individualità, ma proprio come configurazione strutturale dell’essere nel mondo, percepisca oggi la soglia della rivoluzione genetica che la medicina ha ormai già raggiunto e sta pienamente attuando. L’allungamento della vita, che si è già verificato nell’ultimo periodo di sviluppo tecno-scientifico, è destinato a ulteriori, progressivi incrementi.

Anche la soglia del “morire giovani” si spinge sempre più in avanti e crepare alla tenera età di settanta, ottanta anni sarà sempre di più come lo fosse stato a quaranta… trenta… venti, ecc, dello scorso secolo. Con il suo amico Julis (di fatto un infante, essendo ancora lontano dai cento), Allan, di peripezia in peripezia,  capitombola sardonicamente in un angolo di paradiso orientale, ed è questa, in un certo senso, proprio la raffigurazione dello stato di benessere disponibile alla attuale adolescianzianità.

Dietro, però, il prolungamento tecnico dello stato igienico, sanitario, fisico e psichico, il godimento dei cinema al pomeriggio, delle palestre al mattino, dei paradisi esentasse per pensionati in veri paesi del mondo, della giovinezza e della classicità pop, delle possibilità planetarie, prima impensabili, di connessione e convergenza web, si allunga anche l’ombra di una morte che, in quanto coglie l’uomo in questa sua adolescenza di ritorno, appare ancora più disperata e crudele. Soprattutto sempre più insensata appare la distruzione del pianeta,  delle sue risorse e bellezze naturali, come luogo del possibile paradiso tecno-esistenziale e neo-adolescenziale.

Anche l’attuale crisi economica capitalistica sembra voler cancellare del tutto lo stato di grazia degli attuali adolescianziani, per farlo regredire, in un prossimo futuro, a una situazione di miseria e stenti senili da romanzo realista ottocentesco alla Balzac o alla Dickens. La rocambolesca vicenda della valigia stracarica di soldi che nel film sono sottratti a un boss internazionale, può essere benissimo ricondotta al vitale proposito primario della adolescianzianità di non farsi sottrarre il malloppo esistenziale dal malaffare bancario-monetario transnazionale che sta imperversando come una peste sul pianeta.

Difficile, di fatto, è invertire una tendenza poderosa del tempo della tecnica e della scienza, che sta rapidamente raggiungendo il massimo delle sue potenzialità e capacità di risolvere problemi, non solo di salute, sull’intera scala planetaria.

È proprio il tema che affronta, in tutta la sua opera filosofica, Emanuele Severino, secondo il quale l’egemonia che l’apparato tecnico-scientifico è destinato ad assumere sulla politica, la religione, la democrazia, il capitalismo, è l’estremo capitolo della visione dell’essere e del nulla, della vita e della morte dell’Occidente. Per questo importante filosofo italiano, eterno è l’essere stesso in quanto tale, quello umano come quello di ogni altro ente, cosa esistente, senza alcun bisogno di ricorso al divino. Anzi, la religione, quella cattolica in particolare, gli appare come una delle fonti principali della negazione di fatto dell’essere e dell’affermazione del nulla, ovvero del nichilismo contemporaneo.

Allan Karlsson, non agisce certo sulla scorta di convinzioni filosofiche o di qualsiasi altro tipo, anzi! Egli agisce e basta, così come da giovane innescava le micce dei suoi esplosivi. Anche da limpido, saggio idiota centenario, qual è ora, Allan continua ad agire e basta. Afferma con lunatica perentorietà, il suo stato di eterno adolescianziano, o di eterno tout-court, saltando dalla finestra e facendo letteralmente saltare in aria tutto ciò che gli si oppone e vuole negarlo. Solo l’amore, quello fisico e sentimentale umano, gli appare come un pachiderma per infant’adulti, che riverbera ancora dalla lontananza ormai perduta del tempo, da guardare con distaccata ma tenera compiacenza.

 
 
 

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