Francesco Bonfitto

La scatola rossa

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Pensieri sparsi anteprima

Post n°33 pubblicato il 31 Marzo 2011 da fwryan

La vita è strana

 

“In fondo la vita non è altro che un lungo sogno…o incubo”.

                                            F. Bonfitto.


Spesso non ci si rende conto di cosa accade e il frastuono dei rumori ci porta a vivere senza una vera consapevolezza.

Ci sono paure che condizionano in continuazione l’esistenza, il nostro stesso essere.

A volte si ha la sensazione di non avere nessuna meta, alcun obiettivo e la cosa da fastidio.

Ci sono sogni irrealizzati in tutte le vite del mondo, anche per chi ha denaro a sufficienza per viverne cento.

Alla fine si comprende, lentamente, che il denaro forse non è tutto.

Certo fa la differenza, ma non è l’unica cosa.

Ogni volta che un essere umano giunge al suo obiettivo, sempre che ci riesca nell’arco della sua vita terrena, se ne stanca in poco tempo e si concentra subito verso un nuovo scopo e così via a circolo chiuso.

La nascita è l’inizio di tutto, da quell’istante in poi è una continua ricerca, una continua domanda.

Poche le risposte che arrivano molte le incognite che restano.

L’infanzia è sicuramente uno dei momenti più belli come anche l’adolescenza, per chi ha avuto la fortuna di viverli nella propria esistenza.

Momenti fatti di spensieratezza, di divertimento, di nuove esperienze e di prove varie, indispensabili a crescere ed evolversi.

Quando poi l’amore inizia a entrare nelle esistenze, le cose a volte, possono prendere una piega diversa.

Dapprima tutto sembra celestiale e perfetto, in seguito con il passare degli anni, con la perdita della semplicità, della sincerità e della trasparenza, tutto cambia.

Ci si ritrova in un vortice che non ha senso, una sorta di spirale che tira giù fino a spingerti a una spaccatura inevitabile.

Fortunatamente esiste anche il contrario di questo scenario.

Ci si confronta con i poteri dell’uomo, supremazie dettate da uno status sociale che divide le persone, le razze, i ceti.

Tutto è pesato in base alla quantità di denaro che si accumula e del potere che esso può conferire.

Comprare qualsiasi cosa, potersi permettere qualsiasi oggetto diventa l’ambizione principale dell’uomo.

Infatti, tutti accumulano.

La necessità dell’uomo di ostentare il suo progresso civile attraverso l’accumulo di oggetti è in pratica di vitale importanza.

Facciamo un esempio estremo considerando una persona che vive per strada, senza una residenza fissa e i soldi necessari per potersi permettersi il lusso di vivere in mezzo a quei ceti sociali che si ritengono “civilmente” emancipati.

Nonostante tutto anche lì con l’evidente precarietà di vita si accumula.

Già poveri economicamente si riempiono di sacchetti e scatole varie contenenti oggetti raccolti in giro, nei cestini, nelle discariche, ovunque.

Accumulare è quindi la principale attività umana.

A cosa serve tutto questo?

Probabilmente non lo sapremo mai, almeno fino a quando l’apparire sarà più importante dell’essere.

Fino a che tutto ciò che accumuliamo, nell’arco della nostra vita, sarà più importante di ciò che realmente siamo e fino a quando il nostro confine sarà delimitato dal territorio che tiene a distanza di sicurezza tutte le persone che incrociamo nel percorso della nostra vita, non avremo possibilità di sapere cosa significa, essere.

Certo le persone si conoscono, si frequentano, si divertono insieme, ma c’è un limite, un confine che non deve essere superato, una linea invisibile che solitamente è marcata con ciò che si è conquistato materialmente.

Per fare un esempio pratico: vi è mai capitato di vedere a una festa di gala arrivare qualcuno vestito male o con un’automobile utilitaria?

Al contrario, qualcuno vestito elegantemente, con una macchina lussuosa e di grossa cilindrata fermarsi davanti a un modestissimo locale frequentato da persone normali per passarci insieme la serata?

Non credo. Se è accaduto, è l’eccezione che conferma la regola.

Questo crea la differenza tra i ceti e la diversità tra gli uomini.

Ciò che si possiede crea il nostro ambiente di frequentazione e il ceto a cui, in teoria, apparteniamo e in più questo determina a grandi linee chi possiamo o non possiamo frequentare.

Abbiamo dei meccanismi perfetti nella loro funzione ma imperfetti nel loro funzionamento.

Ci chiudiamo nelle nostre case confortevoli per trovare un momento di riposo, in realtà, il riposo è avere una comunione con il resto dell’essere con il resto del mondo, con il resto dell’umanità tutta, di qualsiasi estrazione razziale o di ceto.

Il nostro spazio, la nostra zona di sicurezza, i nostri averi, creano l’illusione di aver raggiunto uno status e di aver tagliato un traguardo, la chimera di essere arrivati in un punto preciso della vita.

In realtà non siamo arrivati da nessuna parte, perché in verità non ci siamo spostati in nessuna direzione, abbiamo solo accumulato più soldi e oggetti di altri individui, ecco l’unica differenza.

Per la seconda volta mi pongo la stessa domanda: a cosa serve tutto questo?

La direzione è quel momento di decisione irrazionale che consente di sperimentare qualcosa che va all’esterno della zona di sicurezza, fuori dal nostro giardino ben curato, dalla nostra macchina di lusso, dal nostro congruo conto in banca. Quello non è il vero vivere.

Vivere è un momento che dura un solo istante, l’unico attimo da poter vivere nel momento reale, nel presente, nell’adesso.

Fra un istante potrei non essere più, non esistere più, non vivere più materialmente, questo significa che posso e devo vivere solo istante per istante.

Vivere non significa avere, come avere non significa vivere.

Questo mette in discussione tutto ciò che ho di “mio” che mio non è.

Sarebbe bello, veramente incredibile, poter vivere nell’adesso senza doversi preoccupare di cosa possiedo per confrontarmi e sopravvivere in un mondo separato tra ricchi e poveri, dove i ricchi in realtà sono poveri e i poveri vorrebbero essere ricchi.

Per citare un luogo comune: Forse la verità sta nel mezzo.

Un giorno, spero di poter vivere così senza dover vedere le differenze che l’uomo ha inventato per essere e sentirsi differenti.

Mantenendo, la stessa integrità e trasparenza di un bambino appena nato senza nessun inganno, senza essere costretti nonostante tutto a volte ad usare la furbizia, per non finire nella trappola della meschinità umana.

Sarebbe veramente fantastico, una vita così vissuta in un nuovo mondo.

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