Il Lessicantropo

Otri concimati

Perdonami se ti ho dato la zappa sui piedi

Arti e mestieri

Non disperate, a forza di raccogliere briciole diventerete fornai...

orti concimati

Non preoccupatevi, alle proprie abitudini ci si abitua un po' alla volta...

bilanci e bilancie

A questa eta' potrei anche sbilanciarmi nel tentare un bilancio della mia vita...

Coi pantaloni in arno...

Porno porno. Voglio per me immagini pure non filtrate. Cos'e' d'altronde il Volgare? E' un tool di scuola fiorentina o piuttosto l'altare della nevrosi d'epoca? Chiedetelo alle vampiresse tatuate che si aggirano nottetempo per le stazioni londinesi! Per un succhiotto sul collo vi regaleranno emozioni d'autore, sbrogliando la matassa civica che rosicchia la vostra coscienza benpensante. Una vagina in gigantografia e' il segno d'entrata. Perche' umiliarla con le blaterate argute della marmaglia accademica. Voglio per me immagini che funzionano. Giochiamo finalmente a "nervo scoperto"! Ditemi con franchezza: vi appassiona di piu' un bel filmetto giocoso o le studiate affettate moine di una anelluta lipidosugnosa tipa? Problemi con la morale, per definizione mestatrice e baldracca? Non vi tornano i conti? Sento che vi state perdendo nel mezzobicchierdacqua della vostra imbelle repulsione al pensare! Date ascolto all'istinto che non sbaglia mai. Roviniamoli per sempre la festa. Decidete, raccogliete le flebili forze che vi restano, e decidete, perdio! E' meglio morire per una vampata di sordide sensazioni forti che farsi annullare dal vortice di piana escatologica incorrotta virtu'.

Scarto incarto

Violenza, violenza... Lo Sguardo d'Autore rivela il sintomo linguistico del Segno filosofico d‘Epoca, lo fa assurgere nevroticamente e lo riversa nel decennio di terrore [che furono gli anni '70]. Rivelandolo come il Maestro dell'arte bieca, equivoca, impure, il film si muove negli acquitrini del paradosso d'immagine: lo scarto nella finzione che rimuove, spontandoli in avanti, i confini comatosi del sogno insondabile. Per fondamento ha quella oggettivita', che si porta a spasso i labirinti della prassi cinematica per diluirli nel nostro - in fieri - quotidiano visivo.
Una scena e' una scena... Deplorevole intarsio di fittizio candore ci lascia amari nella prospective di perdere il nesso, l'addentellato congruente che ci rende "buoni cittadini", che ci sottrae per sempre agli avamposti del "dubbio" [su cui si regge - secondo me - la "buona cittadinanza"] per fissarci nello sfarfallio del "sempre" che vampireggia l'eterna catastrofe del "soffice", del flou armonioso, quieto, fluido. Sbarrandoci la strada dell'arte vera che "dovrebbe" renderci tutti saggi, ci stende sui picchi dell'ars fiabesca che incanta l'occhio "incautemente" e ci attorciglia elegantemente nell'integralismo del "nulla" in radice. Gode dello spostamento d'aria che provoca nella visione, deflagrando il concetto d'Ombra [l'essenza del Cinema] negli assiomi qualunquistici del "mai visto".

Qualcosa in fondo...

"Eccoci qua!". Un'enorme figura ferma sulla soglia, molle, con scarpe nere bucherellate e lustre dalla punta bianca, riempiva la stanza di ombre. Era la citta' che scendeva in provincia a visitare i parenti poveri. I servi si mobilitano per l‘occasione. Cioe' mia nonna e mia madre innanzitutto. "Fate spazio fate spazio all'eroe eponimo. Un liquorino per cominciare, lo gradite vero?". Gli occhi di mia madre luccicavano d'adorazione.

Sursum corda. "In alto i calici". Nell'ultimo piano si festeggia. Il rendiconto di fine anno ha messo tutti di buon umore.
Lo sguardo di Umbolth si allarga oltre l'orizzonte del pontile a forma di ferro di cavallo, fermandosi su un motorsailer immobile nella rada, una forma docile sotto le frustate del gorgogliante liquido marino. Lei e' laggiu' che l'aspetta, calda di lenzuola di flanella. Due dita si insinuano leggere nelle profondità fino a dolersene...