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Messaggi di Ottobre 2015

Gri gri, ndeup, famiglie allargate. L'immenso micromondo di Yoff

Post n°344 pubblicato il 26 Ottobre 2015 da djchi

 

Celui qui veut assassiner un peuple, détruira son âme, profanera ses croyances, ses religions, niera sa culture et son histoire (J.M. Adiaffi)


E’ graziosa e sorridente. Esile e leggiadra. La guardo camminare con eleganza tra le viuzze insabbiate del villaggio di Yoff. Con una classe che è di poche, saluta tutti, indistintamente e per ognuno trova sempre il tempo di discutere sembrando davvero interessata.

Io la seguo, più goffa e lenta. Se non fosse per il mio lavoro in televisione passerei per la solita turista impacciata che si fa guidare tra i meandri di uno dei villaggi lebou della capitale senegalese.

La gente è dovunque in un brulicare che stordisce. Disseminate qua e là piccole boutique, sartorie di strada, signore con il pagne tradizionale e la polo che mescolano, instancabili, le noccioline nella sabbia calda. Sento il profumo di pannocchie grigliate, questo è il periodo e si comprano a soli cento franchi mentre da dietro secchi di plastica colorati osservo ragazzi peul riempire sacchetti di sow (latte cagliato) con una rapidità che mi impressiona nonostante l’abitudine.

Yoff è un pozzo senza fondo. Impossibile, anche volendo, scoprirne tutti i suoi infiniti misteri.

   (Foto 1. Fonte: Google.sn)

Dalle case si entra e si esce, attraversando corti e sfiorando montoni. Qui tutti sono parenti, o meglio, tutti sono imparentati. Amina mi presenta tutti quelli che incontra e saluta. Molte sono zie, altri cugini. Il marito di sua madre lo chiama “père” (padre) ma non è suo papà. Sua madre si è risposata ed è seconda moglie. La incontriamo mentre passeggiamo e avvolta nel suo velo, imponente e matrona, mi punta il dito: “Ciara ana mew pour sama bébé?”, “C(h)iara, dov’è il latte per la piccola?”. Non so cosa risponderle. Amina mi dice di dirle che glielo porterò, InchAllah. La neonata, ovviamente, non è della mamma di Amina che la sua età già ce l’ha, eccome. E’ un’orfanella la cui vera madre è morta di parto. Sopravvissuta miracolosamente è stata affidata alla famiglia di Amina. Vivrà lì, almeno per ora.

Succede spesso che al villaggio gli orfanelli siano “dati” ad una famiglia. Qui i servizi sociali non arrivano, tutto si gestisce autonomamente con il beneplacito degli “chef”(capi) di quartiere.

Osservo la piccolina, è nera (davvero nera) e ha ancora le sopracciglia dipinte come tradizione impone vengano fatte per il battesimo. E’ avvolta in una pesante coperta di lana nonostante i trenta gradi ed il sole cocente.

Resta per me un mistero questa moda dell’avvolgere i neonati con le coperte di lana che a Padova spopolano tra le comunità di immigrati.

Amina mi porta da una zia, è infermiera ma quando torna a casa il suo ruolo è ben più importante, socialmente parlando: legge le conchiglie. Anzi, non proprio. Legge in una tazza d’acqua. Tradotto, genera speranza.

(Foto 2. Fonte: Google.sn)

La casa è come tante, tutte uguali. La corte è affollata di gente: uomini, donne, bambini. Alcuni lavorano, tutti parlano.

Entro e mi vergogno un pò. “Ziara Ndiaye Guewel”, sussurra qualcuno dicendomi che mi “vede” alla TV. Annnuisco e saluto. Saluto tutti come Amina, sempre sotto la sua vigilanza attenta e protettiva.

La zia leggerà il mio presente e il mio futuro, facendomi passare per prima. C’è una fila di donne e ragazze impressionante, tutte in attesa. Alcune si sventolano con il ventaglio, nessuna proferisce verbo. Dal parlare incessante della corte-mercato al silenzio di una sala d’attesa che ricorda quelle dei dentisti in Italia.

La mia presenza desta un certo stupore, soprattutto dopo che, piegandomi per allacciare le scarpe, dal mio pantalone spunta la corda di un gri gri.

Thiey! Il Senegal sta cambiando” avranno pensato le signore .

(Foto 3. Fonte: Google.sn)

Entro, mi siedo e resto affascinata da quel salotto, così pieno e così zeppo da rendermi claustrofobica. Pelouche impolverati, centrini ingrigiti, fiori finti, l’immancabile televisione accesa, un frigo bar con annesso altro centrino e foto, tante foto. Foto che immortalano la zia in varie posizioni e vari eventi: matrimoni, battesimi e affini, sempre bellissima e sempre truccatissima. Al centro la foto con il marito, incorniciata da cuori e cuoricini, kitsch come solo i fotografi di Pikine riescono a fare.

Vorrei immortalare quel salotto con una foto ma ho paura che si offenda. Lei, la zia, è vestita con un abito lungo di seta rosso che lascia intravedere il reggiseno leopardato, sempre rosso.

Mi piace.

Io ascolto e su suggerimento di Amina non parlo, per non indirizzarla nelle risposte. Devo ammettere che ci azzecca e pure molto.

Elenca i sacrifici da fare e Amina prende nota meticolosamente. Dopo il terzo sacrificio, due cola rosse da dare con la mano destra a donna sposata, mi perdo.

Ho mal di testa, mi sento soffocare.

Usciamo e ripartiamo, donne in attesa, saluti di Amina, corte-mercato, saluti di Amina, stradine sterrate, saluti di Amina.

Amina mi infila subito in boutique e mi compra le cose per i primi sacrifici, come mi dice lei, è sempre bene farli, l’importante è non fare e non volere il male di nessuno ma proteggersi, quello sì.

Penso che abbia ragione, credo nel mistico, nell’energia.

Torniamo a casa sua dove cerca di radunare i bambini per vedere chi tra loro ha i requisiti necessari per prendere i sacchetti di latte cagliato da cento franchi che io dovrò offrire.

I bambini ascoltano e obbediscono. Per loro i sacrifici sono un’abitudine che non desta più alcuna sorpresa.

Uscendo Amina mi spiega che attorno alla corte vi sono tutte camere di mogli. Camera di moglie di fratello, camera di moglie di cugino, camera di moglie di fratello che però non è fratello ma è come se lo fosse; la moglie però è morta, mi precisa. “A Yoff muore tantissima gente” mi dice tendendo l’orecchio alla moschea che annuncia proprio un decesso.

Amina presta molta attenzione e io la osservo ancora, bellissima. E’ una delle mie poche amiche senegalesi, una delle poche che mi ha sempre aiutato come fosse una sorella.

Vive in Spagna ma torna spesso, imprenditrice fai da te e moderna rivoluzionaria che anni addietro si oppose con forza ad un matrimonio combinato dalla mamma-matrona-peul.

“Mi taggano di “rew” (maleducata) in tanti” mi dice, forse per quel suo atteggiamento pank (duro) e ribelle che nessuno è riuscito mai a domare, penso io.

“Buttagli i 500 franchi sul sedile!” mi ha urlato qualche giorno fa quando un tassista si era rifiutato di portarmi fino a dove avevo concordato. Dopo averlo fatto tacere con tre frasi di cui non ho osato chiederle la traduzione, si è girata, mi ha preso per un braccio ed ha sbattuto la portiera.

Io ho gettato i soldi con sprezzo, come mi aveva ordinato e per un secondo mi sono sentita Rambo.

(Foto 4. Fonte: Google.sn)

Amina mi fa entrare subito dopo in una camera che dà accesso ad un’altra camera. Intravedo una signora anziana, distesa, addormentata.

“E’ malata”, mi dice una delle sue figlie.

Questa vecchietta non è una vecchietta qualunque. Mi porgono qualcosa. Lo afferro e leggo “medaglia all’onore”, firmato, il Presidente della Repubblica.

Mi rendo conto di essere in presenza di una personalità. “E’ la sacerdotessa ndeup di Yoff”, mi dicono ed ha 105 anni. La medaglia all’onore le è stata conferita per tutte le persone che ha guarito nella sua lunga carriera.

Una signora-zia-parente ci tiene a farmi vedere un piccolo giardino recitanto e, quasi sussurrando mi dice: “E’ qui che si fa lo ndeup”.

“E’ costoso?” chiedo a Amina. “Eh si, ci vogliono milioni” mi risponde.

Sono un pò delusa. Speravo meno. Quasi quasi l’avrei fatto fosse stato meno caro ma oggi, in tempo di crisi, anche e soprattutto i toubab, non c’hanno 'na lira....

 
 
 

Quando la seconda moglie è bianca

Post n°343 pubblicato il 11 Ottobre 2015 da djchi
 

 

Si scorge sempre il cammino migliore da seguire, ma si sceglie di percorrere solo quello a cui si è abituati
Paulo Coelho

 

La poligamia è una tematica ostica, complessa e sempre d’attualità. Parlarne oggigiorno solleva dibattiti animati e accesi e questo perché tocca al tempo stesso: appartenenze culturali, sistemi valoriali, credenze religiose e, spesso, esperienze personali.

Numerosi paesi tollerano la poligamia senza incoraggiarla apertamente (vedi foto 1). E’ il caso, non solo della quasi totalità dei paesi a forte popolazione musulmana, all’eccezione della Turchia (che l’ha interdetta nel 1926) e della Tunisia (che l’ha interdetta 1957) ma, ugualmente, di qualche paese animista africano.

 

                                       

  (Foto 1: Paesi che autorizzano la poligamia. Fonte: Wikipedia)

 

Qualche stato autorizza anche la poliandria (pratica che consente ad una donna di avere più mariti), come nel caso del Bhutan (fonte Wikipedia)

 

 

     

       (Fonte: Google)


Nei paesi dove la poligamia è autorizzata o tollerata, tra il 60% e l’80% delle uinioni sono matrimoni monogami di fatto.

 

               

  (Fonte: Google)


La poligamia è  una pratica culturale molto antica. Osservata per lungo tempo da numerose comunità ebraiche e mormone, era appannaggio di uomini benestanti, i soli aventi le possibilità economiche di sopperire ai bisogni materiali di più mogli.

 

             

            (Fonte: Google)


Abramo, Mosè, il re Davide e il re Salomone furono a loro volta poligami.

La Sura IV del Corano, An-nisa, “le donne”, contiene i versetti su cui si basa il diritto alla poligamia:

“E se temete di essere ingiusti nei confronti degli orfani, sposate allora due, o tre, o quattro tra le donne che vi piacciono, ma se temete di essere ingiusti, allora sia una sola, ciò è più atto ad evitare di essere ingiusti”

La parola chiave del versetto (e che ritorna costantemente in tutto il testo sacro) è giustizia. Il Corano invita il fedele a prodigarsi per diventare il quanto più possibile, giusto. Conoscendo però i limiti e le debolezze che sono proprie ad ogni essere umano così viene precisato nel versetto 129:

“Non potrete mai essere equi con le vostre mogli anche se lo desiderate. Non seguite però la vostra inclinazione fino a lasciarne una come in sospeso”

Poligamia dunque come possibilità ma solo qualora si dia prova di una reale giustezza, reale giustezza che appare quasi un miraggio, considerata la naturale imperfezione dell’uomo. E, allora, meglio conoscere i propri limiti (ed essere giusti nel quadro di un’unione monogama) che peccare di ingiustizia (avendo per esempio una preferenza, all’interno di un’unione poligama).

Il profeta Mamometto fu lui stesso monogamo per un lungo periodo, più precisamente fino alla morte della sua prima moglie, Khadija. Solo successivamente sposò altre nove donne. Delle unioni importanti che avevano lo scopo primario (visto il periodo storico in cui vennero stipulate) di unire le famiglie, come nel caso dei matrimoni con Aisha e Hafsa, le due figlie dei suoi zii, Abu Bakr e Omar; consolidare i gruppi e garantire la pace tra le differenti comunità, come nel caso dei matrimoni con Rayhana, ebrea e Mariyah, cristiana copta.

Doveroso precisare che nelle società pre islamiche le donne non avevano nessun diritto. L’Islam diede loro per la prima volta il ruolo di soggetti, di persone. Il Corano garantì per la prima volta il rispetto delle donne, ridando (o dando) loro l’umanità che meritavano e la poligamia, inserita in un contesto storico e culturale specifico, garantiva in qualche modo, protezione e sussistenza.

 

Pour vaincre ma rancoeur, je pense à la destinée humaine. Chaque vie recèle une parcelle d'héroïsme, un héroïsme obscur fait d'abdications, de renoncements et d'aquiescements, sous le fouet impitoyable de la fatalité

Mariama Ba, Une si longue lettre

 

In Senegal i matrimoni poligami sono il 12%.

Le regioni dove viene praticata maggiormente la poligamia sono: Diourbel, Kaolack, Kaffrine, Tambacounda, Sedhiou, Kolda e Kedougou.

Le regioni dove viene praticata con meno frequenza sono invece: Matam, Fatick, Ziguinchor, Thiès e Dakar.

 

         

   (Fonte: Google)


Differenti i fattori all’origine di questa pratica. Nell’ordine:

·         Fattori economici (il valore produttivo di donne e bambini, specie nelle zone rurali);

·         Fattori religiosi (il 90% della popolazione è di religione musulmana);

·         Fattori sociali (la poligamia aumenta il prestigio dell’uomo, essendo considerata uno status symbol);

·         Fattori culturali (la poligamia garantisce e perpetua l’unione tra famiglie e la sopravvivenza del gruppo).

  

In questo quadro socio-culturale i giovani senegalesi cominciano pian piano a prendere distanza dalla poligamia. Una pratica a detta di molti insostenibile sia finanziariamente che a livello di gestione quotidiana (troppi i problemi che nascono dalle numerose dispute tra le mogli).

Le senegalesi, da parte loro, nonostante non disdegnino fino ad oggi la possibilità di essere seconde o terze mogli laddove il marito sopperisca in maniera soddisfacente ai loro bisogni, esigono però la separazione "fisica" dalle altre mogli.

Insomma, “lontano dagli occhi, lontano dal cuore”; ad ognuno il proprio regno, ad ognuna la propria casa.

 

                         

 (Fonte: Google)


In molti paesi occidentali cresce invece il numero delle donne che accettano la poligamia.

Numerosi i casi di matrimoni con senegalesi in cui la prima o la seconda moglie è bianca.

E se mentre in passato molti tendevano a nascondere i matrimoni contratti in Senegal per paura di una reazione negativa delle compagne incontrate all’estero, oggi sembrano più propensi a giocare la carta dell’onestà, visto anche una maggiore accettazione delle donne occidentali di una o altre mogli.

Se dunque la poligamia sembra dettata da differenti motivazioni (economiche, sociali, culturali, religiose), laddove queste motivazioni non sussistano, cosa spinge una donna ad accettare di essere prima, seconda, terza o quarta moglie?

Come riescono queste stesse donne a sopravvivere all'interno di menage poligami quando culturalmente esiste una differente definizione dei concetti di amore e matrimonio?

E, infine, è possibile trovare una risposta razionale laddove entrano in gioco anche i sentimenti?

 

          

    (Caroline Pochon, autrice del romanzo: "Seconda moglie"; Fonte: Google)


E’ partendo da queste riflessioni che ho deciso di trattare il tema della poligamia nella rubrica Parmi Nous che tengo ogni martedi mattina all’interno del programma Yeewuleen sulla TFM.

 

Di seguito la prima parte, martedi prossimo, la seconda con l’analisi dei dati raccolti dalle interviste qualitative condotte su donne tra i 30 e i 60 anni, europee, che vivono attualmente un menage poligamo.

 

                       

 

 Numerose possono essere le motivazioni che spingono una donna ad accettare la poligamia. Personalmente credo che alla base ci sia una differente visione del matrimonio, meno romantica rispetto a come noi occidentali lo percepiamo. Se si considera il matrimonio come una fonte di sussistenza o di realizzazione sociale, sarà più facile l'accettazione da parte di una donna della condivisione del marito. Questa è una visione vicina a quella che possiamo trovare in Senegal. La donna occidentale che accetta un matrimonio poligamo spesso sottovaluta la presenza di una moglie al paese o, allora, sono donne mature che vedono in questo tipo di unione la sola alternativa.

Vanessa Marchese

 

 

 
 
 
 
 

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