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Il mito e l'antica cultura della Dea Madre

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Quale Salento ?

Post n°55 pubblicato il 20 Maggio 2012 da Karmelia

                                                                                                                                                      Ho Ho terminato , con grande soddisfazione la lettura dell’eccellente opera ultima di Gianni Simeone, in un consueto  tiepido pomeriggio invernale su una delle baie che decorano la meravigliosa costa alternante calette di sabbia e scoglio, a pochi chilometri  dalla mia città, Taranto, quella dei due mari.

 

 Con la distesa sabbiosa alle spalle guardo come sempre  il mare, oggi calmo, elegante e sinuoso nei movimenti delle onde , penso che forse la Dea Venere potrebbe d’un tratto farsi strada dalla superficie dell’acqua come un accattivante delfino e raggiungermi e svelarmi se il mio mare il “bene” che amo a dismisura, è un mare salentino o calabrese (il che potrebbe essere la stessa cosa…).

A dir la verità la costa jonica   l’estrema che può guardare l’infinitezza del mediterraneo, perché di fronte ha solo quella, non penso si sia posta  mai questo dilemma.

Il problema è solo umano, è quello di chiedere lumi su un’appartenenza o un’altra, che poi certo non cambierebbe il corso della storia o, forse si, perché comunque dalla storia si traggono domande e risposte, per far cosa poi?

Magari per stabilire dei limiti, per alzare dei muri, per stigmatizzare  caste e campanili,  per sentirsi diversi in un massimo comune denominatore : quale Salento, o quale Puglia o quale Albanìa o Calabrìa  come affermava un vecchio mastro muratore leccese. Magari ,invece, per capire meglio se stessi, per agire e pensare diversamente.

Nel suo accuratissimo studio Gianni Simeone con l’occhio del sociologo attento , non ha tralasciato ambito di colta disquisizione svelandoci quanto è difficile porre delle barriere, ma anche quanto lo è sentirci  uguali.

L’identità geografica è un concetto onnivoro , parla di terre natali, di legami parentali, di idiomi, di intimità di coscienze, ci sorregge nella geografia dei viaggi migratori.

Il problema, si ripresenta a cicli storici , spesso sottintende l’ordire stati di sopraffazione dell’uomo sull’altro uomo, partendo magari dal vicino di casa….come la storia vicina e lontana ci racconta.

Il lavoro di Gianni Simeone è un lavoro di analisi e di sintesi, ma si pone in assoluta continuità con gli ambiti che descrive alla ricerca di un fare chiarezza tra i termini, gli idiomi, le culture,i ritmi, le identità perdute e/o ritrovate. Per fare dell’identità un concetto diverso e più ampio, culturale.

E’ un lavoro che può porre dubbi a chi mai se li è posti, ma alla fine apporta aiuto alla risoluzione dei problemi trattati .

Lo fa con lo sguardo di chi, con serena malinconia è fuori e lontano dalla terra che tratta, ma che lo tiene collegato d’amorosi sensi, tanto da ritornarci  per  scrutarne , rispettoso ,gli angoli più bui, più dimenticati o più disincantati ma che pur sempre custodiscono tesori e certezze.

Gianni Simeone viaggia nel tempo, attraversa strade e tratturi tra il candore dei trulli e l’intenso azzurro dei cieli e dei mari di questo luogo baciato dagli dei per la mitezza del clima, la fantasmagoria dei colori, l’assoluta univocità della luce cara ai pittori e la secolarità della pietra e della terra .

Il suo percorso segue i ritmi ora lenti ora  sfrenati come le  pizziche e neopizziche , pur sempre espressioni popolari , oggi colte, di un divenire musicale che contraddistingue in “frame” ondulatori e sussultori gli archetipi delle popolazioni pugliesi o salentine che dir si voglia

L’autore mette in relazioni fatti, uomini, confini , decodifica linguaggi, stati d’animo, luoghi del cuore, ma sempre e comunque trova quel certo “quid” che contraddistingue l’”essere” della sua origine (anzi di una delle tante origini, come per tutti…come dice) di chiare basi salentine-pugliesi che  lo pervade di “giocosa dipendenza” ma pur sempre distaccata  e consapevole  che lo  forma in veste specifica di ricercatore e studioso.

 

Taranto 6 Gennaio 2010                                Carmela Amati

 

 
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