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una storia vera

Post n°11 pubblicato il 31 Marzo 2015 da Vergessenheit

Siria, 26 anni, nata e cresciuta in un paese straniero, circa un anno fa ho concluso una storia con un uomo che mi dava piacere, sessualmente, ma mi trattava con disprezzo. Ero insicura, pensavo fosse colpa mia, invece lui era semplicemente molto stronzo e aveva un’opinione così brutta delle donne al punto da renderlo intrattabile. Le giudicava tutte allo stesso modo, si rammaricava del fatto che mi desiderasse e ogni volta che faceva sesso con me era come se fosse l’ultima, con passione, rabbia, disperazione. Poi, quando concludevamo, lui mi trattava come se io fossi la sporca tentazione che lo induceva a restare legato alle cose terrene. E dire che non era praticante di alcuna religione. Solo molto narcisista dopotutto, e pieno di paure, perché non tollerava di essere dipendente, in senso fisico, e non tollerava perciò di desiderarmi. Ho provato a concludere quella storia molte volte. Lui veniva sempre a cercarmi e dopo una bella notte di sesso, il giorno dopo, mi trattava esattamente come prima.

Sono riuscita a smettere, con molta fatica, perché non riuscivo a dirgli di no quando tornava a cercarmi e perché lui, in fondo, era uno stalker. Dopo un paio di mesi di totale libertà e astinenza sessuale conobbi un tipo, alto, bruno, un paio di occhiali, innocuo. Andammo a cena, al cinema, in giro per pub. Andammo anche al mare, un paio di volte. Mi presentò la sua affiatata compagnia. Ragazze e ragazzi, di varie età. Non mi sembrava tra di loro ci fossero coppie, però avvertivo una certa intimità. Un po’ di crema sulla spalla di uno, una spolveratina di sabbia sulla coscia dell’altra, gesti normali, eppure così intimi. Sentivo che non poteva essere tutto lì. Chiesi al mio nuovo amico se tra loro vi fossero coppie e mi disse di no. Mi sembrò strano, almeno fino a quando non seppi la verità.

c5784f9c6403b71aaab2855528318d48Un giorno io e lui ci ritrovammo bloccati nel traffico mentre tentavamo di raggiungere una casa in campagna di un suo amico. Lì avremmo trovato tutti gli altri. Eravamo sereni, allegri, e con naturalezza, tra una risata e l’altra, ci convincemmo del fatto che bisognava occupare il tempo in qualche modo. Le battute si fecero sempre più maliziose, le risate si trasformarono in espressioni seduttive. Mi ritrovai la sua mano dentro le mutande. Come se avesse trascorso lì tutta la vita. Curiosava, e parlava, scherzava sul vicino di corsia, su quello avanti, raccontava aneddoti e quando mi sentì gemere di piacere, fece segno di fare attenzione. Potevamo beccarci un’accusa per atti osceni in luogo pubblico. Tirai giù il sedile. Volevo almeno essere libera di chiudere gli occhi e godermi quel momento. Abituata com’ero all’altro partner immaginai di dover ricambiare e mentre lui continuava a toccarmi, allungai una mano per massaggiargli il pene. Prese la mano, la allontanò e disse di no. Finiamo dopo, quando arriveremo dal mio amico.

Si liberò il mio orgasmo. Libero da doveri, da costrizioni e con la sicurezza che lui, stavolta, non mi avrebbe disprezzato. Rise di gusto, tolse gli occhiali, mi baciò piano sulla fronte e poi mi invitò a tirare su il mio posto. Non lasciò mai la mia mano, neppure quando cambiava le marce. Stringeva la mia coscia, e io adoravo la sensazione di sentirmi così vicina a lui. Il desiderio era lì ad attenderci. Infine arrivammo e dopo un pranzo strepitoso, condiviso con tutti gli altri, lui mi invitò al piano di sopra, dentro una cameretta con un letto piccolo. A noi bastava. Chiuse la porta, mi spogliò, mi afferrò tra le gambe, stavolta con più forza, due dita in vagina, una lingua in bocca, una mano in libertà che aggrediva sensualmente ogni parte del mio corpo. E poi, sul letto, rimasi nuda, lui seduto accanto a me, si slacciò i pantaloni, mi afferrò per indurmi a usarlo come sgabello. Occhi negli occhi, penetrazione quieta, le dita sulla schiena, sui fianchi, i glutei, il collo. Quanto mi piaceva essere afferrata per la nuca, mollare la testa indietro e porgere il mio collo alla sua lingua. Non durò molto. Troppo eccitati e affamati di pelle. Almeno io lo ero. Ancora un po’ di tempo per accarezzarci, parlare, sfotterci, uno accanto all’altra, su quel minuscolo lettino.

Poi qualcuno ci convocò in cucina. Eravamo scomparsi senza dire niente. Non era una bella cosa. Mi preoccupai di chiedere scusa per la nostra assenza. Lo feci arrossendo e notai subito gli sguardi maliziosi e comunque attenti a non intimidirmi. Qui viene la parte bella della giornata, disse uno. Poi passò la parola alla vicina di divano e quella iniziò a dirmi che loro formavano una comunità molto particolare. Si incontravano spesso ma una volta a settimana, più o meno, salvo complicazioni o impegni di ciascuno, si vedevano tutti quanti per volersi bene. E dapprincipio non capivo che cazzo volesse dire ‘sta cosa del volersi bene. Significa pranzare? Chiacchierare? Cosa? Me lo spiegò l’amico, più esplicito, chiedendo scusa in anticipo in caso di traumi. Lo disse ridendo ma mi sembrò una preoccupazione vera. Accanto a me il mio partner d’orgasmi che fino ad un momento prima stava dentro di me. Mi accarezzava la mano ed era maledettamente rassicurante. Così ascoltai di quella strana alleanza realizzata da persone adulte che andavano dai 20 ai 40 anni, pressappoco, in cui donne e uomini si amavano liberamente, non come una famiglia allargata o una relazione poliamorosa. Facevano sesso ed erano amici.

UnknownIl mio partner spiegò che non erano così felici di ospitare nuove persone perché loro condividevano una consapevolezza collaudata, allargare il gruppo includendo anche me significava andarci piano, assicurarsi del fatto che da parte mia ci fosse assoluto consenso, chiarendo che potevo smettere quando volevo e che non ero obbligata a fare niente. Però tu ci piaci, disse un’altra ragazza, quasi una coetanea. Non hai una relazione fissa, ci sembri intelligente, ironica e disinibita. Noi ti invitiamo a partecipare. Se non vuoi farlo non c’è nessun problema. Puoi restare o andartene a tua scelta. E comunque amici come prima, nel senso che questa cosa non è il ticket di ingresso per restare nel gruppo. Continueremo a uscire insieme, probabilmente, e se vi piace continuerai a fare sesso con lui, ma ci sembra giusto dirtelo ed essere sinceri fino in fondo. Ci fidiamo.

Si fidavano. Fui un po’ combattuta, intimorita. Avevo sentito parlare di orgie come fossero l’ultimo covo dell’inferno destinato a gente depravata e perfida. Eppure l’idea mi piaceva. Mi eccitava. Guardai meglio quelle persone e in effetti non avrei avuto problemi a stare con ciascuno di loro. Il criterio con il quale si sceglievano, d’altronde, era lo stesso che per ogni altra relazione sessuale. Chimica, olfatto, sapore, quel che ben concilia quando ti attrae qualcuno. Non sentirti obbligata, ripetè il mio partner. Puoi pensarci, forse è troppo presto, forse potresti anche solo guardare o ti accompagno a casa. Qualunque cosa tu dica per noi va bene. Dissi di si, timidamente, e chiesi di guidarmi, perché io non sapevo cosa fare. La stanza in cui entrammo era piena di materassi perfettamente aderenti a tutta la superficie del pavimento. Ciascuno ricoperto di un lenzuolo pulito e morbido. Il primo passo era togliersi le scarpe. Spogliarsi non era subito indispensabile. C’era uno scambio di chiacchiere e battute, e i miei piedi finirono in mano ad una ragazza che li massaggiava delicatamente. tolsi il resto, rimanendo in mutandine e reggiseno, così gli altri dopo di me. Mi chiesero di chiudere gli occhi e di fidarmi. Proverai piacere, stai tranquilla.

Mani su di me, baci, lingue, odori, tutto era estremamente piacevole. Non mi sembrava di vivere niente di squallido o volgare, mi piaceva e loro furono bravissimi a mettermi a mio agio. Piano, senza fretta, un bacio alla volta, una carezza dopo l’altra, le mani, e via le mutandine, via il reggiseno. Mi baciarono, tutt*. Mi accarezzarono, insieme. Mi abbracciarono, per darmi calore. Fu un pomeriggio bellissimo, tra un preservativo e l’altro e un cunnilingus e l’altro. Così conobbi le loro vulve, le vagine, i loro peni, la natura transessuale di una splendida donna, mi eccitò poterle toccare i seni mentre mi penetrava e vidi il mio primo amante eccitarsi assieme ad un amico, poi cercarmi con le mani, infine, quando fummo esausti, mi chiesero se stavo bene e fu la mia risata, contagiosa, allegra, a dire tutto quello che pensavo.

Ho trascorso con quella compagnia circa sette mesi. Ogni domenica eravamo a darci piacere, senza alcuna inibizione. A volte mi ritrovai a fare sesso da sola con qualcuna delle ragazze e altre volte con uno dei ragazzi. Scappava così il piacere, quando una di noi andava a fare la doccia e l’altra si insinuava per diventare spugna, bagno schiuma e piacevole massaggio. Se uno di loro andava a in giro e mi veniva a trovare a casa, la mia accoglienza era scontata. Un bacio, lungo, e quella sensazione di familiarità che mi faceva amare tutti loro, allo stesso modo.

Non è durata, a un certo punto la mia curiosità si esaurì e per quanto io non rinneghi neanche un minuto vissuto assieme a loro, quando incontrai un altro uomo che mi fece stare bene, dopo avergli detto chi ero e cosa mi piaceva fare, quando mi disse, ridendo, che lui comunque non avrebbe voluto partecipare, non gli piacevano gli uomini – ho già provato, disse, e non funziona – allora scelsi di seguirlo in quel suo percorso solitario, sapendo che se avessi voluto sarei potuta tornare alla mia strana famiglia di letto.

Cosa voglio dire allora? Che le cose buone, nelle relazioni, non è detto arrivino con una sola persona o con una situazione stabile e convenzionale. Se avessi detto a mia madre che le orgie mi hanno ridato fiducia, autostima, sicurezza, lei sarebbe svenuta e mi avrebbe cacciata via di casa. Ma così è stato. Per me quei mesi sono stati una vera boccata d’ossigeno. Aria. Aria pura. E voi, in che situazione siete riuscit* a respirare?

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Commenti al Post:
Lola.e.il.Silenzio
Lola.e.il.Silenzio il 02/04/15 alle 11:53 via WEB
Nella confusione dei tanti corpi, si perde il piacere del dettaglio, del gustarsi con lentezza. Ma questo è colpa del mio essere una donna totalitaria e totalizzante...
 
 
Vergessenheit
Vergessenheit il 03/04/15 alle 09:31 via WEB
a volte la confusione o la non lentezza che tu intendi sono dettate anche dalla smania desiderosa, dalla voglia scalpitante, dall'eros irrefrenabile...a prescindere credo che ci siano 2,3 o più persone Riguardo al piacere del dettaglio...bhè, è una condizione d'essere
 
Lola.e.il.Silenzio
Lola.e.il.Silenzio il 03/04/15 alle 09:53 via WEB
Ti do ragione sull'incipit...quando ti vuoi prendere a morsi...con frenesia, quasi in modo spasmodico, ma poi subentra il gusto , il centellinare, goccia a goccia.
 
 
Vergessenheit
Vergessenheit il 03/04/15 alle 10:18 via WEB
esatto, come distendersi all'ombra della chioma d'un albero in estate, conoscendosi e magari mordendo una mela...tra amici con la stessa empatia
 
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