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ANCORA HESSE...

Post n°120 pubblicato il 16 Settembre 2007 da DonnaMusica
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Dopo aver terminato la lettura sia di Siddharta che del Lupo della steppa, penso di avere abbastanza materiale per formulare un modesto giudizio su Hesse e sulla sua opera. Si tratta del giudizio di una lettrice, di una qualsiasi lettrice di romanzi dell'800 e del '900, un giudizio non di valore, ma certamente schietto.  Sono romanzi "diversi" da quelli che ho letto, in modo particolare certe vicende del Lupo, per alcune scene dark, irreali, mi ricordano Poe, un autore da me apprezzato, mentre Siddharta potrebbe essere facilmente confuso per un 'opera di filosofia indiana, ma non lo è assolutamente, in quanto il buddhismo è solo lo sfondo in cui si muove Siddharta, uno che cerca se stesso. In effetti tutti i personaggi di Hesse, cercano qualcosa, cercano se stessi e per questo intraprendono un viaggio in cui provano tutte le esperienze della vita, dolorose, peccaminose, insopportabilmente dure, toccano il "fondo"come si suol dire per riscattarsi, per  trovare la saggezza, la verità, se stessi...perché il Nirvana è solo una parola, non esiste nessun paradiso, la vera felicità è ritrovare il proprio io. Boccadoro come Harry Haller (protagonista del Lupo) ritrova la realizzazione solo dopo aver goduto di tutti i piaceri della vita (sesso, in primo luogo) e dopo aver sopportato dolori e sofferenze immense, Narciso invece attraverso le privazioni, le rinunce della vita ascetica e monacale giunge in maniera imperfetta allo scopo, al ritrovamento del proprio Io, perché non ha conosciuto la vera vita, ha sopportato troppe rinunce. Le somiglianze, il parallelismo tra Il lupo della steppa e Narciso e Boccadoro sono lampanti, tra l'altro lo stesso Hesse lo sottolineava, deluso dell'accoglienza del Lupo della steppa, in cui egli aveva profuso tutto se stesso, inviando il messaggio di morte, di solitudine, di perdita di valori della nuova società "americanizzata" che di lì a poco avrebbe affrontato la seconda guerra mondiale (l'opera è del 1927).

 In effetti il Lupo della steppa è un'opera moderna, troppo all'avanguardia per quei tempi ed è giustificabile l'accoglienza fredda del pubblico che invece strizzò l'occhio a Narciso e Boccadoro, che ripete lo stesso concetto, ma sotto una nuova veste e in un'ambientazione medievale, troppo lontana per storcere la bocca di fronte alle "porcherie" (parole di Hesse) di quei personaggi che incarnano comunque vizi degli uomini del suo tempo.
Boccadoro supera Narciso, Siddharta supera Buddha stesso, perché  hanno "vissuto" pienamente l'esperienza della vita, non hanno usato l'arma nostalgica della rinuncia, costoro "attraversano la vita e ne emergono" (Massimo Mila). Vivere pienamente la natura, l'amore, il dolore: questa è la chiave per ritrovare se stessi. 
Quanto al Lupo della steppa, Hesse tiene a sottolineare che "la storia rappresenta sì una malattia (la schizofrenia, male dell'uomo del XX secolo) e una crisi, ma non verso la morte, non un tramonto, bensì il contrario: una guarigione".

 
 
 

SU NARCISO E BOCCADORO DI HESSE

Post n°119 pubblicato il 05 Settembre 2007 da DonnaMusica

Terminata la lettura del libro, torno come promesso a scrivere per fornire un piccolo, modesto commento a questo romanzo.

Nel precedente post, mi ero chiesta come mai quest’opera avesse un titolo che non rispecchia quanto un comune lettore potrebbe attendersi. In effetti intitolarla Narciso e Boccadoro, quando in realtà Narciso compare solo nei primi e negli ultimi capitoli, sembra una scelta senza senso: manca il percorso di crescita di Narciso, mancano i suoi giorni di sofferenza, le sue tensioni interiori, le sue esperienze che l’hanno portato a diventare l’abate Giovanni, una volta ricevuti i voti. Di Boccadoro invece il lettore segue passo passo tutte le vicende e le esperienze del suo vagabondaggio, condotto lontano dal monastero dove aveva conosciuto Narciso e dove aveva studiato nei primi anni della sua adolescenza. Innumerevoli sono le avventure amorose di quest’ultimo, violenti i suoi due omicidi, coinvolgente l’incontro con maestro Nicola dal quale apprende l’arte di intagliatore e di decoratore, dolorosa ed insopportabile la descrizione della peste…

Forse il romanzo sarebbe stato lungo e noioso se avesse raccontato anche le esperienze di Narciso, che passa la giovinezza nella solitudine e nella severità monacale. Non lo si poteva intitolare solo Boccadoro, perché egli non esiste se non in rapporto al suo opposto, a Narciso.

La mia iniziale delusione nei confronti del libro è facile da spiegare: mi ci ero accostata leggendone un brano a scuola, all’interno di un progetto sulla tematica dell’amicizia e quindi avevo deciso di conoscere l’intero romanzo…mi aspettavo di trovare una storia appassionante ed avvincente sull’amicizia tra i due personaggi nominati nel titolo, forse avevo immaginato un libro per “ragazzi”…mi sono clamorosamente sbagliata!

Ora ammetto con assoluta onestà che è un libro molto impegnativo, profondo, da leggere con attenzione e senza fretta. È uno dei libri più belli che esistano. A mio modesto parere, gli ultimi due capitoli sono il fulcro di tutta la storia, perché sono i capitoli in cui Narciso si rivela. Lo stile  e la lingua sono alti, con qualche citazione latina, ma il periodare è scorrevole e godibilissimo. Il romanzo è una rappresentazione meravigliosa del Medioevo tedesco, suggestive sono le ambientazioni, dettagliate le descrizioni, è una “fusione perfetta tra romanticismo e realismo” (E.R.Curtius), correnti che attraversano la produzione e la biografia di Hermann Hesse.

È il libro di un’amicizia, sì, di un’amicizia speciale, di un legame che unisce armoniosamente gli opposti: Narciso e Boccadoro  si completano a vicenda, sono due poli che raggiungono la compiutezza quando si incontrano, ognuno arricchito delle proprie esperienze (e noi conosciamo solo quelle di Boccadoro!) e alla fine “si ritrovano nello spirito uno”(Ervino Pocar)

Possiamo convenire che Narciso e Boccadoro rappresentano l’anima e il corpo, entità inscindibili nella vita terrena. Ecco un passo significativo ed esemplare del romanzo:

(Narciso:) “Non è nostro compito quello di avvicinarci, così come non si avvicinano tra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l’uno nell’altro, ma di conoscerci l’un l’altro e di imparare a vedere e a rispettare nell’altro ciò che egli è: il nostro opposto e il nostro complemento”.

(Narciso e Boccadoro, Hermann Hesse, traduzione di C. Baseggio, Mondadori, Milano 1987, pag. 99)

Alcuni punti del romanzo hanno suscitato in me alcune forti perplessità: Hesse ha idee medievali sulla donna oppure certe affermazioni erano semplicemente dei tentativi di entrare nello spirito dell’età in cui l’opera si ambienta? Dovrò leggere altre opere di questo autore, ma per il momento la considerazione che di lui mi sono fatta non è lusinghiera, non come scrittore ovvio -  gli attribuisco anzi molte lodi - , ma come uomo di fine Ottocento!! Il sottofondo del libro è certamente maschilista, le idee sulle donne sono medievali. I protagonisti sono due uomini che raggiungono la “saggezza” in maniera diametralmente opposta, le donne, tranne qualcuna (fortunatamente), sembrano degli esseri nati per tradire i mariti, spinti solo da un un unico bisogno ed appetito, che vanno a letto col primo bel ragazzo che vedono dormire sotto un albero e gli si gettano tra le braccia in una maniera disgustosa.

Queste però sono considerazioni mie personali che possono anche non essere condivise, perché chiunque legge questo libro conviene che neil messaggio di Hesse  la donna fa parte delle cose più belle della vita di un uomo e lo aiuta a crescere,  a raggiungere la “verità”. Nel discorso di Narciso, la vita terrena, i sensi, l’amore, il sentimento della natura sono femminili, mentre l’idea, il raziocinio, il dominio dei sensi sono maschili. Il corpo attiene alla sfera femminile, l’anima a quella maschile. Hesse è un grande scrittore, il libro ha moltissimi pregi, ma mi resta questo potentissimo dubbio: LA FILOSOFIA è PER SOLI UOMINI??

 

 

 

 
 
 

Post N° 118

Post n°118 pubblicato il 02 Settembre 2007 da DonnaMusica
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L’origine della pace?

È avere un cuore che comprenda il dolore dell’altro

Katsushi Yoshida, sopravvissuto alla bomba su Nagasaki

9 agosto 1945, ore 11.02

 

 
 
 

QUANDO I TITOLI SONO IL SUCCO...

Post n°117 pubblicato il 02 Settembre 2007 da DonnaMusica
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Quando si dice che il titolo è il sale del libro!!
sto leggendo Narciso e Boccadoro di Hermann Hesse (è il terzo scrittore di lingua tedesca che leggo, dopo Goethe e Mann) e a dire la verità, la storia, tranne che per pochi capitoli (i primi e forse, penso,  gli ultimi) ha avuto come protagonista solo il gaudente, biondo, avvenente, sciupafemmene Boccadoro. E dell'amico Narciso, che ne è stato? come mai l'opposto di Boccadoro, il monacale, bruno, arido, freddo, spirituale Narciso fa parte del titolo, ma nella storia non fa praticamente nulla?ciò che sconvolge - tra le altre cose di cui parlerò in un altro post - è il fatto che per quasi tutta la parte centrale della storia non è presente neppure nei pensieri di Boccadoro! SOS: chi ha letto il libro  è pregato di spiegare il nesso tra il titolo e la storia. Grazie.

 
 
 

Post N° 116

Post n°116 pubblicato il 01 Luglio 2007 da DonnaMusica
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In quel momento fu come se il tempo si fermasse, e l'Anima del Mondo sorgesse con tutta la sua forza davanti al ragazzo. Quando guardò gli occhi di lei, un paio di occhi neri, le labbra indecise fra un sorriso e il silenzio, egli comprese la parte più importante e più saggia del Linguaggio che parlava il mondo e che chiunque, sulla terra, era in grado di capire con il proprio cuore. E si chiamava Amore, una cosa più antica degli uomini e persino del deserto, che tuttavia risorgeva sempre con la stessa forza dovunque due sguardi si incrociassero come si incrociarono quei due davanti a un pozzo. Le labbra della giovane, infine, decisero di accennare un sorriso: era un segnale, il segnale che il ragazzo aveva atteso per tanto tempo nel corso della vita, che aveva ricercato nelle pecore e nei libri, nei cristalli e nel silenzio del deserto. Ed era lì, il linguaggio puro del mondo, senza alcuna spiegazione, perché l'universo non aveva bisogno di spiegazioni per proseguire il proprio cammino nello spazio senza fine. Tutto ciò che il ragazzo capiva in quel momento era che si trovava di fronte alla donna della sua vita e anche lei, senza alcun bisogno di parole, doveva esserne consapevole. Ne era certa più di quanto lo fosse di ogni altra cosa al mondo, anche se i genitori, e i genitori dei genitori, le avevano sempre detto che, prima di sposarsi, bisognava frequentarsi, fidanzarsi, conoscersi, e avere del denaro. Ma, forse, chi lo affermava non aveva mai conosciuto il linguaggio universale: perché, una volta che vi si penetra, è facile capire come nel mondo esista sempre qualcuno che attende qualcun altro, che ci si trovi in un deserto o in una grande città. E quando questi due esseri si incontrano, e i loro sguardi si incrociano, tutto il passato e tutto il futuro non hanno più alcuna importanza. Esistono solo quel momento e quella straordinaria certezza che tutte le cose sotto il sole sono state scritte dalla stessa Mano: la Mano che risveglia l'Amore e che ha creato un'anima gemella per chiunque lavori, si riposi e cerchi i propri tesori sotto il sole. Perché, se tutto ciò non esistesse, non avrebbero più alcun senso i sogni dell'umanità.

…. lui sapeva di amarla fin da allora, ancor prima di sapere della sua esistenza, e che il suo amore per lei gli avrebbe consentito di trovare tutti i tesori del mondo.

 ( da L'alchimista, Paulo Coelho)

 
 
 
 
 

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Un blog di: DonnaMusica
Data di creazione: 27/08/2005
 

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