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EREMO MISANTROPO

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La borsa

Post n°1391 pubblicato il 13 Dicembre 2016 da Pitagora_Stonato
 


Mia zia Amabile era mia zia per modo di dire, in verità era zia di mia mamma e anche il nome, Amabile, portato da lei era tutto meno che corrispondente alla verità. La zia Amabile, che era nata verso il 1870, era famosa perché di carattere felino, scontroso, ribelle e anche menefreghista, e mangiava pure le ortiche e i rondoni: stringendosi al braccio la sua borsa di pelle nera col grande bottone di legno e l'enorme asola al centro tutta smangiata, per ben tre volte era arrivata all'altare con lo stesso uomo, e tutte e tre le volte aveva detto no a lui e al prete, il quale, stufo di questo ambaradan avanti e indietro per niente, al terzo no le aveva dato sulla voce, "Amabile, o gli dici sì immediatamente o qui sopra non ci metti più piede", al che lei rispose, "Se è per fare sul serio, me ne stavo a casa mia", e per quasi quarant'anni rimase confinata in uno stanzino ritagliato dalla stalla cibandosi di quello che i parenti le passavano sotto lo spioncino della porta e uscendo solo per fare i suoi bisogni, di notte, senza mai separarsi dalla sua borsa nera, consunta, mai aperta una sola volta davanti agli occhi di qualcuno.

Io l'ho conosciuta quando avevo sette anni e lei era finita all’ospizio, era un mucchietto nero tutto nervi con certe manine diafane, inquiete, ero stato incaricato di portare alla zia "matta come te” un comodino, che mi caricai sulle spalle, e questo gesto ci legò mica male.

La misteriosa borsa sembrava una grossa ragnatela viva sotto il suo braccio tanto il cuoio nero continuava impercettibilmente a creparsi, e la zia Amabile aveva gli occhi di una luce verdina velata da una rabbia a fior di ciglia, ma non con me, di rabbia soltanto non appena li distoglieva da me per farli cadere sulla prima curiosona a tiro lì all'ospizio con lei, "Invidiosa!", le sibilava dietro, parlava in dialetto veneto stretto stretto … non capivo molto, una volta mi pare di aver capito una frase intera rivolta a me, tipo "Senti le donne?" o forse "Tu senti le donne", ma non capivo che cosa volesse dire, non c'erano donne intorno che parlavano, e lei mi fissava aspettando come una risposta e io non battevo ciglio, non sapevo che dire e dissi "Sì, sì", mi sembrava una streghina selvatica, e ferita, che avrebbe voluto sempre farmi una carezza ma con la mano si fermava sempre un po' prima, e aveva questo solo vezzo della borsa nera sempre attaccata fra gomito e fianco sinistro, e tutti in famiglia si chiedevano chissà cosa ci custodirà di tanto prezioso, e così quando morì si scoprì che era vuota.

La borsa preziosamente conteneva solo la fodera tutta bucherellata, la borsa conteneva se stessa e basta. Io lo sapevo da un bel po’,  ma non avevo detto niente a nessuno: la zia Amabile, un giorno che eravamo sula panca fuori, lontani da tutte le altre vecchie, aveva sciolto il bottone dall'asola, si era portata l'indice alle labbra, aveva sibilato "Ssst" e aveva aperto la borsa sotto i miei occhi incandescenti di curiosità e poi l'aveva richiusa lentissimamente fissandomi con una speranza strana, striata di paura e anche di cattiveria, e poi fu un lampo la nostra intesa: scoppiammo a ridere ma a ridere ma a ridere come due matti. Però non è riuscita nemmeno quella volta, e nemmeno mai in seguito, a darmi quella carezza senza fermarsi un po' prima.

Fa niente, anzi.

 

 

da "Sentire le donne" Aldo Busi

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