Creato da Pitagora_Stonato il 12/07/2010

EREMO MISANTROPO

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Messaggi del 12/03/2015

Ri-post

Post n°1110 pubblicato il 12 Marzo 2015 da Pitagora_Stonato
 
Tag: ripost

Torino è casa mia
Post n°78 pubblicato il 12 Novembre 2010 da Pitagora_Stonato
 


“I torinesi in coda, difficilmente aprono bocca. In quanto torinesi, ritengono non lo si debba fare, visto che sia le persone davanti a loro sia le persone dietro a loro appartengono alla categoria ‘estranei’. E se inopinatamente qualcuno davanti o dietro a loro apre bocca, i torinesi lo guardano con l’aria di chi pensa: ‘Ma cos’ha questo/a da aprire bocca, in coda, rivolgendo la parola a degli estranei?’.”

 

Giuseppe Culicchia

 
 
 

L'incredibile viaggio del fachiro che rest๒ chiuso in un armadio Ikea

Post n°1109 pubblicato il 12 Marzo 2015 da Pitagora_Stonato
 

 

Con il suo bel vestito da ministro, che faceva a pugni con il dress code locale tuta-e-sandali di rigore, cercava di non attirare troppo l'attenzione. In quelle ultime ventiquattro ore gli avevano già puntato borsa termica, un coltello e una pistola, e poi le armi con cui era stato minacciato sembravano soggette ad un climax, ben presto, se non stava attento, si sarebbe trovato a fare quattro chiacchiere con la canna di un vecchio fucile mitragliatore arrugginito. La vacca (sacra) era diventata per qualche istante un timido topolino che sgusciava, ricco di ottantacinquemila euro, verso quella che riteneva fosse l'uscita del porto.

Mentre arrivava all'altezza del posto di guardia,il topolino indiano assistette, impotente, all'aggressione di un giovane africano perpetrata da due militari armati fino ai denti. Uno dei due aveva sbattuto lo straniero contro il muro e l'altro lo perquisiva, con noncuranza, la sigaretta in bocca. Gli presero qualche banconota e il passaporto. Ne avrebbero ricavato una bella sommetta al mercato nero. Poi i militari sputarono per terra e tornarono a garitta sghignazzando.

Il nero, privato della propria identità e dei pochi soldi che aveva per garantirsi la traversata verso l'Italia, si lasciò scivolare contro il muro come una preda dissanguata che non ha piú la forza di reggersi in piedi. Quando si ritrovò col culo sul terreno polveroso, chinò la testa tra le ginocchia per scomparire da quell'inferno.

Ajatashatru senti un brivido lungo la schiena. Se con quei vestiti da banchiere non fosse stato visibile come la  Grande Muraglia cinese su Google Earth, si sarebbe inginocchiato accanto al disgraziato e lo avrebbe aiutato a rialzarsi. Ma era meglio non attirare ulteriormente l'attenzione. Sí, si sarebbe inginocchiato e gli avrebbe parlato dell'Italia o della Francia, gli avrebbe detto che il viaggio valeva la pena. Che aveva degli amici come lui, i quali in quel momento stavano di certo saltando su un camion per l'Inghilterra, con le tasche piene di biscotti al cioccolato comprati in Francia, in un supermercato dove si trovava roba in abbondanza e dove tutto sembrava tenderti la mano, se solo avevi qualche banconota stampata da tutte e due le parti. Che doveva tenere duro, che la terra promessa era lì, al di là del mare, a poche ore di mongolfiera. Che laggiù c'erano persone che lo avrebbero aiutato. Che i «bei paesi» erano una scatola di cioccolatini e che imbattersi nella polizia non era l'eventualità più probabile. E poi mica ti picchiavano con grossi bastoni come nel suo villaggio. C'era brava gente dappertutto.

Ma gli sarebbe piaciuto dirgli anche che la vita era troppo preziosa per giocarsela e che non sarebbe servito a niente arrivare in Europa morto, annegato in mare, asfissiato nell'esiguo nascondiglio di un furgoncino o intossicato in un'autocisterna per il trasporto della benzina. Ajatàshatru ripensò alla storia che gli aveva raccontato Wiraj, a quei cinesi che la polizia aveva ritrovato ammassati in dieci nel controsoffitto di due metri quadri di un pullman, con il pannolone per pisciarci dentro. E quegli eritrei che avevano addirittura chiamato la polizia con il cellulare perché stavano soffocando in un camion dove erano stati rinchiusi da un trafficante. Perché per i trafficanti, che approfittavano della vulnerabilità dei migranti, il prezzo non cambiava. Un prezzo che poteva andare da duemila a diecimila euro a seconda della frontiera da attraversare. E dato che erano pagati in base al risultato, cioè che il migrante arrivasse a destinazione, poco. importava se ci arrivava intero o in pezzi sfusi, oppure se la prima cosa che vedeva del bel paese era una stanza d'ospedale. Nel migliore dei casi.

Ajatashatru si ricordò cosa aveva provato cadendo in mare con la mongolfiera, la paura di morire solo e anonimo, di non essere mai ritrovato, di scomparire dalla faccia della Terra con un'ondata, con una passata di gomma per cancellare, alé, così. E poi il giovane africano aveva senz'altro una famiglia in attesa del suo ritorno, da qualche parte, su questa riva, in questo continente. Non poteva morire. Non doveva morire.

Sí, l'indiano avrebbe voluto dirgli tutto questo. Ma non si mosse di un centimetro. Intorno a lui la folla aveva ripreso vita come tante formiche affaccendate nel loro lavoro. Gettò un'occhiata alla garitta. I soldati continuavano a ridere sguaiatamente nel loro piccolo acquario. Se non avessero depredato anche lui, tra poco sarebbe stato il comandante del Malevil a scendere dalla sua nave come una furia, con gli occhi pieni d'odio e di sete di denaro, e a distribuire il suo identikit a tutti i mercenari che pullulavano da quelle parti, e solo Buddha sapeva quanti erano! Non doveva restare lí.

Ajatashatru tirò fuori una delle banconote da cinquecento euro che si era tenuto in tasca e si diresse verso l'uscita. Passando, sfiorò il giovane africano e gli lasciò cadere accanto la banconota mormorando un «Good luck» tra i denti che di certo l'adolescente non senti neppure.

Ecco, aveva aiutato qualcuno. Il suo primo essere umano. Ed era di una facilità sconcertante.

A quel gesto, un senso di benessere gli pervase tutto il corpo. Si senti nascere nel petto una specie di nuvoletta vaporosa che si estendeva in tutte le direzioni verso le estremità degli arti. Ben presto la nuvola lo avvolse completamente e Ajatashatru ebbe. l'impressione di abbandonare il suolo polveroso del porto di Tripoli su un'enorme poltrona morbida. Era di gran lunga la migliore levitazione di tutta la sua carriera di fachiro. E fu il quinto elettrochoc ché subí il suo cuore dall'inizio di questa avventura

 

 
 
 

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