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LA VIA

Post n°18 pubblicato il 31 Dicembre 2011 da giugibzz1

                                               

“QUANTO E’ STRETTA LA PORTA E ANGUSTA LA VIA CHE CONDUCE ALLA VITA, E SONO POCHI QUELLI CHE LA TROVANO!” Mt.7:14.

         Delle tante religioni e concezioni affini che troviamo diffuse qua e là sulla faccia della terra, quale di queste valorizza l’uomo nel modo più totale (anima e corpo)? Promette all’uomo un destino d’eternità beata, da concretarsi nell’unione, seppur distinta e separata nelle rispettive identità, della creatura col suo Creatore e vissuta nell’intimità filiale con un Dio visto ormai principalmente come Padre? Ma, soprattutto, chi si fa garante in prima persona di quanto promesso? Io ne conosco soltanto una: la religione cristiana e conosco un solo, vero e affidabile, sotto tutti i punti di vista, garante per essa, Gesù Cristo.         -Non un Cristo, si badi bene, adulterato da dichiarazioni postume di visionari e pseudo profeti o da esposizioni grottesche e surreali di narratori di portenti col solo fine di voler impressionare il lettore, bensì il Cristo dei Vangeli e del Nuovo Testamento; annunciato dai profeti del Vecchio, ma fattoci conoscere dai testimoni oculari del Nuovo, che hanno dato tutto se stessi per tale opera di diffusione, fino al sacrificio estremo della vita. E l’esempio a costoro l’ha dato per primo lo stesso Gesù, che ha sofferto ed è morto, per poi risorgere definitivamente, al solo scopo di liberarci dai nostri peccati e riconsegnarci, immacolati, a Dio. Difatti questo Gesù, il Gesù della testimonianza apostolica, non è per niente una chimera o un fantasma o un soggetto romanzesco, e neppure un individuo composto di solo spirito, come vorrebbero certuni, ma è un reale personaggio del passato, apparso in carne e ossa, in un preciso momento della nostra storia, quindi, anche lui, con i suoi sentimenti e i suoi limiti dettati dalla natura umana (vero Dio, sì, ma al tempo stesso vero uomo), anche se, naturalmente, con una personalità sicuramente fuori del comune e, diversamente da noi, esente dal peccato (“tentato in tutto, a nostra somiglianza, eccetto il peccato” Eb.4:15).         -Del resto, nessuna mente mortale avrebbe mai potuto ideare un siffatto, complesso, ineguagliabile e tanto discusso personaggio, se questi autori non fossero stati testimoni diretti o per lo meno uditori di chi aveva assistito o partecipato in prima persona a quelle singolari vicende. Tanto più che le narrazioni sulla vita del nazareno considerate come verosimili sono da attribuirsi certamente, com’è stato sin dal II secolo oramai definitivamente stabilito dalla Chiesa, che ha agito, nel far ciò, evidentemente sotto l’assistenza dello Spirito Santo, non originariamente a uno scrittore soltanto a cui poi degli altri si sarebbero via via aggregati, ispirandosi o attingendo al suo lavoro, ma a ben quattro, o forse più (v. il prologo del Vangelo di Luca), sconosciuti scrittori dell’epoca, due dei quali anche compagni di vita di Gesù, i cosiddetti evangelisti, i quali hanno lavorato in piena autonomia e su materiale prevalentemente originale, e nonostante alcune non lievi divergenze che si riscontrano comparando quei racconti tra loro, queste rimangono assolutamente marginali rispetto alla sostanzialità del messaggio in essi contenuto e comune a tutti quanti, ossia il kerygma (proclamazione della nascita, morte e resurrezione di Gesù). Difficilmente la cosa troverebbe una spiegazione plausibile se Gesù fosse solo un personaggio inventato. In tale caso dovremmo supporre che più narratori che lavorino di propria fantasia, indipendentemente l’uno dall’altro, siano capaci di trattare, quasi in contemporanea, il medesimo argomento su un medesimo soggetto e di ottenere, oltre a ciò, un risultato pressoché identico. Cosa palesemente assurda, non vi pare?       -Un soggetto, quello di cui si parla, che, pur nascendo povero e in un piccolo luogo di un piccolo lembo di terra assoggettata al dominio romano, pur mostrandosi alquanto dimesso, pur rifiutando ogni onore e possesso mondano, pur vivendo fino a trent’anni nell’oscurità di una vita passata in un insignificante villaggio della Galilea, pur essendo osteggiato e incompreso, pur capitanando un piccolo gruppo di uomini tenuti in poco conto o disprezzati nella società del suo, come credo in quella di qualsiasi altro tempo (tra i quali un ex esattore delle imposte, un ex probabile sicario, un sicuro ladro e traditore, ecc.), pur catturato, picchiato, insultato, deriso e ben conscio di avviarsi oramai verso una morte orrenda ed ignominiosa quale la morte in croce, si è, fino all’ultimo, proclamato Figlio di Dio, o ha avuto, perlomeno, la piena coscienza di esserlo.        -Un soggetto che è andato incontro alla morte con un’impassibilità che ha del sovrumano. Non è fuggito o ha cercato di fuggire, di fronte ad essa, come tanti grandi e tristemente noti personaggi della storia, in particolare quelli a noi più vicini nel tempo, nascondendosi quale animale braccato in qualche rifugio, meglio se sotterraneo e apparentemente impenetrabile come i nostri attuali bunker, né vistosi senza una via d’uscita si è dato la morte da se stesso o per mano altrui, suicidandosi, bensì l’ha affrontata con fermezza, dopo una sentenza di condanna seguita ad un processo farsa, coscientemente e volutamente per il nostro bene, rifiutandosi, al provocatorio invito di chi lo stimolava a farlo, promettendogli, questa volta, se lo avesse fatto, di credere nella sua divinità, di scendere dalla croce sulla quale era stato barbaramente inchiodato; miracolo, a dire il vero, che gli sarebbe potuto riuscire benissimo, visto e considerato che ne aveva compiuti fino ad allora di ben più prodigiosi (v. ad es. la resurrezione del suo amico Lazzaro, narrata nel Vangelo di Giovanni).        -Un soggetto, in definitiva, troppo poco sapiente e quindi stolto per i greci usi, come dice l’apostolo Paolo, a ricercare la sapienza e, nel contempo, troppo scandaloso, nella sua debolezza, per i giudei abituati invece a chiedere miracoli, e per entrambi sufficientemente ignobile e comune perché potesse essere creduto Dio, e perciò degno di biasimo e di disprezzo. E degno di più grande biasimo e di più grande disprezzo dovrebbe essere considerato anche, e a maggior ragione, per la sua incompetenza, almeno quella dal punto di vista religioso, l’ipotetico inventore di tale, sotto certi aspetti, ridicola e ingiuriosa divinità, se non accusato nientemeno che di oltraggio alla religione e quindi di bestemmia e quindi meritevole di punizione, se non fosse, che, nessun essere umano, storico o fittizio, comunque dei due si voglia considerare il Gesù dei Vangeli, ha, fino al suo avvento, mai parlato come lui ci ha parlato, agito come lui ha agito, preteso quanto lui ha preteso, toccato i cuori in tanta profondità, diviso le persone in pro e contro, inquietato le menti di ogni ceto sociale e di ogni paese più di quanto non sia riuscito a fare lui, cosicché, per assurdo, se Gesù fosse soltanto l’invenzione uscita dalla fantasia di qualche oscuro scrittore di quel tempo, bisognerebbe in tale caso considerare divino, se non altro per aver saputo creare un qualcosa di veramente innovatore ed eccedente lo standard in cui erano racchiuse le divinità fino a quel momento raffigurate, l’ideatore di quel sublime, incomparabile, irripetibile e misterioso personaggio. Sennonché lo scrittore, o meglio gli scrittori della sua vita sono morti, ma quel personaggio dichiarato prima morto e poi risorto, e quindi vivente per l’eternità è, di fatto, ancora vivo e operante per milioni e milioni di persone, che lo pregano, lo invocano, gli rendono omaggio e lo testimoniano quotidianamente.       -Ma allora perché, viceversa, anche tanta ostilità, avversione, se non addirittura odio, scetticismo e altro, per opera di altrettanto considerevole numero di persone? Innanzi tutto, ciò sta, se ce ne fosse ancora bisogno, a dimostrare inequivocabilmente, anche se indirettamente, che, non solo per i cristiani, ma anche per coloro che lo ritengono a parole un individuo mai esistito, o molto più semplicemente soltanto un uomo come tutti noi, che Gesù è a tutt’oggi vivo e operante nella storia e quindi, in quanto essere concreto, bisogna combatterlo e combattere con esso, con tutti i mezzi possibili e immaginabili a disposizione, anche i suoi mal visti partigiani, considerati, non sempre a torto, dei mistificatori e dei fanatici. Non si spiegherebbe altrimenti tanto accanimento da una parte e dedizione dall’altra, se egli fosse solo un prodotto della fantasia umana. Sarebbe ignorato e basta, o al più deriso.          -Da dove quindi tanta ostilità, per uno che in fondo ci ha promesso in cambio di un po’ di sofferenza e sacrifici passeggeri, la vita eterna, e che si è dato in riscatto per tutti? La risposta potrebbe trovarsi principalmente nel turbinio e nel groviglio delle passioni che da sempre agitano e infestano il cuore dell’uomo, e di cui ha buon gioco Satana (questo sì, ahimè, che è reale!), che ama mescolare nel torbido, e approfittare delle debolezze altrui per proporre così, astutamente e ingannevolmente agli uomini, la via manifestamente più facile e seducente dei piaceri e delle ricchezze di questo mondo, da ottenersi senza tante rinunce o sforzi, ma solo in cambio di ossequio, quantunque non necessariamente espresso in modo esplicito, da rendere alla sua persona e/o ai valori di cui si fa portatore e di vilipendio nei confronti di Dio; tutte cose che aveva, peraltro e inutilmente, già offerte a Gesù, quando questi venne tentato da quello nel deserto, dopo quaranta giorni e quaranta notti di digiuno.        -E per quel che concerne invece lo scetticismo? Qui, senza voler scomodare nuovamente Satana, che comunque rimane sempre il padre della menzogna e il principale insinuatore di dubbi, quelli più dissacratori e dissacranti per l’appunto, si potrebbe trovare la risposta nell’ignoranza dell’uomo, nella sua pigrizia e/o incapacità a volere o sapere approfondire certi argomenti, o anche nel fatto che taluni accadimenti promessi o solennemente proclamati, non tutte le volte si presentano con la dovuta chiarezza e si concludono nella prospettata realizzazione, portando, quindi, a sospetti o a ripensamenti da parte di molti.         -Mi riferisco, ad esempio, all’annunciato ed imminente, così almeno si pensava allora, ritorno glorioso del Cristo risorto, con la conseguente fine del mondo (cfr.Mt.10:23; 24:34; 1Ts.4:14-17 e molti altri passi, sparsi qua e là negli scritti neotestamentari). Ma tutto questo non è ancora avvenuto. Ora è evidente, anche se per Dio mille anni, come recita la Scrittura, sono come un giorno, e la sua pazienza non fa che risaltare la sua bontà, dando a un numero sempre maggiore di persone la possibilità di conseguire la vita eterna, che il tempo dell’attesa sin qui trascorso non è poco. Si sarà, Gesù, sbagliato nella sua previsione? Ma com’è possibile se anteponeva alle sue dichiarazioni solenni sempre quel perentorio e doppio, secondo l’evangelista Giovanni, “amen, amen” (in verità, in verità), che ne certificava così la loro garanzia d’indubitabilità? Sono i discepoli allora che gli hanno intenzionalmente messo in bocca, nella concitazione di avvenimenti tanto sconvolgenti, e di cui sono stati testimoni loro malgrado, basti citare, uno fra tutti, la distruzione del tempio di Gerusalemme avvenuta nel 70, parole esprimenti aspettative appartenenti prevalentemente ad essi? Può essere, ma i dubbi sussistono e altre spiegazioni si propongono. Ma lungi da noi il pensare, anche solo per un momento, che Gesù fosse perciò un impostore, un sadico, un masochista, o, forse, solo un povero visionario, o, ancor peggio, uno schizofrenico; un pazzo insomma, e che la sua risurrezione non ci sia mai stata, altrimenti tali accuse dovrebbero essere riversate, puntualmente, su quei suoi discepoli divenuti artefici principali e garanti ultimi, una volta messolo per iscritto, della propagazione e dell’attendibilità di quel messaggio, e al tempo stesso tra i primi nel pagarne le non piacevoli, e spesso immediate, conseguenze. Ma l’analisi interna di tutto il Nuovo Testamento lo esclude categoricamente: tutta gente al cento per cento sana mentalmente.         -Quindi non accampiamo scuse o pretesti vari e vani per rivoltarci contro Gesù o ritornare indietro dal cammino che avevamo correttamente intrapreso: l’unico che può condurci alla vita eterna. Tutte le altre strade o portano a deviazioni pericolose e irreversibili o s’interrompono a un certo punto inaspettatamente e l’orizzonte prima aperto, si chiude improvvisamente, per chi le ha intraprese, nell’oscurità più totale.         -“Io sono la via, la verità e la vita”, ci dice Gesù, e subito dopo aggiunge: “Nessuno va al Padre se non attraverso di me” Gv.14:6. Affidiamoci dunque fiduciosamente e completamente, come pargoli svezzati in braccio alla madre, a lui, sicuri che ci farà arrivare incolumi, superando ogni insidia della vita, a destinazione. E ripetiamo pure, con l’apostolo Pietro e senza indugiare, le medesime parole che costui pronunciò allora davanti al suo e nostro Redentore: “Signore, da chi andremo? Tu (solo) hai parole di vita eterna” Gv.6:28.

 

giuliobozzi53

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