Romanzo scientifico

Matematica e scienza: un romanzo

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« Il fiero pasto

Paola Mastrocola

Post n°192 pubblicato il 26 Settembre 2017 da EdMax

PAOLA MASTROCOLA, "Togliamo il disturbo. Saggio sulla libertà di non studiare".

 

Forse il punto chiave del libro di Paola Mastrocola si trova a pag. 46 quando scrive: «Siamo spietati? Sì, siamo spietati. Stiamo esagerando? Forse sì, ci piace da pazzi esagerare. È probabile che per questo scriviamo libri...».
La critica spietata non è rivolta agli studenti, benché «nonstudianti, assenti, chattanti», che al mattino li vedi fuori dalla scuola come «ombre, lemuri, spettrali», che aspettano «l'apertura delle porte immobili come statue», che «se si spostano è di poco, qualche passetto di lato o in tondo. Sono lenti, laterali o circolari. Sonnambuli».
No, la critica non è per i «ciuffi scomposti» e gli «occhi addormentati, i giubbotti striminziti e gli jeans abbassati e lunghissimi, con la stoffa che si accascia esorbitante sul collo delle scarpe. Le mani in tasca, lo zaino in spalla, i cinturoni bassi, le scarpe da ginnastica grosse, gonfie, colorate. A volte dorate».
No, lo ripeto, non sono gli studenti i destinatari di questo, potrei definirlo, "sfogo letterario". La critica non riguarda né gli studenti maschi con le «mutande che sporgono per mezza chiappa dai jeans, scarpa slacciata, golfino anni Settanta, ciuffo secco di gel, piumino, tatuaggio tribale sul polso», né le studentesse con «jeans attillati, scarpina giusta con un po' di tacco, cinturina viola o di lamé, golfino con scollo a V, T-shirt bordata di pizzetto, collanina di perline, fermacapelli con il fiore, orologino Armani, piccolo tatuaggio alla caviglia, minutissimo brillantino alla narice destra, maquillage, contorno-occhi, leggero fard».
Non sono gli studenti i destinatari di questa critica, poiché essi dimostrano «che ci vuole tempo! Un tempo lunghissimo a prepararsi così per venire a scuola. E ci vuole arte e pazienza. E un'infinita attenzione. È un lavoro delicato e complesso: si chiama "prepararsi per andare a scuola". Trovare le cose giuste, indossarle bene, combinare i colori insieme. Nulla lasciato al caso. Tempo, pazienza e abilità».
Forse la critica è sullo zaino, quello sì che merita attenzione. Perché lo zaino è neutrale, è double-face. Zaini per maschi e femmine, è uguale. Zaino stracolmo di libri costosi e, soprattutto, intonsi. Zaini «obesi, spropositati, appesi a una spalla, sbattuti a terra, carichi di scritte, adesivi, mostri, piccoli peluche, peluscini». Il tutto portato pesantemente in spalla. Lo zaino «ingombrante, coperto di scritte a pennarello, troppo pesante, estraneo, alieno». Lo zaino che stona con «le scarpe, i giubbotti, i capelli, i tatuaggi, gli orecchini». Lo zaino portato come una zavorra da chi ha «le mani in tasca, gli occhi cerchiati, tristi, il naso pieno di sonno, le spalle curve, le braccia penzole, inerti». Lo zaino trasportato da chi ha lo «sguardo perduto nel nulla, la bocca semiaperta, i capelli stanchi, le orecchie assenti». Persino «i brufoli, chi li ha, sono scoraggiati, pallidi brufoli muti, apatici. Le mani spente. Le ginocchia amorfe».
Mi dispiace, ma devo ripetermi. Non sono gli studenti i destinatari di questo libro. Coloro che dovrebbero leggere il libro di Mastrocola sono le famiglie, le società, i «pedagogisti e burocrati europei», i fautori delle «competenze, dell'apprendimento visivo-esperenziale, dei nuovi barbari, dell'homo videns e zappiens». Insomma, 270 pagine di riflessioni sullo stato della scuola, le riforme, le famiglie, gli insegnanti. E allora «la scuola non va bene, fa del male a questi ragazzi, appesantisce loro la vita, gliela scolla da quella che sarebbe la loro naturale propensione alla felicità. Mi verrebbe quasi da chiedere scusa, da promettere che non lo faremo più»...

 
 
 
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