FAECASSOCIAZIONE EMOFILICI CALABRIA |
CHI SIAMO
L’Associazione Emofilici della Calabria, nasce nel 1999, per il desiderio dei pazienti, delle loro famiglie e dei medici di confrontarsi ed unirsi per fere valere la propria voce.
Oggi è una realtà concreta .
Il principale obiettivo è il coordinamento dei supporti specialistici offerto da diversi esperti (psicologo, dentista, ortopedico, ematologo, chirurgo, pediatra) nella comune prospettiva di risolvere qualsiasi altro problema che esula da problemi legati solamente al sanguinamento dell’emofilico stesso (ad esempio la terapia domiciliare).
L’Associazione collabora con i Medici, ad essa referenti, con il fine di organizzare periodici incontri di approfondimento sulle tematiche interessanti e care agli Emofilici.
Qualità di vita ed inserimento nella società sono obbiettivi che possono essere facilmente perseguiti solo rendendo possibile lo svolgimento del lavoro nei Centri di Assistenza senza lesinare nulla. L’associazione sostiene gli Emofilici nella loro battaglia per una vita Normale e cerca di tutelarne i diritti. Essa permette e favorisce il dialogo tra istituzioni politiche e le strutture sanitarie lottando contro quella teoria del risparmio che penalizza sempre più i diritti fondamentali dell’individuo.
Promuove corsi di aggiornamento destinati a pazienti adulti e alle famiglie di piccoli pazienti volti a diffondere la cultura della prevenzione, ma anche all’educazione alla genitorialità per affrontare al meglio la malattia.
Rivolta prevalentemente agli ammalati con patologie croniche, bambini o adulti con gravi disabilità un progetto in via di sviluppo riguarda l’assistenza domiciliare quando le condizioni cliniche e familiari lo consentono, così da consentire di vivere il più possibile nel proprio ambiente, tra le persone più care.
L’associazione lavora in stretta collaborazione con il Centro Regionale di Riferimento Catanzaro per le Malattie Emorragiche sito presso L’ospedale Ciaccio di Catanzaro, diretto dal dott. Gaetano Muleo.
MOLTO SI E’ FATTO E MOLTO C’E’ ANCORA DA FARE, NELL’ATTESA CHE LE TERAPIE GENICHE RISOLVANO IL PROBLEMA ALLA BASE, L’ASSOCIAZIONE CONTINUERA’ AD ESSERE UN IMPORTANTISSIMO PUNTO DI RIFERIMENTO NEI CONFRONTI DI COLORO CHE SPESSO LA SOCIETA’ TACCIA COME “DIVERSI”.
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Post n°28 pubblicato il 28 Dicembre 2010 da faec1
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Post n°27 pubblicato il 28 Dicembre 2010 da faec1
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Post n°19 pubblicato il 11 Aprile 2009 da faec1
Che cos’è l’Emofilia? L’emofilia è una malattia ereditaria a carattere recessivo comportante una grave insufficienza nella coagulazione del sangue dovuta alla mancanza, totale o parziale, del “fattore VIII” (emofilia A), o del “fattore IX” (emofilia B o malattia di Christmas), proteine presenti nel plasma. Più rara è l’emofilia C, data dalla mancanza totale o parziale del “fattore XI”. Epidemiologia e cenni storici L’emofilia colpisce quasi esclusivamente i maschi. Le poche donne affette nascono dalla congiunzione di un padre emofilico e una madre portatrice, oppure da mutazioni geniche. I maschi affetti possono avere parenti affetti dal lato materno. L’emofilia colpisce una persona su 10.000 ed è diffusa in tutto il mondo. Al momento sono circa 450.000 sul pianeta le persone diagnosticate, di cui circa 6.000 (calcolando anche patologie affini da carenze di fattori diversi) in Italia. L’albero genealogico più famoso (vedi a fronte) in cui compaiono casi di emofilia è quello della Regina Vittoria del Regno Unito d’Inghilterra (1819-1901), antenata di molti membri di quattro importanti famiglie reali nell’Europa tra il XIX e XX secolo. I discendenti della famiglia regnante britannica sfuggirono infine alla malattia in quanto Edoardo VII e tutta la sua progenie non ereditarono il gene difettoso. Trasmissione La trasmissione dell’emofilia è spiegabile ammettendo che il gene per il fattore VIII , IX ed XI si trovi sul cromosoma X, quello della Determinazione cromosomica del sesso. In questo caso, infatti, per i maschi non esistono alleli dominanti o recessivi, essendo essi emizigoti, ossia possedendo un solo gene per quei caratteri. Inoltre l’unico X dei maschi è di origine materna. Una donna portatrice sana (eterozigote) dell’emofilia, quindi, avrà una probabilità pari al 50% di generare un maschio ammalato mentre, se il padre è sano, le figlie femmine saranno al massimo portatrici come la madre. Nel trenta per cento dei casi circa, i cosiddetti “casi sporadici”, si tratta invece di una mutazione genica cosiddetta “de novo”, in quanto è una mutazione di nuova formazione che si è verificata in un gamete, in questo caso quello materno. Manifestazioni Le manifestazioni classificano l’emofilia in tre tipi, denominati A, B e C, a seconda della mancanza più o meno marcata del fattore in esame: * Moderata: sanguinamento articolare (emartro) o sanguinamento muscolare precoce, epistassi severa, gengivorragia persistente, ematuria persistente; * Maggiore: sanguinamento articolare o muscolare avanzato, ematoma collo, lingua, faringe, trauma cranico senza deficit neurologici, trauma senza emorragie evidenti, dolore addominale severo, emorragia gastrointestinale; * Gravissima: emorragia intracranica, trauma maggiore con emorragia, interventi chirurgici con emorragia, emorragia retroperitoneale. Emartro Il termine emartro in medicina indica il processo in cui il liquido ematico (sangue) si versa in un articolazione. Etimologia la parola deriva dal greco haima che significa sangue e arthron che vuol dire articolazione. Cause Le cause possono essere: * Episodi traumatici * Malattie che manifestano emorragie * Infiammazioni che coinvolgono articolazioni Artropatia emofilica L’Artropatia emofilica è una complicanza dell’emofilia. Il paziente emofilico è costantemente soggetto all’instaurarsi di emartri spontanei, ovvero di emorragie nel contesto delle cavità articolari. Gli emartri nell’emofilico sono favoriti da una serie di fattori interni e di fattori esterni che comprendono: * deficit dei fattori della coagulazione, che determina appunto l’emofilia * una carenza di tromboplastina, altro fattore coagulante, nel tessuto sinoviale * un aumento dell’attività fibrinolitica della sinovia; l’effetto che ne deriva è opposto alla coagulazione, ovvero il sangue diventa più fluido. * la superficialità dei capillari sinoviali * l’assenza di una membrana basale Eziopatogenesi L’effetto iniziale del sanguinamento interessa la cartilagine articolare che viene danneggiata dai radicali liberi che sono rilasciati dai monociti grazie alla presenza di ferro. Il ferro peraltro modifica i condrociti trasformandoli in siderosomi (cellule ricche di ferro)condrocitari, con picnosi nucleare. La cartilagine risulta letteralmente digerita. Successivamente l’interessamento diventa sinoviale, dove l’emosiderina, prodotto di degradazione del ferro, induce l’attivazione della membrana che tenta di eliminarla coi suoi macrofagi, infiammandosi e danneggiando a sua volta la cartilagine. Inoltre ispessendosi per via dell’infiammazione, la sinovia diventa più ricca di vasi e quindi facile ad ulteriori emorragie, innescando quindi un circolo vizioso. Sebbene nessuno dei due processi sia responsabile dell’avvio dell’altro, entrambi s’influenzano a vicenda, e il risultato ultimo è un danno all’articolazione, dove è manifesta un’importante fibrosi. L’infiammazione della sinovia provoca una riduzione della sintesi dei glicosaminoglicani. L’esposizione al sangue della cartilagine provoca una riduzione della sintesi di proteoglicani. Queste due componenti sono fondamentali per il mantenimento della lubrificazione e della elasticità rispettivamente di membrana sinoviale e cartilagine articolare. Clinica Alla lunga queste alterazioni determinano la sintomatologia di una comune artrite, con un interesse prevalente per le articolazioni di caviglia, ginocchio e gomito, dove i meccanismi di protezione da stress non sono efficienti. Quindi si hanno dolore e riduzione della funzione articolare. Trattamento chirurgico Il trattamento consiste in una sinoviectomia, ovvero un intervento di rimozione della sinovia. Le attuali metodiche oggi presenti sono * sinoviectomia chirurgica che può essere in artroscopia o a cielo aperto * sinoviectomia radioattiva, che consiste nell’inserimento di una sostanza radioattiva che produce una regressione della membrana sinoviale, con formazione di tessuto sinoviale ex novo * sinoviectomia chimica, ad esempio a base di rifampicina Il trattamento qui sopra esposto tuttavia risulta poco efficace. Nessun trattamento porterà ad una articolazione nuova, inoltre la sinoviectomia non arresta il processo artropatico. S’impone quindi l’installazione di un’artroprotesi, che risolve la sintomatologia specialmente per quelle articolazione degne d’interesse nella normale attività della persona, come il ginocchio ad esempio. Trattamento in profilassi la cura viene fatto con l’infusione in vena dei fattori della coagulazioni mancanti. Questa infusione può essere fatta ‘on demand’ o via profilassi tramite derivati industriali del sangue umano, dove il fattore mancante è isolato dalle altre proteine, raggiungendo così un’alta efficacia nell’arresto degli episodi emorragici.Questo porta, soprattutto il giovane emofilico, ad avere una vita quasi normale, può lavorare, faresport e viaggiare con la scorta dei concentrati da usare. |
Data di scrittura: 29/03/2009 19:34 Ama e fai ciò che vuoi (S. Agostino)
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il 31/07/2013 alle 03:13
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il 29/05/2013 alle 03:41
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il 06/03/2013 alle 02:22
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il 26/09/2012 alle 03:17
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il 09/07/2012 alle 09:35