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SECONDA PARTE...

Post n°7 pubblicato il 03 Novembre 2008 da lafrontierascompars2

IL GRANDE RITRATTO

Nel 1935 il clima in Italia è già carico di tensione: il destino dell’intero paese pare non dipendere più dalla gente e soprattutto da Mussolini, ma da un qualcosa di misteriosamente più grande. Probabilmente è per questo che nasce il Deserto dei Tartari, senza dimenticare però, il fascino che per B. ha sempre esercitato la vita militare. Il romanzo esce nel 1940 ed è il libro che lo rende noto. Lo scrittore disse di aver consegnato il manoscritto nel marzo del 1939, poco prima di partire come corrispondente di guerra per il suo giornale, prendendo parte alla battaglia di Capo Matapan e alla seconda battaglia della Sirte:

"L’Abissinia, allora, era come un western favoloso...L’Africa, soprattutto l’Africa dei deserti, mi ha fatto un’immensa impressione, che però si ricollegava direttamente per infinite analogie alle esperienze di montagna".

"Chi ha fatto il nome di Kafka a proposito del Deserto dei Tartari, merita di essere perdonato se non conosceva il precedente romanzo Bàrnabo delle montagne che svolge press’a poco lo stesso tema (la grandezza e la dignità della vita in solitudine), e che presenta il primo personaggio veramente originale di Buzzati: una cornacchia...". Parole di Montale

"Procedendo nella confutazione di un kafkismo di Buzzati, aggiungeremo che alla favola dello scrittore bellunese manca quel senso di realtà senza scampo che è proprio di Kafka...l’uomo di K. non fa altra esperienza che di circoli chiusi; prima che egli acquisti qualche coscienza storica del tempo, si trova imprigionato, costretto a muoversi dentro l’anello obbligato della ripetizione rituale. Ma il fiabesco di B. non obbliga a bloccaggi forzati; il suo favolismo nordico non è catafratto...Il mondo di B. si serve di entrate e uscite. Mentre nel romanziere boemo la condanna è crudele, senza liberazione...". Da una critica di Renato Bertacchini.

In verità le similitudini ci sono, ma a parere di chi scrive , sono per lo più dovute al luogo di appartenenza dell’autore. All’epoca il bellunese era praticamente privo di cittadini del meridione e quindi tutta l’area era tipicamente di tipo mitteleuropeo. Il Buzzati quasi mai fece polemiche con l’accostamento che taluni critici facevano con Kafka, ma semplicemente, dichiarò di non avere in vita sua, mai letto nulla di Kafka, a differenza di Poe da cui lui stesso ammise di essere rimasto influenzato.

Durante il suo servizio in Abissinia, Buzzati si ammala di tifo e torna così in Italia. Allo scoppio della guerra sarebbe dovuto ritornare in Africa, ma perde l’ultimo piroscafo. Così nell’agosto del 1940 si imbarca come corrispondente di guerra su un incrociatore. Trascorrerà tutto il periodo di guerra su incrociatori, soprattutto sul Fiume e sul Trieste, partecipando, appunto, alla battaglia di Capo Matapan e alla seconda battaglia della Sirte.

Nel 1942 la guerra continua: i giapponesi occupano Manila, i russi oltrepassano la linea di difesa tedesca nel medio Don, il Ministero della Cultura popolare ordina che sia ritirata dalla circolazione la Storia d’Italia scritta da Croce dal 1871 al 1915 e Buzzati pubblica I sette messaggeri. Nello stesso periodo si rappresenta il suo atto unico Piccola passeggiata.

Durante gli anni di guerra, l’esercito in Italia era privo di scrupoli e lo Stato era in disfacimento. Così Buzzati si sente smarrito, proprio lui che aveva creduto nella vita militare. Per circa un anno e mezzo rimane al "Corriere Lombardo" di cui era socio fondatore, per poi ritornare al Corriere della Sera e successivamente diventare redattore capo alla "Domenica del Corriere".

Nel 1945 la guerra è finita, Orwell scrive La fattoria degli animali e B. La famosa invasione degli orsi in Sicilia, favola per bambini scritta per la sua nipotina e illustrata dallo stesso.

Nel 1946 scrive un’altra opera teatrale, La rivolta contro i poveri. Dal 1949 al 1953 B. pubblica Paura alla Scala, da dove si comincia a trovare un Buzzati diverso: qui non si trovano più le storie sulla vita militare, qui vi è la sua personale guerra contro il tempo. Gradatamente troviamo personaggi sempre più reali, ambientati in città vere. In quel preciso momento (definito come una sorta di divagazioni diaristiche) viene pubblicato nel ‘50, mentre nel ‘51 partecipa ad una mostra di pittura collettiva a Milano e scrive il commento per il documentario Il postino di montagna di Baruffi.

 
 
 
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