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XXV Domenica del Tempo Ordinario anno A

Post n°173 pubblicato il 24 Settembre 2017 da IMMAGINIRCFO

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 20,1-16a

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: «Il Regno dei Cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Si accordò con loro per un denaro al giorno e li mandò nella sua vigna. Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano in piazza, disoccupati, e disse loro: “Andate anche voi nella vigna; quello che è giusto ve lo darò”. Ed essi andarono. Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre, e fece altrettanto. Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano lì e disse loro: “Perché ve ne state qui tutto il giorno senza far niente?”. Gli risposero: “Perché nessuno ci ha presi a giornata”. Ed egli disse loro: “Andate anche voi nella vigna”. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: “Chiama i lavoratori e dai loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi”. Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensarono che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero ciascuno un denaro. Nel ritirarlo, però, mormoravano contro il padrone dicendo: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene. Ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te: non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?”. Così gli ultimi saranno primi e i primi, ultimi».


Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta

Corrispondenza nell’“Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

Volume 5 - Capitolo 329

(13 novembre 1945)


Gesù è salito su una cassa messa contro una parete. È perciò ben visibile a tutti. Il suo dolce saluto si è già sparso nell’aria ed è stato seguito dalle parole: «Figli di un unico Creatore, udite»; poi prosegue nel silenzio attento della gente.

«Il tempo della Grazia per tutti è venuto non solo ad Israele ma per tutto il mondo. Uomini ebrei, qui per ragioni diverse, proseliti, fenici, gentili, tutti, udite la Parola di Dio, comprendete la Giustizia, conoscete la Carità. Avendo Sapienza, Giustizia e Carità, avrete i mezzi di giungere al Regno di Dio, a quel Regno che non è esclusività dei figli di Israele, ma è di tutti coloro che ameranno d’ora in poi il vero, unico Dio, e crederanno nella parola del suo Verbo.

Udite. Io sono venuto da tanto lontano non con mire di usurpatore né con violenza da conquistatore. Sono venuto solamente per essere il Salvatore delle anime vostre. I domìni, le ricchezze, le cariche non mi seducono. Sono nulla per Me e non le guardo neppure. Ossia le guardo per commiserarle, perché mi fanno compassione, essendo tante catene per tenere prigioniero il vostro spirito impedendogli di venire al Signore eterno, unico, universale, santo e benedetto.

Le guardo e le avvicino come le più grandi miserie. E cerco di guarirle del loro affascinante e crudele inganno che seduce i figli dell’uomo, perché essi possano usarle con giustizia e santità, non come armi crudeli che feriscono e uccidono l’uomo, e per primo sempre lo spirito di chi non santamente le usa.

Ma, in verità vi dico, mi è più facile guarire un corpo deforme che un’anima deforme; mi è più facile dare luce alle pupille spente, sanità ad un corpo morente, che non luce agli spiriti e salute alle anime malate.

Perché ciò? Perché l’uomo ha perso di vista il vero fine della sua vita e si occupa di ciò che è transitorio. L’uomo non sa o non ricorda o, ricordando, non vuole ubbidire a questa santa ingiunzione del Signore e -dico anche per i gentili che mi ascoltano- del fare il bene, che è bene in Roma come in Atene, in Gallia come in Africa, perché la legge morale esiste sotto ogni cielo e in ogni religione, in ogni retto cuore.

E le religioni, da quella di Dio a quella della morale singola, dicono che la parte migliore di noi sopravvive, e a seconda di come ha agito sulla Terra avrà sorte dall’altra parte.

Fine dunque dell’uomo è la conquista della pace nell’altra vita, non la gozzoviglia, l’usura, la prepotenza, il piacere, qui, per poco tempo, scontabili per una eternità con tormenti ben duri.

Ebbene l’uomo non sa, o non ricorda, o non vuole ricordare questa verità. Se non la sa, è meno colpevole. Se non la ricorda, è colpevole alquanto, perché la verità deve essere tenuta accesa come fiaccola santa nelle menti e nei cuori. Ma, se non la vuole ricordare, e quando essa fiammeggia egli chiude gli occhi per non vederla, avendola odiosa come la voce di un retore pedante, allora la sua colpa è grave, molto grave.

Eppure Dio la perdona, se l’anima ripudia il suo male agire e propone di perseguire, per il resto della vita, il fine vero dell’uomo, che è conquistarsi la pace eterna nel Regno del Dio vero. Avete fino ad ora seguito una mala strada? Avviliti, pensate che è tardi per prendere la via giusta? Desolati, dite: “Io non sapevo nulla di questo! Ed ora sono ignorante e non so fare”? No. Non pensate che sia come delle cose materiali e che occorra molto tempo e molta fatica per rifare il già fatto ma con santità.

La bontà dell’eterno, vero Signore Iddio, è tale che non vi fa certo ripercorrere a ritroso la via fatta, per rimettervi al bivio dove voi, errando, avete lasciato il giusto sentiero per l’ingiusto. È tanta che, dal momento che voi dite: “Io voglio essere della Verità”, ossia di Dio perché Dio è Verità, Dio, per un miracolo tutto spirituale, infonde in voi la Sapienza, per cui voi da ignoranti divenite possessori della scienza soprannaturale, ugualmente a quelli che da anni la possiedono.

Sapienza è volere Dio, amare Dio, coltivare lo spirito, tendere al Regno di Dio ripudiando tutto ciò che è carne, mondo e satana.

Sapienza è ubbidire alla legge di Dio che è legge di carità, di ubbidienza, di continenza, di onestà. Sapienza è amare Dio con tutti sé stessi, amare il prossimo come noi stessi. Questi sono i due indispensabili elementi per essere sapienti della Sapienza di Dio. E nel prossimo sono non solo quelli del nostro sangue o della nostra razza e religione, ma tutti gli uomini, ricchi o poveri, sapienti o ignoranti, ebrei, proseliti, fenici, greci, romani…».

Gesù è interrotto da un minaccioso urlo di certi scalmanati. Li guarda e dice: «Sì. Questo è l’amore. Io non sono un maestro servile. Io dico la verità perché così devo fare per seminare in voi il necessario alla Vita eterna. Vi piaccia o non vi piaccia, ve lo devo dire, per fare il mio dovere di Redentore. A voi fare il vostro di bisognosi di Redenzione.

Amare il prossimo, dunque. Tutto il prossimo. Di un amore santo. Non di un losco concubinaggio di interessi, per cui è “anatema” il romano, il fenicio o il proselite, o viceversa, finché non c’è di mezzo il senso o il denaro, mentre, se brama di senso o utile di denaro sorgono in voi, “anatema” più non è…».

Altro rumoreggiare della folla, mentre i romani, dal loro posto nell’atrio, esclamano: «Per Giove! Parla bene costui!».

Gesù lascia calmare il rumore e riprende:

«Amare il prossimo come vorremmo essere amati. Perché a noi non fa piacere essere maltrattati, vessati, derubati, oppressi, calunniati, insolentiti.

La stessa suscettibilità nazionale o singola hanno gli altri. Non facciamoci dunque a vicenda il male che non vorremmo ci fosse fatto. Sapienza è ubbidire ai dieci comandi di Dio:

“Io sono il Signore Iddio tuo. Non avere altro Dio all’infuori di Me. Non avere idoli, non dare loro culto.

Non usare il Nome di Dio invano. È il Nome del Signore Iddio tuo, e Dio punirà chi lo usa senza ragione o per imprecazione o per convalida ad un peccato.

Ricordati di santificare le feste. Il sabato è sacro al Signore che in esso si riposò della Creazione e lo ha benedetto e santificato.

Onora il padre e la madre affinché tu viva in pace lungamente sulla terra ed eternamente in Cielo.

Non ammazzare.

Non fare adulterio.

Non rubare.

Non dire il falso contro il tuo prossimo.

Non desiderare la casa, la moglie, il servo, la serva, il bue, l’asino, né altra cosa che appartenga al tuo prossimo”.

Questa è la Sapienza. Chi fa ciò è sapiente e conquista la Vita e il Regno senza fine. Da oggi, dunque, proponete di vivere secondo Sapienza, anteponendo questa alle povere cose della Terra.

Che dite? Parlate. Dite che è tardi? No. Udite una parabola.

 
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Commenti al Post:
laura1953
laura1953 il 29/09/17 alle 10:59 via WEB
ti auguro un felice venerdi e uno splendido fine settimana Laura
(Rispondi)
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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