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Post n°174 pubblicato il 03 Ottobre 2017 da IMMAGINIRCFO

«E più lunga della vita è l’eternità. Occorrerebbe avere per l’anima la sollecitudine che si ha per la carne, e correre dove sono parole di vita…».

«E lo faccio coi discepoli del Rabbi Gesù, quello buono, sai? L’unico buono dei troppi rabbi che abbiamo».

«Bene fai, donna», dice Gesù sorridendo, ma facendo cenno ad Andrea e Giacomo di Zebedeo, che sono con Lui mentre gli altri sono andati verso la casa di Nicodemo, di smetterla di fa­re tutto un armeggio per significare alla donna che il Rabbi Gesù è quello che le parla.

«Certo che faccio bene. Io voglio essere senza il peccato di non averlo amato e creduto… Dicono che è il Cristo… Io non Lo conosco. Ma credere voglio. Perché penso che guai verranno a quelli che non Lo vogliono accettare per tale».

«E se i discepoli suoi fossero in inganno?», tenta Gesù.

«Non può essere, Signore. Sono troppo buoni, umili e pove­ri, per pensare che siano seguaci di uno non santo. E poi… Ho parlato con gente guarita da Lui. Non fare il peccato di non credere, Signore! Ti danneresti l’anima… Infine… io penso che, se anche fossimo tutti ingannati ed Egli non fosse il Re promesso, certo santo e amico di Dio è, se dice quelle parole e guarisce anime e corpi… E stimare i buoni fa sempre bene».

«Bene hai detto. Persisti nella tua fede… Ecco là Nicodemo…».

«Sì. Con dei discepoli del Rabbi. Sono per le campagne, in­fatti, evangelizzando i mietitori. Anche ieri noi mangiammo il loro pane».

Nicodemo, in veste succinta, viene intanto avanti senza scorgere il Maestro e ordina ai contadini di non levare una spi­ga di quelle segate. «Per noi ne abbiamo, del pane… Diamo il dono di Dio a chi ne è privo. E diamolo senza timore. Poteva­mo avere le biade distrutte dal gelo tardivo. Non s’è perduto un seme. Rendiamo a Dio il suo pane dandolo ai suoi figli infe­lici. E vi assicuro che ancor più fruttuoso, al mille per cento, sarà il raccolto dell’anno prossimo perché, Egli lo ha detto, “misura traboccante sarà data a chi ha dato”».

I contadini, deferenti e lieti, ascoltano il padrone annuendo. E Nicodemo, da campo a campo, da schiera a schiera, ripete il suo ordine buono.

Gesù, semicelato da una cortina di canne presso un fossato divisorio, approva e sorride. Sempre più sorride quanto più Nicodemo si avvicina ed è imminente l’incontro e la sorpresa.

Eccolo che salta il fossatello per passare ad altri campi… Ed eccolo restare pietrificato di fronte a Gesù, che gli tende le braccia. Infine ritrova la parola: «Maestro Santo, e come, Tu benedetto, a me?».

«Per conoscerti, se ce ne fosse stato ancor bisogno, dalle pa­role dei più veri testimoni: coloro che tu benefichi…».

Nicodemo è in ginocchio, curvo fino al suolo, e in ginocchio sono i discepoli capitanati da Stefano e Giuseppe dell’Emmaus montana. I contadini intuiscono. Intuiscono i poveri e tutti so­no a terra, nello stupore venerabondo.

«Alzatevi. Fino a poco fa ero il Viandante che ispira fiducia… Ancora per tale vedetemi. E amatemi senza paure. Nico­demo, ho mandato i dieci che mancano alla tua casa…».

«Ho pernottato fuori per sorvegliare che fosse fatto un ordi­ne…».

«Sì. Per il quale ordine Dio ti benedice. Quale voce ti ha det­to che questo è anno di grazia, e non l’anno veniente, ad esem­pio?».

«…Non so… E so… Non sono profeta. Ma stolto non sono. E alla mia intelligenza si è unita una luce del Cielo. Maestro mio… volevo che i poveri godessero dei doni di Dio mentre Dio è ancora fra i poveri… E non osavo sperare di averti, a dar sa­pore soave e potenza santificatrice a queste biade, e alle mie ulive, e alle vigne e ai frutteti che saranno per i poveri figli di Dio, miei fratelli… Ma ora che ci sei, alza la tua mano bene­detta e benedici, acciò, col nutrimento alla carne, scenda in quelli che se ne pasceranno la santità che da Te emana».

«Sì, Nicodemo. Giusto desiderio che il Cielo approva». E Gesù apre le braccia per benedire.

«Oh! Attendi! Che io chiami i contadini», e con uno zufolo fischia tre volte, un fischio acuto che si spande per l’aria cheta e che provoca una corsa di mietitori, spigolatori, curiosi, da ogni parte. Una piccola folla…

Gesù apre le braccia e dice: «Per la virtù del Signore, per il desiderio del suo servo, la grazia della salute dello spirito e della carne scenda in ogni granello, in ogni acino, uliva o frut­to, e prosperi e santifichi coloro che se ne pascono con spirito buono, puro da concupiscenze e da odii, e desideroso di servire il Signore con l’ubbidienza alla sua divina e perfetta Volontà».

«Così avvenga», rispondono Nicodemo, Andrea, Giacomo, Stefano e gli altri discepoli… «Così avvenga», ripete la piccola folla sorgendo in piedi, perché si era inginocchiata per essere benedetta.

«Sospendi i lavori, amico. Voglio parlare a costoro».

«Dono nel dono. Grazie per essi, o Maestro!».

Vanno sotto l’ombra di un folto frutteto e attendono di esse­re raggiunti dai dieci mandati alla casa, che accorrono trafela­ti e delusi di non avere trovato Nicodemo.

Poi Gesù parla:

«La pace sia con voi. A voi tutti che mi state d’attorno Io voglio proporre una parabola. E ognuno ne colga quell’inse­gnamento e quella parte che a lui più si conviene. Udite.

Un uomo aveva due figli. Avvicinatosi al primo, disse: “Fi­glio mio, vieni a lavorare oggi nella vigna del padre tuo”. Un grande segno di onore era quello del padre! Egli giudicava il figlio capace di lavorare là dove fino ad allora il padre aveva lavorato. Segno che vedeva nel figlio buona volontà, costanza, capacità, esperienza e amore per il padre.

Ma il figlio, un poco distratto da cose del mondo, timoroso di apparire in veste di servo -satana fa uso di questi miraggi per allontanare dal Bene- temendo beffe e forse anche rappresaglie da nemici del padre, che su di lui non osavano alzare la mano, ma meno ri­guardi avrebbero avuto col figlio, rispose: “Non ci vado. Non ne ho voglia”.

Il padre andò allora dall’altro figlio, dicendogli ciò che aveva detto al primo. E il secondo figlio rispose subito: “Sì, padre. Vado subito”.

Però, che avvenne? Che il primo figlio, essendo di animo ret­to, dopo un primo momento di debolezza nella tentazione, di ribellione, pentitosi di avere disgustato il padre, senza parlare andò alla vigna e lavorò tutto il giorno fino alla più tarda sera, tornando poi soddisfatto alla sua casa con la pace nel cuore per il dovere compiuto.

Il secondo, invece, menzognero e debole, uscì di casa, è vero, ma poi si perse a vagabondare per il paese in inutili visite ad amici influenti, dai quali sperava avere utili. E diceva in cuor suo: “Il padre è vecchio e non esce di casa. Dirò che gli ho ubbidito ed egli lo crederà…”.

Ma, venuta la se­ra anche per lui e tornato alla casa, il suo aspetto stanco di ozioso, le vesti senza sgualciture e l’insicuro saluto dato al pa­dre, che l’osservava e lo confrontava col primo -tornato stan­co, sporco, scarmigliato, ma gioviale e sincero nello sguardo umile, buono, che, senza volere vantarsi del dovere compiuto, voleva però dire al padre: “Ti amo. E con verità. Tanto che per farti contento ho vinto la tentazione”- parlarono chiaramen­te all’intelletto del padre. Il quale, abbracciato il figlio stanco, disse: “Te benedetto, perché hai compreso l’amore!”.

Infatti, che ve ne pare? Quale dei due aveva amato? Certo voi dite: “Colui che aveva fatto la volontà del padre suo”. E chi l’aveva fatta? Il primo o il secondo figlio?».

«Il primo», risponde la folla unanime.

«Il primo. Sì. Anche in Israele, e voi ve ne lamentate, non sono quelli che dicono: “Signore! Signore!”, battendosi il petto senza avere nel cuore il vero pentimento dei loro peccati -tanto è vero che sempre più duri di cuore si fanno- non sono quelli che ostentano devoti riti per esser detti santi, ma in pri­vato sono senza carità e giustizia, non sono questi, che si ribel­lano, in verità, alla Volontà di Dio che mi manda, e l’impugna­no come fosse volontà di satana -e ciò non sarà perdonato- non sono questi quelli che sono i santi agli occhi di Dio.

Ma so­no quelli che, riconoscendo che Dio tutto bene fa ciò che fa, accolgono il Messo di Dio e ne ascoltano la parola per saper fa­re meglio, sempre meglio ciò che il Padre vuole, sono questi quelli che sono santi e cari all’Altissimo.

In verità vi dico: gli ignoranti, i poveri, i pubblicani, le me­retrici andranno avanti a molti che sono detti “maestri”, “po­tenti”, “santi”, ed entreranno nel Regno di Dio.

E giustizia sarà. Perché è venuto Giovanni ad Israele per condurlo sulle vie della Giustizia, e purtroppo Israele non gli ha creduto, l’Israele che si chiama da se stesso “dotto e santo”, ma i pubblicani e le meretrici gli hanno creduto. Ed Io sono venu­to, e i dotti e santi non mi credono, ma credono in Me i poveri, gli ignoranti, i peccatori. Ed ho fatto miracoli; e neppure a questo si è creduto, né viene pentimento di non credere in Me. Anzi, odio viene su Me e su chi mi ama.

Ebbene Io dico: “Benedetti coloro che sanno credere in Me e fare questa volontà del Signore in cui è salute eterna”. Aumen­tate la vostra fede e siate costanti. Possederete il Cielo perché avrete saputo amare la Verità.

Andate. Dio sia con voi, sempre».

Li benedice e congeda e poi, a fianco di Nicodemo, va verso la casa del discepolo per sostarvi mentre il sole è cocente…


Estratto di “l’Evangelo come mi è stato rivelato” di Maria Valtorta

 
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SEQUENZA

[Sion, loda il Salvatore,
la tua guida, il tuo pastore
con inni e cantici.
-Impegna tutto il tuo fervore:
egli supera ogni lode,
non vi è canto che sia degno.
-Pane vivo, che dà vita:
questo è tema del tuo canto,
oggetto della lode.
-Veramente fu donato
agli apostoli riuniti
in fraterna e sacra cena.
-Lode piena e risonante,
gioia nobile e serena
sgorghi oggi dallo spirito.
-Questa è la festa solenne
nella quale celebriamo
la prima sacra cena.
-È il banchetto del nuovo Re,
nuova Pasqua, nuova legge;
e l'antico è giunto a termine.
-Cede al nuovo il rito antico,
la realtà disperde l'ombra:
luce, non più tenebra.
-Cristo lascia in sua memoria
ciò che ha fatto nella cena:
noi lo rinnoviamo.
-Obbedienti al suo comando,
consacriamo il pane e il vino,
ostia di salvezza.
-È certezza a noi cristiani:
si trasforma il pane in carne,
si fa sangue il vino.
-Tu non vedi, non comprendi,
ma la fede ti conferma,
oltre la natura.
-È un segno ciò che appare:
nasconde nel mistero
realtà sublimi.
-Mangi carne, bevi sangue;
ma rimane Cristo intero
in ciascuna specie.
-Chi ne mangia non lo spezza,
né separa, né divide:
intatto lo riceve.
-Siano uno, siano mille,
ugualmente lo ricevono:
mai è consumato.
-Vanno i buoni, vanno gli empi;
ma diversa ne è la sorte:
vita o morte provoca.
-Vita ai buoni, morte agli empi:
nella stessa comunione
ben diverso è l’esito!
-Quando spezzi il sacramento
non temere, ma ricorda:
Cristo è tanto in ogni parte,
quanto nell’intero.
-È diviso solo il segno
non si tocca la sostanza;
nulla è diminuito
della sua persona.]
-Ecco il pane degli angeli,
pane dei pellegrini,
vero pane dei figli:
non dev’essere gettato.
-Con i simboli è annunziato,
in Isacco dato a morte,
nell'agnello della Pasqua,
nella manna data ai padri.
-Buon pastore, vero pane,
o Gesù, pietà di noi:
nutrici e difendici,
portaci ai beni eterni
nella terra dei viventi.
-Tu che tutto sai e puoi,
che ci nutri sulla terra,
conduci i tuoi fratelli
alla tavola del cielo
nella gioia dei tuoi santi.

 
 

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